L’Egitto delle urne non è quello della “primavera araba”

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La primavera araba, quella che ha fatto crollare il regime di Mubarak in Egitto e di Gheddafi in Libia, quella che da mesi sta mettendo Assad di fronte alla potenza della rivolta dei cittadini siriani, si sta trasformando ai nostri occhi di europei, in una stagione piuttosto grigia. La natura della rivolta cominciata lo scorso febbraio, comincia solo ora a delinearsi, rivelando un volto un po’ diverso da quello che molti si aspettavano dopo le rivolte cominciate lo scorso febbraio.
I violenti scontri di piazza Tahir, alla vigilia delle prime elezioni del dopo Mubarak, e le prime indiscrezioni sull’esito del voto, mostrano un Egitto ancora lontano dal modello democratico e laico.

Il partito islamico dei Fratelli Musulmani pare abbia raggiunto il 40% dei voti; si contendono il secondo posto il partito dei salafiti, Al-Nour, e il Blocco egiziano, rispettivamente al 27% e al 13%. Il partito liberale del Wafd dovrebbe assestarsi al quarto posto.
In attesa dei risultati ufficiali, il capo di Giustizia e libertà, Mohamed Morsi, ha chiarito che il prossimo governo dovrà essere espresso dalla nuova maggioranza.
Il Blocco egiziano è pronto a dare battaglia ai Fratelli Musulmani per i prossimi due turni elettorali, che si svolgeranno il prossimo 14 dicembre e il 3 gennaio. I manifestanti in piazza Tahrir hanno annunciato per domani una nuova manifestazioni.

Anche in Marocco, alle elezioni di venerdì 25 novembre, il partito islamico, Giustizia per lo Sviluppo,  ha ottenuto il 27% dei voti, conquistando 107 seggi su 395. Il leader del partito, Abdelilah Benkirane, è stato nominato capo del governo dal re del Marocco.