di Nina Deutsch
Non si placano gli attacchi contro Liliana Segre. Mentre la Procura di Milano ha disposto l’imputazione coatta di sette persone per insulti antisemiti rivolti alla senatrice a vita tra il 2020 e il 2021, una nuova ondata di odio si è scatenata sui social in occasione della sua partecipazione alle celebrazioni per il 25 aprile a Pesaro, città di cui è cittadina onoraria; la città dove conobbe il marito. E, a miccia accesa, il fuoco di fila è divampato dopo la proiezione, sabato 26 aprile su Rai 3, del documentario di Ruggero Gabbai Liliana.
L’imputazione coatta è stata disposta dal giudice dopo che la Procura aveva chiesto l’archiviazione per tutte e 17 le persone inizialmente indagate. L’archiviazione è stata concessa per dieci di loro, fra cui anche il personaggio televisivo Chef Rubio, all’anagrafe Gabriele Rubini. Il giudice ha inoltre ordinato che si proceda con nuove indagini su altre nove persone, sospettate di aver commesso reati analoghi.
Sulla sua pagina e su altri profili social sono comparsi centinaia di messaggi carichi di antisemitismo: tra gli insulti, frasi come «nazista», «parassita mantenuta» e «l’Italia non ti vuole».
La famiglia della senatrice, per voce del figlio e avvocato Luciano Belli Paci, ha già presentato in passato denunce per diffamazione, minacce e odio razziale, che hanno portato al rinvio a giudizio di 12 persone nei mesi scorsi. Ora, dopo i nuovi attacchi legati al 25 aprile, sta valutando l’avvio di ulteriori azioni legali.
Questa nuova escalation arriva in un momento delicato. A 94 anni, Segre, reduce dall’uscita del documentario a lei dedicato, aveva già espresso il desiderio di ridurre gli impegni pubblici a causa del crescente clima di ostilità, pur ribadendo la volontà di continuare a testimoniare contro l’antisemitismo e per la memoria della Shoah.
Le reazioni della politica
La solidarietà verso Segre è arrivata immediata e trasversale. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha condannato «i volgari insulti antisemiti» definendoli un attacco ai valori della convivenza civile, e ha garantito l’impegno delle istituzioni contro ogni forma di discriminazione.
Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato di «vergognosi insulti», esprimendo la vicinanza personale e istituzionale alla senatrice. Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, ha ricordato che «in Italia e in Europa non deve esserci più spazio per l’odio razziale».
Dalla segretaria del PD Elly Schlein è arrivato il riconoscimento a Segre come «faro ed esempio contro l’odio e l’indifferenza», mentre Matteo Renzi (Italia Viva) ha definito chi la insulta «un piccolo meschino», sottolineando il valore straordinario della sua testimonianza.
Anche il Movimento 5 Stelle ha espresso vicinanza, parlando di Segre come di un «patrimonio di memoria e civiltà» da difendere. Di tono diverso, ma comunque solidale, l’intervento di Andrea Crippa della Lega, che ha denunciato «l’odio e la rabbia ribollenti nelle manifestazioni del 25 aprile» e difeso la figura di Segre dagli insulti.
Dal fronte locale, il sindaco di Pesaro Andrea Biancani ha definito la presenza della senatrice «un dono prezioso», sottolineando l’importanza del suo esempio per le nuove generazioni.
Un simbolo sotto attacco
Liliana Segre, sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz e nominata senatrice a vita nel 2018 per meriti nel campo sociale, continua a essere un bersaglio dell’odio online. La sua figura, simbolo della memoria storica e della lotta contro il razzismo, è oggi più che mai al centro di una battaglia che riguarda la difesa dei valori democratici e della dignità umana.