di Davide Cucciati
Un nuovo report del Ministero degli Esteri israeliano ha acceso i riflettori sul consolidamento della partnership strategica tra Israele e Azerbaijan, paese a maggioranza sciita. Il documento sottolinea l’eccezionale cooperazione in ambito economico, diplomatico e di sicurezza, ma anche – con particolare enfasi – il ruolo unico dell’Azerbaijan nel garantire la libertà religiosa e il pieno sostegno alla sua Comunità ebraica, storicamente presente sul territorio, in particolare nel villaggio di Quba. Lo Stato azero è il primo nel mondo musulmano a incorporare l’educazione contro l’antisemitismo nel suo curriculum scolastico, sostiene attivamente sinagoghe, scuole e istituzioni culturali ebraiche e, secondo i documenti ufficiali, gli ebrei del Paese “non hanno mai conosciuto antisemitismo”. In parallelo, circa 70.000 israeliani di origine azera rappresentano oggi un ponte vivo tra le due nazioni, rafforzando le relazioni anche a livello sociale, culturale e imprenditoriale. Il Ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha dichiarato: “Il partenariato tra Israele e Azerbaijan è un modello unico di cooperazione tra uno Stato ebraico e un Paese a maggioranza musulmana.”
Mordechai Kedar, senior research associate al Begin-Sadat Center for Strategic Studies, rimarca che tutto ebbe inizio negli anni ’90 con un incontro a New York tra il Presidente azero Heydar Aliyev e il Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin. Da quel momento, la collaborazione si è sviluppata su binari paralleli: Israele ha garantito il supporto militare (si stima che Israele fornisca all’Azerbaijan quasi il 70% delle sue importazioni di armi) e tecnologico, mentre l’Azerbaijan è diventato uno dei principali fornitori energetici di Israele, coprendone oltre il 40% del fabbisogno petrolifero. La collaborazione economica si estende anche ad altri settori, tra cui agricoltura, sicurezza informatica, spazio, gestione delle risorse idriche e industria avanzata, con aziende israeliane e azere impegnate in iniziative strategiche congiunte.
Inoltre, negli ultimi decenni, Ilham Aliyev, attuale Presidente dell’Azerbaijan, ha mediato tra Israele e Turchia diverse volte. Infatti, tra il 2008 e il 2010, Baku si è prodigata per ripristinare il dialogo tra le due nazioni. Anche nel 2018, Aliyev ha svolto il ruolo di mediatore tra Israele e Turchia; non a caso durante la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, sia Israele sia la Turchia hanno sostenuto l’Azerbaijan. La capacità dell’Azerbaijan di colmare il divario tra Israele e Turchia potrebbe rivelarsi estremamente preziosa nel prossimo periodo, soprattutto dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria e l’ascesa al potere della nuova leadership di Abu Mohammad al-Jolani.
Questa posizione, inevitabilmente, ha acuito le tensioni tra Baku e Teheran. Infatti, i media e i funzionari iraniani hanno più volte accusato l’Azerbaijan di permettere attività di intelligence israeliana al confine nord, tanto che l’Iran ha effettuato esercitazioni militari lungo la frontiera.
La cooperazione tra lo Stato ebraico e l’Azerbaijan potrebbe evolversi ulteriormente; infatti, il Rabbino Capo sefardita dell’Azerbaijan Zamir Isayev ha recentemente dichiarato al Jerusalem Post che Baku dovrebbe aderire agli Accordi di Abramo: “La relazione dell’Azerbaijan con Israele è un modello di coesistenza tra ebrei e musulmani. L’Azerbaijan può condividere la sua esperienza. Penso che dobbiamo usare questo modello azero di multiculturalismo e coesistenza e condividerlo con altri paesi, in particolare con i paesi musulmani. Il modello dell’Azerbaijan ci sta mostrando che c’è la possibilità di vivere in un altro modo, di vivere insieme, di crescere e di svilupparci insieme”.
Tuttavia, non mancano le criticità, a cominciare dalla questione armena. Nelle ultime settimane, un gruppo di Rabbini guidato da Marvin Hier, fondatore del Simon Wiesenthal Center, e dal Eli Abadi, Rabbino anziano degli Emirati Arabi Uniti e amico personale di Jared Kushner, ha scritto al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump proprio in merito alla possibile inclusione dell’Azerbaijan nel quadro degli Accordi di Abramo, trattando anche il tema dell’abrogazione della Sezione 907 del Freedom Support Act. Si tratta di una norma del 1992 che vieta gli aiuti diretti statunitensi al Governo azero fino a quando “il Presidente non determini, e ne dia comunicazione al Congresso, che il governo dell’Azerbaijan sta adottando misure dimostrabili per cessare tutti i blocchi e gli altri usi offensivi della forza contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh”.
L’argomentazione principale è assai lineare: gli Stati che hanno aderito agli Accordi di Abramo hanno ricevuto ampi incentivi e sostegno politico dagli Stati Uniti. Baku, invece, formalmente subisce le restrizioni imposte da Washington attraverso la Sezione 907 del Freedom Support Act nonostante il suo contributo di lunga data alla sicurezza regionale. In realtà, da più di vent’anni, tali restrizioni sono sistematicamente derogate dalle amministrazioni statunitensi che si sono succedute, sia repubblicane che democratiche, proprio alla luce dei delicati equilibri nell’area.
Foto in alto: il Presidente israeliano Isaac Herzog con il Presidente azero Ilham Aliyev, in visita di Stato in Azerbaijan (GPO)