L’enigma della sfinge

Mondo

di Luciano Assin

La polvere sollevatasi dopo la seconda rivoluzione egiziana  sta lentamente calando ed e’ possibile delineare, almeno a larghi tratti, la nuova realta’ del dopo Morsi.
L’esercito egiziano si e’ rilevato una volta di piu’ il protagonista indiscusso della vita politica. Lo fu ai tempi di Nasser e Sadat, lo e’ stato due anni fa quando si schiero’ contro Mubarak e continua ad esserlo tuttora dopo la destituzione di un presidente eletto democraticamente.
E’ questo il punto cruciale della crisi attuale: il paese e’ letteralmente diviso in due, da una parte gli strati piu’ istruiti della societa’, laureati perennemente disoccupati e quindi incapaci di costruirsi un futuro contro gli abitanti delle zone rurali che vedono nei fratelli musulmani i loro interlocutori privilegiati, gli unici in grado di garantire il perpetuarsi della loro  societa’ patriarcale.
Entrando piu’ nel dettaglio e’ una lotta fra il nazionalismo egiziano e l’Islam inteso come Califfato, l’insieme di tutta la nazione araba. La nomina di El Baradi a primo ministro e quella di Mansour a Presidente ad interim non sono i segnali invocati dai dimostranti. L’Egitto necessita di forze nuove e di un distacco graduale ma inevitabile dalle vecchie Elites politiche e militari del paese. Senza questo netto cambio di direzione la situazione continuera’ ad essere instabile ed insostenibile. Le riserve di valuta estera del paese si sono dimezzate durante la gestione dei fratelli musulmani e l’economia nazionale e’ letteralmente in ginocchio.
In una simile situazione economica gli investimenti di capitali esteri sono pressoche’ inesistenti e solo il sostegno economico americano fa si che l’Egitto riesca a galleggiare appena sopra il pelo dell’acqua. La situazione e’ tale che il Dipartimento di Stato americano si sta scervellando per trovare una definizione alternativa al colpo di stato avvenuto nei giorni scorsi. In caso di colpo di stato infatti gli aiuti americani vengono bloccati automaticamente, cosa che nel caso in questione Obama non puo’ prendere assolutamente in considerazione.

Nel frattempo Israele si muove con estrema cautela, la caduta del regime dei fratelli musulmani e’ un fattore che indebolisce anche il regime di Hamas nella striscia di Gaza. D’altro canto la penisola del Sinai continuera’ a dare dei seri grattacapi dal punto di vista della sicurezza visto il pullulare di gruppi islamici estremistici presenti nell’area. L’esercito egiziano ha chiuso ermeticamente i valichi di frontiera fra Gaza e l’Egitto e la collaborazione militare fra Israele ed Egitto e’ piu’ attiva che mai, ma visto che i maggiori disordini si svolgano nelle grandi citta’ fa capire quali siano le priorita’ maggiori.

L’Egitto si trova sul baratro di una guerra civile e la mancanza di un nuovo leader carismatico e’ un grave handicap. La gioventu’ egiziana, fautrice dei drammatrici cambiamenti di questi due ultimi anni e’ ancora troppo inesperta per proporre un leader in grado di trasformare il malcontento popolare nell’energia necessaria per risollevare le sorti economiche e sociali del paese.

L’enigma della Sfinge e’ il seguente: quanto tempo sara’ necessario affinche’ l’Egitto, il paese piu’ grande e piu’ influente fra tutti i paesi arabi, riesca a trovarsi un leader degno di questo nome? Nel frattempo l’esercito continuera’ a tirare le fila del paese da dietro le quinte cercando di apparire il meno possibile sulla scena per lasciare al pubblico l’illusione di assistere ad uno spettacolo diretto da altri.