La Haggadah di Sarajevo

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La Haggadah di Sarajevo, impreziosita da preziose miniature, è riuscita ad arrivare a noi, passando da un paese all’altro, da una guerra all’altra. Ne ripercorre la storia il romanzo di Geraldline Brooks, pubblicato da Neri Pozza con il titolo I custodi del libro. La Brooks, che prima di diventare scrittrice è stata reporter di guerra nei Balcani per il Wall Street Journal, unisce abilmente finzione romanzesca e realtà storica. Inventata la figura della miniaturista africana nella Spagna del 1400; veri i bibliotecari coraggiosi di Sarajevo, entrambi musulmani: negli anni Quaranta nascosero il testo ebraico ai nazisti, cinquant’anni dopo lo portarono fuori dalla biblioteca sotto i bombardamenti serbi, per custodirlo nel caveau di una banca.
“Venni a sapere della Haggadah durante l’assedio nella capitale bosniaca”, racconta la scrittrice, “e rimasi affascinata: il libro era passato attraverso l’Inquisizione e due guerre, per essere infine salvato da un musulmano”.

Come ha fatto la Haggadah a sopravvivere nei secoli? “Credo che la bellezza delle miniature sia stata capace di parlare a uomini di diverse fedi, tra cui anche l’inquisitore veneziano in modo più convincente di tutte le voci che chiedevano la sua distruzione”.

Nella storia, a periodi di pacifica convivenza tra religioni diverse si sono alternate fasi di repressione e conflitto. “Noi esseri umani sappiamo concepire società meravigliose, dove le differenze religiose vengono tollerate e apprezzate. La Spagna della convivenza tra ebrei, cristiani e musulmani, la Germania prima del nazismo, Sarajevo prima della guerra. Poi, purtroppo, siamo deboli e cediamo all’intolleranza e al nichilismo. Ma in ogni epoca ci sono state persone capaci di andare oltre la demonizzazione dell’altro e di difendere valori universali senza cadere nel relativismo. Anche attraverso la conservazione dei testi sacri di altre fedi”.