7000 cittadini manifestano a Herzliya in difesa della democrazia, 75.000 in tutto il Paese

Israele

di Alberto Corcos
HERZLIYA – La manifestazione di stasera 11 febbraio, per il sesto sabato consecutivo, nella piazza del Comune di Herzliya ha visto circa settemila persone di ogni tendenza politica e religiosa, esprimere con dolore il profondo dissenso per la “riforma” di Nethaniahu-Levin che da lunedì sovvertirà l’ordinamento democratico dello Stato d’Israele.

Lo stesso Stato che fin da bambini abbiamo amato e che talvolta abbiamo scelto come nuova casa, malgrado le difficoltà, per vivere da popolo libero in terra d’Israele, con un’anima ebraica, garante dei diritti democratici di tutti, senza distinzioni, ma che da lunedì non esisterà più.

64 parlamentari, raccattati fra partiti marginali, ultraortodossi, messianici, razzisti, antisionisti (!!), animati da interessi personali e non dal bene del Paese, voteranno una configurazione giuridica che vedrà accentrare sul Primo Ministro e il suo governo le nomine e il licenziamento dei giudici, il diritto di ignorare le censure della Alta Corte di Giustizia (Costituzionale), annullando così la separazione dei poteri fra legislativo, esecutivo e giudiziario, pilastro delle democrazie occidentali.

Non basta, un ministro (il meno qualificato a detta dei media) comanda la Polizia e la Guardia di frontiera, creando di fatto una polizia politica. Un parlamentare, unico eletto del suo partitino, Avi Maoz (ultraortodosso, razzista e omofobo), e non degli esperti in pedagogia, deciderà i programmi educativi nelle scuole.  Le donne saranno escluse da posizioni pubbliche di responsabilità, si parla anche di istituire corsi universitari separati fra uomini e donne, nonché di politiche discriminatorie in base all’orientamento sessuale. La riforma punta a controllare l’informazione televisiva, internet e cartacea. Insomma, un misto di Polonia, Ungheria e, in prospettiva, di Iran.

È una prospettiva che ha dell’incredibile, ma che inizierà, passo dopo passo, da lunedì 12 febbraio, vale a dire da quando il governo di Benjamin Nethaniahu approverà in due fasi, una serie di leggi. Queste avranno l’obiettivo di licenziare i giudici del suo processo penale (con tre incriminazioni), di reintegrare il pregiudicato e recidivo Arieh Deri (presidente di Shas, 8 seggi, partito ultraortodosso sefardita), d’insabbiare le indagini in corso sugli abusi edilizi del Rav Goldknopf (presidente della coalizione ultraortodossa askenazita UJT, 7 seggi, antisionisti e rifiutano il reclutamento). Ormai la religione serve a molti politici come copertura per il malaffare.

Nel governo di Nethaniahu un manipolo di galantuomini: il ministro per la Sicurezza Nazionale è Itamar Ben Gvir (6 seggi): uomo di destra radicale che non ha neanche prestato il servizio militare. Ben Gvir che minacciò Rabin poco prima dell’attentato, festeggiò l’ictus dell’ex primo ministro Ariel Sharon, dopo aver rovesciato delle bancarelle arabe per essere filmato, fu fermato dalla polizia e così per oltre 50 volte, fu condannato per sostenere un’organizzazione terroristica, incitato il razzismo e si è dichiarato allievo dell’omicida Baruch Goldstein che uccise a sangue freddo un gruppo di mussulmani in preghiera. Ma non basta, tra i parlamentari storici del Likud ci sono David Bitan, in attesa di processo per corruzione, riciclaggio, abuso d’ufficio, truffa; e Haim Katz già condannato per truffa.

Tutto fa brodo per Bibi, basta arrivare a 64 seggi e tirarsi fuori “legalmente” dai processi penali.

A fronte di tutto questo drammatico sfascio, il paese civile e democratico ha scelto una lotta non-violenta e unitaria. Ben Gvir ha chiamato questi manifestanti “anarchici” e una risata l’ha sepolto. Partecipano attivamente, infatti, alti ufficiali in congedo sia dell’esercito e piloti dell’aviazione, sia dei vari Servizi (Aman, Shabak e Mossad), poi funzionari, medici e infermieri, manager e imprenditori, in particolare tutta la Hi-tech. Ben 56 economisti indipendenti, fra cui un premio Nobel e un Premio Israele (una sorta di Nobel nazionale) sono gli esperti che hanno previsto gravissime ripercussioni economiche in caso di approvazione della c.d. “riforma”. E ancora docenti universitari, avvocati e poi, decine di migliaia di cittadini che vogliono difendere Israele, la sua economia, la sua democrazia con i suoi valori e un solo manifesto: i principi della Dichiarazione d’Indipendenza dello Stato d’Israele del 1948, che il golpe bianco di Nethaniahu cercherà di cancellare.

Martedì ci sarà una grande manifestazione a Gerusalemme e uno sciopero generale, ossia le armi non-violente della Democrazia.

Per chi non ci può credere, legga www.jpost.com , https://www.ynetnews.com/category/3083 , www.timesofisrael.com