di David Zebuloni
Per la prima volta dal 7 ottobre scorso, questa settimana sono risuonate le sirene nel centro di Israele a causa di tre missili lanciati da Khan Younis. In questo modo Hamas ha deciso di dichiarare nuovamente guerra contro Israele. “Durante il periodo di cessate il fuoco, l’organizzazione terroristica si è rafforzata e riorganizzata su due fronti distinti: quello militare e quello politico”, spiega Alon Eviatar, esperto di terrorismo di matrice palestinese, in un’intervista a Makor Rishon.
“Da un punto di vista politico, dopo oltre un anno di guerra Hamas ha ancora il pieno controllo di Gaza. Ciò, agli occhi della popolazione civile palestinese, rende l’organizzazione terroristica ancora più forte e autoritaria”, afferma Eviatar. “Dal punto di vista militare, invece, è chiaro a tutti che questo periodo di tregua abbia permesso a Hamas di recuperare le sue forze perdute. In tempi record, migliaia di gazawi si sono uniti ai ranghi di Hamas solo negli ultimi due mesi. La maggior parte di loro sono adolescenti. Inoltre, il cessate il fuoco ha permesso a Hamas di posizionare degli esplosivi lungo tutto il nord della Striscia, rafforzare le sue basi distrutte e produrre delle armi illegali. Ciò che prima era sotto il controllo dell’IDF, ora avviene in modo libero”.
Secondo l’esperto, in questi due lunghi mesi di tregua, Hamas è riuscito a rimettersi in piedi. “Oltre all’approvvigionamento e al recupero delle risorse umane, i terroristi sono usciti dai tunnel, hanno respirato aria fresca, si sono rafforzati fisicamente, ma soprattutto si sono riorganizzati per combattere una nuova battaglia contro i soldati dell’IDF”, sottolinea Eviatar, ma tiene subito a specificare che, nonostante il suo rafforzamento relativo, non si può paragonare l’organizzazione nel suo stato attuale a quella che ha compiuto la strage del 7 ottobre.
“Non c’è dubbio che Hamas abbia subito delle grandissime perdite”, ribadisce l’esperto. “I suoi più grandi leader sono stati eliminati, le sue infrastrutture sono state distrutte, così come parte dei suoi tunnel e gran parte delle sue armi. Quando parlo della sua riorganizzazione, non intendo dire che Hamas ha riconquistato ciò che ha perso, poiché per quello ci vorranno altri 20 anni, ma dico che l’organizzazione terroristica ha recuperate quel minimo di forze necessarie per tornare a combattere“.
Per quanto riguarda la strategia di Hamas, Alon Eviatar ritiene che l’organizzazione terroristica stia cercando di cambiare la natura stessa delle sue operazioni così da riuscire a sorprendere le forze dell’IDF che operano nell’area. “Sappiamo con certezza che Hamas ha posizionato centinaia di mine e di esplosivi nelle diverse aree di conflitto, con il fine di ostacolare l’avanzamento dei soldati israeliani”, spiega. “Di fatto, l’IDF si troverà presto di fronte a un dispiegamento di esplosivi diverso rispetto a quello che conosceva fino a due mesi fa”.
Un altro aspetto cruciale circa il rafforzamento di Hamas a Gaza, è quello finanziario. “Hamas, durante tutto il periodo di tregua, è riuscito a guadagnare moltissimi soldi“, sostiene Eviatar. “Ha guadagnato dall’ingresso di materiali e di merci all’intero della Striscia. Il mercato nero, naturalmente, ha un impatto molto forte sull’economia di Hamas, poiché produce dividendi eccellenti senza lasciare tracce. Secondo le mie stime, l’organizzazione terroristica di Gaza ha guadagnato nell’ultimo anno oltre un miliardo di dollari solo dalle tasse, dalla confisca di merci e dal mercato nero”.
La più grande difficoltà che Hamas ha riscontrato nell’ultimo anno, e che sembra non aver ancora risolto, è la definizione della sua nuova leadership. “Da quando Yahya Sinwar è stato eliminato, il controllo sul movimento, e soprattutto le posizioni circa la questione relative agli ostaggi, ha subito un lento processo di decentramento”, spiega Eviatar. “Non c’è più una sola persona che decide tutto, non c’è più una figura di spicco come Sinwar, e quando il potere viene diviso da più persone – vige il caos. Tuttavia, ritengo importante specificare che ciò non significa affatto che i nuovi leaders dell’organizzazione siano meno pericolosi dei precedenti. Anzi, considerati gli ultimi sviluppi, la guerra di sopravvivenza che combatte Israele, potrebbe presto rivelarsi essere ancora più complessa di quanto sia stata fino a oggi”.
Foto in alto: Alon Eviatar (screenshot da i24news)