Tensioni fra Sudafrica e Israele? Un problema che sta portando i giovani ebrei a lasciare il Paese

Mondo
di Roberto Zadik
Ben prima del pesante processo contro Israele in corso alla Corte internazionale dell’Aja e richiesto dalle autorità sudafricane, nel Paese da anni non c’è un bel clima per il mondo ebraico locale e secondo le statistiche sempre più giovani vogliono emigrare nello Stato ebraico a causa dell’ostilità governativa.
Stando all’interessante articolo pubblicato lo scorso 5 gennaio sul Jewish Telegraphic Agency (JTA) e firmato da Daniela Cassel, citando la recente ricerca realizzata dal sito sui problemi che affliggono gli adolescenti ebrei nel mondo, negli ultimi anni il panorama ebraico sudafricano si sta sempre più riducendo, dato drammatico considerando che il Sudafrica è lo Stato africano con la maggiore popolazione ebraica in tutto il continente.
Secondo il testo del JTA, dal 1970 ad oggi il numero di ebrei locali sarebbe sceso di oltre il sessanta percento, arrivando agli attuali cinquantamila ebrei, secondo l’Istituto di Ricerca Politica ebraica. Solamente nel 2021, l’uno percento degli ebrei è andato in Israele, totalizzando la più alta percentuale di aliyah nella storia nazionale.  A sostegno di questi dati, l’articolo riassume la storia dell’adolescente Kiara Cohen che ha raccontato di essere stata una volta minacciata da un gruppo di adulti. La ragazza all’epoca  dodicenne era in un parco di Johannesburg assieme al suo gruppo del Bnei Akiva e mentre stava riempiendo la bottiglietta di acqua alla fontana, avrebbe ricevuto  serie di gravi intimidazioni antisemite da sconosciuti. Sono passati quattro anni e ora Kiara ha sedici anni e ha confermato la sua volontà di lasciare il Paese dopo l’università “perché non riesce più a vivere in un luogo in cui l’antisemitismo viene così ben tollerato“.
Ma cosa pensano gli adolescenti ebrei sudafricani del problema? A questo proposito, oltre alla testimonianza di Kiara, il sito riporta una serie di pareri rilasciati dai suoi coetanei e correligionari. A cominciare da Danni Hellman, sedici anni, che ha specificato che “l’antisemitismo che sento è soprattutto a livello governativo e sento che sono le autorità che vogliono che lasci il Paese”. “Penso – ha aggiunto – che sia soprattutto una questione di ostilità verso Israele più che riguardo a noi ebrei. Ogni paese ha i suoi problemi ma quando sono i potenti ad essere ostili, non è semplice decidere di voler vivere qui”.
Successivamente nell’articolo viene riportato un sondaggio del sito JTA su una ventina di adolescenti ebrei sudafricani e studenti delle superiori riguardo ai loro futuri progetti e addirittura l’ottanta percento dei ragazzi ha espresso la volontà di lasciare il paese. Fra questi più della metà, il cinquantacinque percento ha confermato l’abbandono subito dopo il diploma mentre un quarto di loro intende aspettare la laurea.
Le ragioni della fuga però non sono convergenti. Non solo l’antisemitismo, ma anche motivazioni più concrete come la mancanza di opportunità lavorative e l’alto tasso di criminalità sottolineati anche nell’articolo uscito lo scorso 3 ottobre (clicca QUI).  Angosciati dai problemi economici e dall’ostilità governativa i ragazzi intervistati vogliono andarsene, perché bersagliati da insulti antisemiti. Non solo le minacce a Kiara Cohen, ma anche la denuncia di Eitan Klein, sedici anni, che mentre giocava a computer è stato oggetto di insulti antisemiti da un connazionale sconosciuto e filopalestinese. Amareggiato per questa molestia, egli ha deciso di fare l’aliyah arruolandosi nell’esercito delle Forze di Difesa Israeliane, IDF, dopo il diploma, incurante dello stato di guerra che attanaglia il paese.
L’ultima parte dell’articolo riassume la storia della comunità ebraica sudafricana che risale al diciannovesimo secolo quando un piccolo gruppo di ebrei quasi tutti ashkenaziti di origini est-europee decise di immigrare dalla Gran Bretagna esportando le loro attività coi diamanti e le miniere d’oro e nutrendo forti sentimenti sionisti. Successivamente il numero continuò ad aumentare e poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel paese c’erano più di novantamila ebrei. Durante la Shoah l’immigrazione era arrivata al suo massimo tanto che le autorità vollero mettere un freno a questa  continuo flusso migratorio ma nonostante questo più di tremila ebrei tedeschi arrivarono e la comunità continuò ad ampliarsi fino al 1970 con un numero massimo di 118.000 ebrei, secondo i dati forniti dagli enti ebraici sudafricani.
Molti giovani ebrei vogliono dunque andarsene non solo per l’antisemitismo ma anche per la situazione socioeconomica locale; metà della popolazione vive in povertà e circa il diciannove percento in stato di estrema indigenza, secondo le stime della Banca Mondiale. Oltre a questo, molto grave la disoccupazione, al trentatré percento, e la criminalità. Un paese in estrema difficoltà, non solo per i sentimenti antiebraici, come ha confermato il Rabbino Mendel Rabinowitz della sinagoga di Victory Park, che ha spiegato di capire perché i giovani stiano lasciando il paese anche per la mancanza di lavoro e le varie problematiche sociali.
 
 
 Foto in alto: la vecchia sinagoga di Cape Town, la prima sinagoga edificata in Sud Africa nel 1863. (Wikicommons CC)