Lo scandalo della black-list Onu che colpisce le aziende israeliane

Israele

di Paolo Castellano
Il Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (UNHRC) ha pubblicato una lista di 112 aziende che non rispetterebbero i basilari diritti dei lavoratori. L’organo internazionale ha rilasciato il database il 12 febbraio. La lista ha destato molte critiche perché contiene in prevalenza nomi di aziende israeliane che operano negli insediamenti della Cisgiordania. Viene giudicata severamente la semplice “delocalizzazione” nei territori dell’ANP – invece di valutare positivamente il fatto che questo offre possibilità di lavoro ai palestinesi. Il lavoro minorile nel Sud-Est asiatico? I bambini schiavi legati ai telai in Afghanistan e Pakistan? Gli operai senza diritti in Cina o in Corea del Nord? Per l’UNHRC semplicemente non esistono. Un vero scandalo, che priva di qualunque attenzione chi avrebbe veramente bisogno di essere tutelato dalle Nazioni Unite.

Come si legge nel documento, le imprese commerciali inserite nella lista hanno “sollevato particolari preoccupazioni in materia di diritti umani”. Nella black-list ONU compaiono società israeliane attive nei settori più disparati: banche, imprese edili, compagnie high-tech e così via. Non si salvano nemmeno famose e importanti multinazionali che lavorano direttamente o indirettamente – tramite licenze o quant’altro – in Cisgiordania. Vengono citate nell’elenco Airbnb, Expedia, Tripadvisor, Motorola, Egis Rail e JC Bamford Excavators.  Escludendo le società israeliane: 6 aziende hanno la propria sede negli Stati Uniti, 4 nei Paesi Bassi, 3 nel Regno Unito, 3 in Francia, 1 in Lussemburgo e 1 in Thailandia. Insomma, Israele “batte” Resto del Mondo 94 a 18. Semplicemente ridicolo.

Come riporta The Times of Israel, il ministro degli Esteri d’Israele Israel Katz ha commentato immediatamente la presa di posizione dell’ONU: «L’annuncio del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite sulla lista nera delle aziende commerciali è una vergognosa resa alle pressioni di quei paesi e organizzazioni che vogliono ferire Israele. Anche quando la maggior parte degli Stati internazionali ha rifiutato di prender parte a questa strategia politica».

Allo stesso tempo l’associazione americana pro Israele AIPAC fa eco alle parole del ministro: «Condanniamo fermamente l’approvazione di una lista nera da parte dell’UNHRC che potrebbe essere utilizzata per suscitare azioni discriminatorie nei confronti di Israele. Questa black-list è chiaramente progettata per colpire le aziende americane e israeliane con un boicottaggio o iniziative di condanna». L’AIPAC ha sostenuto che il database ONU sia la risposta palestinese al piano di pace proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nelle scorse settimane. «Questo è l’ultimo episodio di una serie di attacchi contro Israele da parte delle Nazioni Unite e dalle sue agenzie. Invece che sostenere un boicottaggio discriminatorio, l’ONU dovrebbero convincere gli esponenti politici palestinesi a ripristinare i negoziati con Israele per raggiungere la pace e la riconciliazione», ha dichiarato in una nota l’AIPAC diffusa dal sito d’informazione Israel National News.

Dure anche le reazioni dall’Italia. L’ambasciatore Dror Eydar ha criticato fortemente la lista nera diramata dalla Commissione per i Diritti Umani sulla sua pagina Facebook: «La black-list pubblicata dalla Commissione per i Diritti Umani è una barzelletta priva di ogni credibilità. Si basa su informazioni discutibili, raccolte da ONG antisraeliane e antisemite. La Commissione, se ne avesse la possibilità, metterebbe l’intero Stato di Israele in una lista nera, o gialla come una volta».

Altri diritti umani calpestati e ignorati dall’ONU

Per onore della verità, segnaliamo alcuni fatti di diritti umani calpestati in vari Paesi del mondo, omessi dalla Commissione dell’Onu. (Fonte: rapporto dell’Osservatorio dei diritti umani).

2019 – BANGLADESH – Dhaka, donne abusate in Arabia saudita denunciano le torture – Da gennaio ad agosto 2019 almeno 850 lavoratrici sono riuscite a scappare dal regno saudita. Tra il 2016 e il 2019 il Bangladesh ha riaccolto le salme di 311 donne. La storia di Nazma, uccisa perché si ribellava agli stupri.

2019 – PAKISTAN -Domestiche cristiane abusate, arrestate e torturate. Attivisti chiedono giustizia – Saima Niaz (20 anni) e Suneha Mushtaq (11) sono accusate di furto dal loro datore di lavoro. Dalla polizia molestie sessuali, insulti e acqua bollente per estorcere una confessione. Le ragazze hanno trascorso 13 giorni in carcere senza accuse formali.

2019 – INDIA – Il lavoro di 20mila bambini dietro il luccichio dei cosmetici
L’India è il più grande produttore al mondo della mica, utilizzata in cosmetica e nella produzione di vernici. Nella Giornata mondiale contro il lavoro minorile, il People’s Vigilance Committee on Human Rights presenta un reportage sulle miniere del Bihar e Jharkhand.

2019 – UZBEKISTAN  L’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) delle Nazioni Unite evidenzia che nel 2018 per la prima volta c’è stato un crollo della manodopera forzata nei campi di cotone in Uzbekistan. Tuttavia i suoi risultati sono contestati dagli attivisti di Cotton Campaign, che da anni denunciano le condizioni di lavoro forzato cui è costretta la popolazione – compresi medici e insegnanti – pur di far fiorire l’industria più remunerativa del Paese.

2018 – QATAR –La nuova legge prevede un massimo di 10 ore giornaliere, pagamenti mensili e giorni di pausa. Nel Paese, vi sono 100mila domestiche straniere. Esse vengono spesso trattate come schiave: 100 ore di lavoro settimanale, abusi e trattenute di stipendio e passaporto. In vista dei Mondiali del 2022 crescono le pressioni su Doha.

2018 – SINGAPORE – Domestiche indonesiane ‘in vendita’ su internet: agenzia incriminata
Gli annunci pubblicati sul sito Carousell hanno scatenato un’ondata di polemiche e indignazione anche in Indonesia. Il ministero singaporiano del Lavoro ha presentato un totale di 243 denunce alla compagnia e al dipendente responsabile delle inserzioni. La città-Stato ospita circa 250mila donne di servizio, per lo più provenienti da Indonesia, Filippine e Myanmar.

2017 – ASIA E AFRICA – Più di 40 milioni di “schiavi moderni” e circa 152 milioni di bambini impiegati come lavoratori forzati. È il fosco scenario delineato dagli ultimi due rapporti, diffusi oggi, stilati dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), in collaborazione con Walk Free Foundation e con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Secondo gli esperti, nel 2016 almeno 40,3 milioni di persone sono state rese schiave da lavoro forzato, sfruttamento sessuale o negli impieghi domestici. Per quanto riguarda i minori – tra i 5 e i 17 anni – costretti a lavorare, il numero maggiore si trova in Africa (72,1 milioni), seguito dalla regione Asia-Pacifico (62 milioni). Dura è la denuncia contenuta nel testo: “I lavoratori forzati producono il cibo che mangiamo e i vestiti che indossiamo. Puliscono gli edifici in cui viviamo e lavoriamo”.

Per la prima volta, nello studio rientrano anche i matrimoni forzati, molto diffusi nei Paesi dell’Asia meridionale a maggioranza islamica. Le stime – di sicuro al ribasso per la difficoltà di verificare le effettive condizioni delle donne – riportano che 15,4 milioni di persone sono state obbligate a contrarre matrimonio contro la propria volontà. Di queste, più di un terzo delle vittime (in maggioranza bambine) erano minorenni al momento della celebrazione delle nozze.

Tra le vittime, le più colpite sono proprio donne e ragazze: tre ogni quattro, per un totale di 29 milioni (71%). Le indagini evidenziano che il 99% delle donne vengono impiegate nel mercato del sesso, e l’84% di queste sono state anche forzate a sposare il proprio aguzzino.

2018 – KUWAIT  Stop ai nostri lavoratori in Kuwait. Abusati e maltrattati’. Sette lavoratori filippini sono morti in circostanze misteriose. “Situazione non più accettabile”. Vi sono oltre 250mila filippini in Kuwait, la maggioranza dei quali è impiegata come personale di servizio. Oltre 2,3 milioni di filippini sono registrati come lavoratori all’estero. Essi inviano a casa ogni mese più di 1,6 miliardi di euro

2017 – TURCHIA – Ankara, due milioni di giovani vittime del lavoro minorile. Anche profughi siriani
Il 78% viene impiegato in modo “clandestino”, senza diritti né tutela sanitaria, risarcimenti per infortunio. Almeno 56 i minori morti lo scorso anno in incidenti sul lavoro, ma sono stime al ribasso. L’aumento del numero di bambini sfruttati legato alla “crescita significativa” della povertà minorile. Profughi minori siriani utilizzati in modo illegale nelle industrie del tessile.

2017 – PAKISTAN – L’Assemblea del Sindh dichiara che è reato impiegare bambini al di sotto dei 14 anni e pone regole più stringenti per quelli fino a 18. La Costituzione pakistana garantisce l’istruzione obbligatoria e gratuita dai 5 ai 16 anni. Circa 12,5 milioni di bambini costretti a lavorare. “Servono riforme economiche”.

2015 – FILIPPINE – I bambini schiavi nelle miniere d’oro delle Filippine, “un problema culturale da risolvere”

Padre Sebastiano D’Ambra, missionario Pime a Zamboanga, commenta il rapporto dell’Osservatorio dei diritti umani: “Non c’è ancora l’idea che i bambini devono andare a scuola”. Sono almeno 18mila i ragazzi utilizzati nella ricerca dell’oro, di cui le Filippine sono il 20mo produttore mondiale. “Spiace dirlo, ma a volte sono le famiglie povere a vendere i figli”.