Per Hassan Nasrallah, il leader dell’organizzazione era un atto dovuto, una ritorsione contro le operazioni militari israeliani dirette verso diversi paesi che orbitano attorno alla galassia iraniana: Libano, Siria e Iraq. Per il momento Nasrallah è riuscito a salvare l’onore senza complicarsi troppo la vita e lasciandosi un ampio margine di azione per il futuro.  Ci sarà sempre tempo per lavare l’onta come vorrebbe, la frase d’ordine in situazioni analoghe è sempre la stessa: “colpiremo nel posto e nel momento giusto, secondo la nostra discrezione”.

Tutte le intelligence militari dei paesi occidentali sono concordi nel definire Nasrallah un narcisista. I suoi comizi in effetti possono apparire come una “stand up” televisiva, proclami e battute ironiche si accavallano l’una dietro l’altra per la gioia dei suoi estimatori. E’ un personaggio istrionico ma terribilmente serio nelle sue intenzioni, e non andrebbe mai preso sottogamba.

Ma con tutto il rispetto dovuto al leader del “partito di Dio” chi va tenuto particolarmente d’occhio è l’Iran. Il paese degli Ayatollah sta attraversando un momento estremamente delicato, i segnali sono ancora deboli, ma esiste una concreta possibilità che Trump possa intraprendere dei colloqui diretti con Khamenei, l’attuale guida spirituale iraniana, una mossa paragonabile ai negoziati aperti con la corea del Nord.

Uno spiraglio del genere impedirebbe alla leadership del paese sciita di alzare il livello di tensione al confine settentrionale israeliano. L’economia iraniana è sempre più stremata dall’embargo economico nei suoi confronti e Khamenei sa perfettamente che la soluzione passa inesorabilmente attraverso un accordo col presidente statunitense.

Nonostante gli alti momenti di tensione di questo pomeriggio. Il fragile equilibrio fra Hezbollah e Israele ha retto, ma Gerusalemme non si fa troppe illusioni e continua a cercare di prevenire le mosse avversarie. Anche Nasrallah sa che non può tirare troppo la corda, il sud del Libano, regione quasi completamente sciita, sta attraversando un grande momento di prosperità economica e la popolazione è ben lontana dal volere impantanarsi in un altro sanguinoso e doloroso conflitto come quello del 2006.

Da questo punto di vista Nasrallah si trova fra l’incudine e il martello: deve contemporaneamente dimostrare il suo patriottismo libanese ma non deludere il suo sponsor iraniano che da decenni lo foraggia e lo sotiene politicamente ed economicamente.