di Nina Deutsch
Dopo dieci giorni di blocco totale, ora più di 1.000 viaggiatori – tra turisti e cittadini in missione – potranno lasciare il Paese: misura contingentata per sicurezza, ma segno di speranza in un momento di grande tensione.
Israele ha riaperto i suoi cieli per i viaggi aerei martedì sera, dopo che il Comando del Fronte Interno ha revocato tutte le restrizioni sui raduni, mentre il fragile cessate il fuoco con l’Iran sembrava prendere piede.
Il principale aeroporto internazionale di Israele, il Ben Gurion, e altri aeroporti stanno tornando ad essere pienamente operativi dopo che lo spazio aereo del Paese era rimasto in gran parte chiuso durante gli ultimi 12 giorni di conflitto. Come parte di un’operazione guidata dal governo, negli ultimi giorni le compagnie aeree israeliane hanno iniziato a limitare i voli di rimpatrio per riportare indietro circa 100.000-150.000 israeliani bloccati all’estero e per aiutare quelli bloccati nel Paese a partire.
“Le restrizioni sul numero di voli in arrivo e in partenza e sul numero di passeggeri per ogni volo sono state abolite”, ha dichiarato l’Autorità aeroportuale israeliana. “Inoltre, sono state abolite le restrizioni all’arrivo di passeggeri e accompagnatori negli aeroporti”.
Tradotto con DeepL.com (versione gratuita)
Israele sblocca una delle misure più drastiche adottate negli ultimi giorni: i voli in uscita da Ben Gurion, sospesi dal 13 giugno adesso riprendono, ma con vincoli stringenti. Solo 50 passeggeri per velivolo, priorità a emergenze e motivi umanitari, e massima vigilanza nel traffico aeroportuale, potenziale bersaglio in giorni così tesi.
Come riportato dal Times of Israel, la ministra dei Trasporti, Miri Regev, ha annunciato che le compagnie israeliane opereranno 24 voli di rimpatrio in entrata, e altrettanti in uscita, tutti rigorosamente con capienza ridotta.
Capacità limitata, ma strategica: il criterio non è solo pratico, ma di sicurezza nazionale. Ogni aereo resta solo il minimo indispensabile a terra, riducendo il rischio di attacchi mirati. Regev ha spiegato che entro il weekend valuteranno eventuali ampliamenti, sempre in linea con le direttive dell’Home Front Command, il comando militare delle Forze di difesa israeliane, dipendente direttamente dal Ministero della difesa, deputato alla protezione civile e alle operazioni di ricerca e soccorso in occasione di disastri naturali e conflitti armati.
La situazione all’aeroporto
I voli in uscita sono concentrati esclusivamente al Terminal 3. Accesso controllato: solo passeggeri con biglietto valido, accompagnatori speciali e minori non autonomi. Negli spazi comuni, tempi di permanenza ridotti: duty‑free chiusi, bar operativi con servizio veloce. Consigliato arrivare in aeroporto con mezzi pubblici max 2 ore prima, chi arriva in auto può solo “sostare e via”.
Chi può partire
Tra gli israeliani e stranieri bloccati, la priorità è per casi di soccorso, salute, sicurezza nazionale. Assicurata assistenza per chi aveva prenotazioni cancellate: El Al offre spostamento gratuito ai clienti coinvolti. Prezzi fissi e agevolati: Larnaca 99 USD, Atene 149 USD, Roma, Parigi, Londra 299 USD, New York/Los Angeles 795 USD, Bangkok 695 USD. Arkia offrirà voli limitati verso Larnaca, Atene, Vienna, Roma e Barcellona. Chi parte da Israele con un biglietto di sola andata dovrà acquistare anche il ritorno, obbligatoriamente almeno 30 giorni dopo.
Il dramma dei bloccati
Centinaia di turisti sono ancora in attesa: dal 13 giugno, si calcolano circa 40.000 stranieri rimasti all’interno. Sul fronte israeliano, oltre 100.000 cittadini si trovavano all’estero quando ha iniziato la crisi – il governo stima 84.000 ancora fuori, specialmente in Europa e USA.
Già la scorsa settimana erano decollati voli da Larnaca e Cipro, riportando all’incirca 1.000 persone al giorno. Queste tratte repatrianti proseguiranno parallelamente all’avvio dei voli in uscita, con atterraggio e ripartenza immediata – giornalmente due voli all’ora, entro le ore diurne.
Un’escalation segnata
Tutto avviene nel quadro di una guerra condotta contro l’Iran dagli inizi di giugno, con chiusura totale dello spazio aereo israeliano e bombardamenti reciproci. Le autorità definiscono una “situazione senza precedenti”, con la questione dei voli al centro di scelte di sicurezza e diritto di movimento.
Riflessioni nel turbolento orizzonte
Riaprire i cieli, seppur in modo selettivo, rappresenta un atto pragmatico ritagliato su misura per esigenze vitali, non turistiche. È un segnale: Israele non rinuncia alla mobilità, ma la incanala perché resti sicura. Questa scelta riflette una tensione tra diritto alla fuga e sicurezza collettiva, una dicotomia che definisce il mondo contemporaneo in tempi di crisi.
E c’è di più: molti israeliani partono, ma altri non riescono a tornare. Nel quadro attuale, anche i cieli e le frontiere d’Italia assumono nuova centralità: Roma, per esempio, è destinazione chiave nei piani di fuga. Le cifre e le rotte suggeriscono un cambiamento temporaneo, ma forse anche un anticipo di quanto una crisi possa rimodellare le mappe del nostro stare nel mondo.
Approfondimenti
- Reuters: https://www.reuters.com/world/europe/repatriation-flights-start-israelis-stranded-cyprus-2025-06-18/?utm_source=chatgpt.com
- AP News: https://apnews.com/article/iran-israel-conflict-evacuation-foreigners-a2a39c18766246f11a2d64ae0a61e8c6
- Wall Street Journal: https://www.wsj.com/world/middle-east/with-israels-major-airport-shut-down-citizens-tourists-stuck-scramble-to-get-home-1b660d83?utm_source=chatgpt.com