di David Zebuloni
Incontro virtualmente Yechiel Jacobs nel pieno del suo primo tour di stand-up dall’altro capo del mondo. Nello specifico, nella lontana, lontanissima Australia. “Chi avrebbe mai pensato che 11.000 persone avrebbero comprato dei biglietti per ascoltarmi?”, mi chiede al telefono entusiasta e sinceramente sorpreso. Anche se non conoscete il suo nome, probabilmente vi siete imbattuti almeno una volta nel suo grande sorriso mentre scorrevate il feed di Instagram in cerca di qualcosa, o di qualcuno, che vi tirasse su il morale.
“Sono nato a Gerusalemme e fino al mio quarto compleanno ho vissuto a Beit Shemesh e a Beitar. Quando ho compiuto quattro anni, i miei genitori hanno deciso di trasferirsi negli Stati Uniti”, racconta il giovane comico. Yechiel è cresciuto in una comunità ebraica osservante e, dopo aver terminato la scuola superiore, è tornato in Israele per dedicare un anno agli studi in yeshivah. Dopo un periodo di indecisione, Yechiel è tornato dalla sua famiglia e ha cominciato a lavorare nel settore degli investimenti immobiliari. E poi? E poi il 7 ottobre ha stravolto la sua vita.
“Sono rimasto sorpreso e soprattutto molto ferito dalla quantità di odio e di menzogne che circolavano online nei giorni successivi al massacro -, ricorda Yechiel -. Aspettavo che qualcuno reagisse, che qualcuno facesse sentire forte la nostra voce, ma nessuna reazione mi ha soddisfatto. Nessun video mi ha dato la sensazione di riuscire a toccare i punti giusti, le questioni critiche di questo conflitto”. Così, un mese esatto dopo il giorno più difficile della storia di Israele, Yechiel Jacobs è passato dalle parole ai fatti.
“Un giorno mi sono imbattuto in un filmato nel quale un’anziana signora diceva: ‘Se stai dalla parte di Ben Shapiro, stai dalla parte sbagliata della storia’. Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso -, racconta ancora furente di rabbia -. Sono corso in macchina, ho aperto la telecamera del cellulare e, imitando la voce rauca e insopportabile dell’anziana signora, ho detto: ‘Se stai dalla parte di Hamas, probabilmente stai dalla parte sbagliata della storia’. È stato un gesto del tutto spontaneo. Ho agito per rabbia e frustrazione. Ero furioso. Solo dopo aver caricato il video su Instagram mi sono reso conto quanto questo fosse efficace”.
Il filmato è esploso online oltre ogni aspettativa. In due giorni ha raggiunto mezzo milione di visualizzazioni. Il secondo video ha superato in un attimo il milione di visualizzazioni. Appena un mese dopo aver iniziato la sua attività di Hasbarà, il profilo di Yechiel è diventato uno dei più amati, popolari, di successo e riconoscibili con Israele di tutta la rete sociale. Il formato vincente che ha inaugurato nel primo video, quando si è filmato nella sua auto rispondendo a una vecchia antisemita imitandola, è diventato il suo segno di fabbrica.
“L’umorismo ha un potere enorme, poiché non esiste persona che non ami ridere”, spiega il giovane comico. “Sono convinto che se mi limitassi a riportare i fatti senza fare alcun uso dell’umorismo, nessuno vorrebbe guardare i miei filmati. Grazie all’umorismo, anche le persone che non vorrebbero ascoltarmi, non riescono a ignorarmi, semplicemente perché li faccio ridere. Questa risata è importante, perché dà loro la legittimità di accedere ai miei contenuti di Hasbara”.
Oltre alla sua voglia di raccontare Israele al di là degli stereotipi e dei pregiudizi, l’obiettivo di Yechiel è quello di far ridere il popolo ebraico nei suoi momenti più bui e difficili. “Dopo il 7 ottobre, la rete è stata sommersa di filmati insopportabili da guardare. Troppo, troppo dolorosi”, racconta. “Penso che gli ebrei di Israele e della diaspora abbiano bisogno di questo sorriso più che mai. Trasmettere messaggi pro-israeliani e far sorridere i miei fratelli e le mie sorelle, per me, è lo stesso risultato”.
Tuttavia, come sempre purtroppo, non è tutto oro quel che luccica. Insieme alla fama, Yechiel ha ricevuto anche una quantità enorme e spaventosa di odio. “All’inizio avevo paura”, ammette. “La prima ondata di odio mi ha davvero sconvolto. Ho ricevuto minacce di morte e, non voglio mentire, ho quasi abbandonato tutto. Mi sono domandato se la mia lotta valesse il rischio che stavo correndo, e in quel momento ho capito che nessuno poteva e doveva fermarmi. Credo davvero in questa mia missione e non permetterò a chi ci odia di vincere”.
Nel corso di quest’ultimo anno passato, la vita di Yechiel Jacobs è cambiata completamente. Il suo profilo Instagram, che prima della guerra contava 800 follower, oggi è una vera e propria fabbrica di umorismo e di Hasbarà che ogni giorno raggiunge milioni di persone in tutto il mondo. “Una volta non sapevo esattamente quale fosse il mio sogno – mi confessa Yechiel, con quel grande sorriso in volto che tanto lo caratterizza -. Oggi so che il mio sogno è far ridere la gente, e questo è ciò che farò per tutto il resto della mia vita”.
Montana Tucker, la scelta di stare dalla parte di Israele nello star system americano
Yechiel non è l’unica stella nascente ad aver dedicato la sua vita, e la sua carriera, per la difesa di Israele. La strage del 7 ottobre ha messo la ballerina e la cantante Montana Tucker di fronte a un bivio: impegnarsi nella missione nazionale di spiegare Israele al di fuori dei suoi confini geografici o continuare a sviluppare una carriera di successo senza subire attacchi antisemiti indesiderati? La risposta, per lei, era assolutamente ovvia. “Sono nipote di due meravigliosi nonni sopravvissuti alla Shoah che mi hanno sempre raccontato gli orrori che avevano vissuto durante la loro infanzia per la sola colpa di essere ebrei – mi racconta -. Dicevano sempre che se ci fosse stato uno Stato ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale, la Shoah non sarebbe mai avvenuta”.
Il primo viaggio di Montana in Israele è avvenuto circa 12 anni fa, lasciando in lei una traccia profonda. “Mi sono semplicemente innamorata di questo paese – ricorda -. Ho capito che la sua cultura, i suoi valori, i suoi paesaggi sono parte integrante di chi sono io”. Così, nel giorno di Simchat Torah, quando tutto il popolo di Israele si è svegliato in preda a un incubo, il passato della star e il suo presente si sono incontrati, generando in lei una nuova consapevolezza. “Tutto quello che avevo sentito durante la mia infanzia dai miei nonni, è emerso ed è esploso in me”, dice con tono ancora provato. “Ho capito che dovevo fare tutto ciò che potevo per raccontare la verità sul mio paese e sul mio popolo. Questa è l’eredità che mi hanno lasciato mio nonno e mia nonna. Questo è il significato vero e profondo di ‘non dimenticare’: assicurarsi che ciò che è già successo, non accada mai più.”
La scelta di esporsi, per la giovane Montana, è stata del tutto naturale e scontata, ma decisamente più complessa di quanto si fosse immaginata. “Non mi sono mai fermata a chiedermi se stavo rischiando. Se mi stavo facendo del male. Se stavo mettendo a rischio la mia carriera o addirittura la mia vita. Semplicemente sapevo che stavo facendo la cosa giusta”, sottolinea la cantante-ballerina. “Nella prima settimana dopo il 7 ottobre, cioè da quando ho iniziato ad occuparmi attivamente di Hasbara, centinaia di migliaia di persone hanno smesso di seguirmi sui social media. Ero sconvolta. Perché? Quanta odio c’era in loro? Ciò, tuttavia, non mi ha fermato. Anzi, mi ha convinto ancora di più che stessi facendo la cosa giusta. Se i miei nonni sono sopravvissuti ai campi di sterminio, chi sono io per non sopportare qualche minaccia sui social?”.
Così, tutti i social di Montana Tucker, che contano complessivamente niente meno che 14 milioni di follower, sono diventati una vera e propria piattaforma di Hasbarà. La star ha cominciato a caricare centinaia di video in cui ballava per Israele, cantava per Israele o semplicemente parlava di Israele. Di chi ci vive, di chi lotta per essa, di chi è morto per difenderla. Tuttavia, la sua attività di sensibilizzazione ha raggiunto il suo apice proprio all’ultima cerimonia dei Grammy Awards, quando è riuscita ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale su una questione di massima importanza.
“Quando ho scoperto che nessuno degli influencer ebrei americani avrebbe indossato il simbolo degli ostaggi alla cerimonia, ho deciso che l’avrei fatto io, ma nel mio stile. In grande. Molto grande -, afferma con un sorriso -. Volevo che nessuno potesse ignorare i nostri fratelli prigionieri nei tunnel del terrore di Hamas. Così, ho contattato un designer israeliano che ammiro molto, e lui ha creato per me un vestito stupendo ispirato proprio al simbolo degli ostaggi”.
Le reazioni sono state a dir poco isteriche. “Non mentirò, per la prima volta mi sono sentita un po’ in ansia -, confessa -. Quando sono uscita sul tappeto rosso con il simbolo degli ostaggi ricamato sul corpetto del vestito, tutti gli occhi erano puntati su di me. L’organizzatore dell’evento è venuto e mi ha chiesto di andare via. Secondo lui, il mio vestito trattava di politica, cosa molto sgradita ai Grammy. Ancora una volta sono rimasta sconvolta, e ancora una volta quel senso di shock ha acceso in me il desiderio di lottare per il mio popolo. Gli ho detto che il simbolo che indossavo non era politico ma umanitario, che la questione degli ostaggi riguarda ogni uomo libero della terra. Il giorno dopo ho ricevuto decine di messaggi emozionanti da parte delle famiglie degli ostaggi. Direi che ne è proprio valsa la pena”.
Circa i suoi piani futuri, Montana Tucker racconta con entusiasmo sincero di non avere nessuna intenzione di fermarsi. “A luglio apparirò alla cerimonia di apertura delle Maccabiadi. Sarà incredibile – dice estasiata -. Il 7 ottobre uscirà un film a cui ho preso parte e di cui vado molto orgogliosa”. E non è tutto. “Questa settimana ho registrato la canzone iconica ‘I Will Survive’ con la cantante originale Gloria Gaynor, che è una grande amica di Israele. Abbiamo deciso di dedicare la canzone al popolo ebraico, un popolo eroico che è riuscito a sopravvivere a ogni sterminio, rialzandosi più forte di prima. Sono certa che così riuscirà a fare anche questa volta. Am Israel Chai. Per sempre”.