di Redazione
L’anziano 85enne era stato rapito il 7 ottobre direttamente dalla sua abitazione nel kibbutz. Legato e trascinato via dai terroristi, ha vissuto gli ultimi momenti della sua vita nelle mani dei suoi rapitori. Sua moglie, Mazal, ha implorato per la sua vita ed è riuscita a fuggire.
Israele si è fermato domenica 2 marzo per dare l’ultimo saluto a Shlomo Mansour (detto anche “Mantzur”), il più anziano tra gli ostaggi israeliani sequestrati da Hamas e poi brutalmente assassinato. Il suo corteo funebre, diretto al kibbutz Kissufim, è stato accompagnato da migliaia di persone che hanno sventolato bandiere israeliane e gialle, simbolo della speranza per il ritorno degli ostaggi ancora prigionieri a Gaza.
L’anziano 85enne era stato rapito il 7 ottobre direttamente dalla sua abitazione nel kibbutz. Legato e trascinato via dai terroristi, ha vissuto gli ultimi momenti della sua vita nelle mani dei suoi rapitori. Sua moglie, Mazal, ha implorato per la sua vita ed è riuscita a fuggire. La donna ha raccontato che Shlomo è stato rapito in pigiama dopo che i terroristi hanno aperto il fuoco sulla porta della stanza di sicurezza della loro casa al kibbutz. Solo due settimane fa, l’IDF ha confermato ufficialmente alla comunità che il corpo di Shlomo era stato portato a Gaza e che la sua morte risaliva al giorno stesso del suo rapimento.
Mansour, originario di Baghdad sopravvissuto al pogrom di Farhud nel 1941 durante la festa ebraica di Shavuot, si trasferì in Israele all’età di 13 anni. Fu tra i fondatori di Kissufim, dove lavorò per anni nel pollaio e in una fabbrica di occhiali, e imparò la falegnameria come hobby.
La notizia del ritrovamento del corpo ha infranto il fragile filo di speranza che ancora teneva sospesa la sua famiglia. Cinque figli, dodici nipoti e una comunità intera hanno pianto il suo destino crudele. Hadassah Lazar, sua sorella, ha espresso il dolore con parole cariche di rabbia e disperazione: «Niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere. È straziante che dobbiamo trovare conforto nel poter almeno seppellire i suoi resti».
Il kibbutz Kissufim lo ha ricordato come una figura centrale della comunità, un uomo gentile, sempre pronto a condividere calore e affetto con chiunque lo circondasse.
«Shlomo era il cuore pulsante della nostra comunità, il nonno di tutti. Non dimenticava mai un compleanno, era un pilastro di amore e presenza. Il suo ricordo sarà per sempre con noi». Un addio carico di dolore, ma anche di unità. Mentre il corteo funebre avanzava, il popolo israeliano ha dimostrato che Shlomo Mansour non sarà mai dimenticato. Possa il suo ricordo essere una benedizione.
Nella foto: Shlomo Mansour con la moglie Mazal (Forum delle famiglie degli ostaggi)