Vendola: Ebrei, Israele e i diritti civili

Italia

Parla Nichi, la nuova sinistra.

Si chiama Nicola come il santo patrono di Bari, la sua città natale, ma anche come Nikita Kruscev. Cattolica e comunista è infatti la sua famiglia e Vendola, Nichi per tutti fin dai tempi dell’asilo, è cresciuto sotto i ritratti di Gagarin e Giovanni XXIII. “La politica, il comunismo, li ho incontrati con mio padre e mio zio, quando avevo i calzoni corti, tra i braccianti e i vecchi compagni di Terlizzi”, racconta. Deputato dal 1992, oggi governatore della Puglia, rieletto per il secondo mandato, e presidente di Sinistra Ecologia Libertà, più acquista visibilità, più aumenta il suo consenso personale. Segno che Vendola ha davvero qualcosa da dire. Qualcosa di sinistra. A Milano, per sostenere Giuliano Pisapia alle primarie per la candidatura a Sindaco, Vendola ha risposto alle domande del Bollettino.

Che rapporto ha con Milano?

Il mio rapporto con la città è stato contradditorio per tante ragioni. Senza dubbio però è un legame fatto di grande amore. Io ho condiviso con i pugliesi lo sguardo ammirato che ha attraversato le epoche. Milano è sempre stata l’esempio di come si costruisce un laboratorio di modernità, di come una grande metropoli può essere curiosa, accogliente, plurale e solidale. Purtroppo questa immagine di Milano è ferita, da qualche anno anche scheggiata. Oggi Milano è una città che racconta altro e che ha di sé un’altra narrazione; sembra una comunità di rancore. Mi dispiace molto perché invece di essere in competizione con Berlino, con Amsterdam o Barcellona sembra in competizione con le valli leghiste. Questo è un peccato.


Come si confronta, come politico e come uomo, con la cultura ebraica?

Ho voluto portare in Puglia il festival della cultura ebraica, non soltanto come Negba, che in ebraico vuole dire “verso sud”, non soltanto come momento di confronto con la letteratura, la musica e la gastronomia ebraica ma anche perché cinque secoli fa l’Inquisizione cacciò gli ebrei dalla mia terra. Per questo noi abbiamo ricostruito le storie dell’ebraismo in Puglia e abbiamo cercato di reinnestare le radici di quel patrimonio. Abbiamo riaperto sinagoghe, abbiamo fatto un lavoro mirato affinchè la Puglia potesse riaccogliere quel pezzo di sé, mutilato cinque secoli fa, che è l’ebraismo.


Negli ultimi anni, parte dell’elettorato ebraico italiano si è spostato a destra; lei come uomo di sinistra come spiega questo fenomeno?

Sì è vero, si è spostato a destra in alcune comunità, nel corso del tempo. Credo però che oggi ci sia molta più disponibilità a considerare meglio le vicende della politica. Un presidente del consiglio, che è il capo della destra, il quale infarcisce i suoi discorsi pubblici e privati di battute e barzellette antisemite, immaginando che siano folklore; una destra che ha dentro di sé un personaggio come Ciarrapico e che non ha una reazione immediata all’offesa vergognosa di tipo antisemita che Ciarrapico pronuncia all’interno del Senato della Repubblica italiana, insomma è una destra che deve far riflettere ogni singolo membro della Comunità ebraica.


Spesso però gli ebrei, in Italia e nel mondo, si sentono colpiti quando vedono che una certa sinistra è schierata incondizionatamente contro Israele.

Penso che noi oggi dobbiamo impostare correttamente il rapporto con Israele, con le Comunità ebraiche e più in generale con l’ebraismo, imparando così a distinguere e a non sbagliare mai le parole e gli aggettivi. Un conto è la critica verso un governo, un conto è la critica che maledice la vicenda di un popolo. Ripeto quello che ho già detto pubblicamente: noi (a sinistra) abbiamo sottovalutato l’angoscia collettiva che il popolo d’Israele vive di fronte all’eventualità della propria distruzione. Piuttosto che essere tifosi sulle scacchiere internazionali dobbiamo essere costruttori di pace. Intrecciare la battaglia del popolo palestinese per avere una propria patria e la battaglia per il diritto alla sicurezza dello Stato d’Israele è di fondamentale importanza perché credo che questa sia l’unica strada che può consentire di trovare un punto di equilibrio e di dialogo di pace.


Israele, in Medioriente, è l’unica democrazia ed è l’unico paese che porta avanti i diritti civili come quelli degli omosessuali, delle coppie di fatto: valori cari alla sinistra.

Appunto! dobbiamo uscire da una lettura mitologica, capendo ovviamente dove stanno i torti e le ragioni. Soprattutto dobbiamo sentirci impegnati a fare avanzare i processi di liberazione e di emancipazione. Abbiamo avuto atteggiamenti che apparivano troppo lesivi della sensibilità di una parte. A sinistra dobbiamo capire di più le vicende del popolo d’Israele, tanto più di fronte alle recenti prese di posizione dell’Iran che si stagliano come una minaccia concreta. Allora, oggi è giunto il momento in cui laicamente costruiamo relazioni equilibrate con tutti, per fare avanzare concretamente i diritti degli uni e degli altri. Io conosco bene Israele e so anche che è un Paese molto avanzato dal punto di vista dei diritti civili. L’ultima battaglia per far sì che gli omosessuali possano aderire attivamente ai ranghi dell’esercito e fare carriera militare è il segnale di una realtà interessante che va conosciuta in tutta la sua profondità. Dobbiamo liberarci dal manicheismo nel giudicare situazioni di estrema complessità.


Possiamo dire che con Vendola leader si aprirebbe un nuovo corso tra sinistra e Israele?

Dobbiamo fare i conti con quello che non siamo riusciti a fare sino ad ora. Se Gerusalemme è ancora la capitale di tutti i martirii, allora vuole dire che non hanno funzionato i tanti processi di pace che si sono costruiti finora. Dobbiamo seriamente interrogarci su come noi possiamo contribuire a raggiungere risultati concreti.