di Walker Meghnagi
Il Giorno della Memoria che dal 2000 viene celebrato ogni 27 Gennaio è a ricordo di una tragedia che sicuramente non ha pari nella storia dell’Umanità e di quella ebraica in particolare, sia per l’orrenda impalcatura ideologica sulla quale si resse, sia per i mezzi, la determinazione e la follia cieca con la quale si cercò di portarla a termine.
Però quello che forse la rese ancora più tragica ed unica fu un elemento all’apparenza marginale: l’indifferenza che la circondò da parte di intere popolazioni e di governi che avrebbero potuto fare qualcosa, ma che non fecero niente perché “un orrore del genere non poteva essere vero”. Insomma, una forma di negazionismo “ante litteram” che molto probabilmente qualche responsabilità ha avuto anche in quello risorto nel dopo-guerra e che persiste tuttora.
Fu proprio questa indifferenza che permise agli artefici e ai carnefici di concepire ed eseguire la “soluzione finale” in un crescendo sempre più mostruoso ed insensato e, col suo silenzio, a legittimarli nel loro osceno operato.
E questo è quello che, forse più di ogni altra cosa, il Giorno della Memoria vuole e deve essere: ricordare e spiegare gli orrori della Shoah e dei campi di sterminio contribuendo così alla consapevolezza e alla sensibilizzazione etica di tutta la società civile affinché non abbiano mai più a ripetersi. Quindi la vera sfida che questa ricorrenza deve affrontare ogni anno, specialmente in un’epoca dove la memoria ha la durata di un Tik Tok e la Storia e il passato sono un qualcosa da riscrivere o addirittura da cancellare, è nel ricordare e comprendere il passato e la Storia non in funzione di una loro sclerotica e vuota retorica museale, bensì per dar linfa ad un presente eticamente consapevole per farlo diventare a sua volta un ponte verso un futuro consapevole e di speranza per tutta l’Umanità.