Anne Frank

Anna Frank: scoperto il nome di chi tradì la giovane ebrea

Mondo

di Paolo Castellano

Dopo più di 75 anni, un gruppo di ricercatori, composto anche da un ex agente dell’FBI, hanno scoperto il nome del presunto traditore che nel 1944 rivelò il nascondiglio di Anna Frank e di altri sette ebrei in un locale segreto sopra un magazzino di Amsterdam.

La ricerca è durata sei anni e ha prodotto nuove prospettive sulla vicenda della giovane ebrea autrice del Diario, pubblicato nel 1947 dal padre Otto nel dopoguerra. Il libro di Anna Frank ha forgiato le coscienze di numerosissimi studenti ed è stato tradotto in 60 lingue.

Secondo Vincent Pankoke, ex-agente dell’FBI, e una ventina di storici, criminologi e analisti, il responsabile della cattura di Anna Frank sarebbe il notaio ebreo Arnold van den Bergh.

Tuttavia, non è certo che il notaio sia stato un informatore dei nazisti che a quel tempo avevano occupato l’Olanda e la sua capitale. Altri esperti hanno dichiarato che non ci sono sufficienti prove contro di lui.

In risposta, la squadra investigativa insiste sull’importanza di una prova reperita durante la ricerca: una nota non firmata dal padre di Anna e trovata in un vecchio dossier investigativo del dopoguerra. Secondo il testo, Otto dichiarò che il notaio aveva trasmesso delicate informazioni ai nazisti.

Come riporta il Jerusalem Post, il documento sosteneva che Van den Bergh aveva accesso agli indirizzi in cui si nascondevano gli ebrei poiché era membro del Consiglio ebraico di Amsterdam durante la guerra. Dunque, il notaio avrebbe passato questi indirizzi ai nazisti per salvare la propria famiglia. Mentre altri membri del Consiglio ebraico furono deportati nel 1943, Van den Bergh rimase in Olanda, dove morì nel 1950.

Tuttavia, ci si chiede perché il padre di Anna non abbia denunciato pubblicamente il presunto informatore dei nazisti. Infatti, gli investigatori sostengono che Otto fosse a conoscenza dell’identità del traditore. Probabilmente il nome del notaio ebreo non venne mai rivelato per la fragilità delle accuse, evitando così di alimentare una possibile ondata di antisemitismo che avrebbe potuto colpire le tre figlie di Van den Bergh.