Urna di voto in Libano

La coalizione di Hezbollah ha perso la maggioranza alle ultime elezioni libanesi

Mondo

di Francesco Paolo La Bionda
La coalizione di governo libanese, di cui fa parte da Hezbollah, ha perso la maggioranza all’Assemblea Nazionale dopo le elezioni che si sono tenute il 15 maggio scorso. In base ai dati definitivi del ministero dell’Interno libanese, il blocco è passato dai 71 seggi conquistati nel 2018 a 58, sui 128 complessivi del parlamento monocamerale.

Hezbollah è riuscito a conservare i suoi 13 seggi, grazie anche a intimidazioni denunciate anche dagli osservatori internazionali, e l’altro partito dei musulmani sciiti, Amal, ha limitato le perdite a 2 seggi. È stato invece il loro alleato cristiano, il Movimento Patriottico Libero dell’attuale Presidente Michel Aoun, a tracollare, passando da 29 a 17 seggi, a favore soprattutto dei cristiani rivali delle Forze libanesi, più vicini ai sauditi e all’Occidente, che sono passati da 14 a 19.

Sono stati inoltre eletti 16 deputati indipendenti, espressione soprattutto del malcontento popolare degli ultimi anni causato dalla gravissima crisi economica in cui versa il paese, che tuttavia difficilmente potranno formare un blocco alternativo, mentre sarà assai più probabile la loro cooptazione da parte delle formazioni maggiori.

L’incognita del nuovo governo

Si pare ora l’incognita della formazione del nuovo governo. L’attuale esecutivo, guidato dal primo ministro Najib Mikati, è stato formato dopo trattative durate più di un anno.

Le divisioni confessionali hanno parcellizzato la politica libanese, tanto che nessun partito nella storia recente del Libano ha ottenuto più del 12,5% dei seggi, e la divisione fissa delle principali cariche politiche del paese, fissata con l’ufficioso Patto Nazionale del 1943 e de facto riconfermata con l’accordo di pace di Taif del 1989, complica ulteriormente il quadro.

Il primo test in questo senso sarà l’elezione del presidente del Parlamento, che dev’essere musulmano sciita; un ruolo che da trent’anni è occupato dallo stesso politico, Nabih Berri, leader di Amal. A fine ottobre scadrà inoltre il mandato del Presidente della Repubblica Aoun, che dovrà essere rimpiazzato da un altro cristiano maronita.

La crisi economica libanese

Dal 2019 il paese è precipitato in una gravissima crisi economica, causata da decenni di corruzione e ruberie da parte della classe politica. L’inflazione ha superato il 200%, le casse pubbliche sono vicinissime alla bancarotta e la lira libanese ha perso il 90% del suo valore al cambio. Le essenziali importazioni di cibo, carburante e medicinali sono sempre più difficili e l’elettricità è ormai razionata. Secondo la Banca Mondiale, potrebbe trasformarsi in una delle peggiori crisi economiche mai avvenute negli ultimi due secoli.

Nonostante proteste di massa abbiano scosso il paese negli anni scorsi, la risoluzione del problema appare molto difficile per via della mancanza di volontà da parte di tutte le forze politiche di imporre i gravosi sacrifici e le riforme necessarie per ottenere un prestito dal Fondo Monetario Internazionale.

Gli ultimi ebrei del Libano

L’antichissima comunità ebraica libanese è per lo più emigrata dopo la fondazione dello Stato ebraico e durante la guerra civile libanese. Oggi si stima rimangano nel paese meno di trenta ebrei, per lo più anziani, che vivono nascondendo la propria identità dato il diffuso antisemitismo della società libanese contemporanea.