Attualità e news

Voci silenziate. I giornalisti sotto attacco dei propal

Mondo

di Nathan Greppi
Aggrediti fisicamente o zittiti in eventi pubblici perché ebrei, israeliani o semplicemente sostenitori di Israele: sono molti i giornalisti del mondo che subiscono episodi di violenza perché non allineati con la narrativa pro-pal. Attacchi che arrivano anche a colpire i loro figli.

ebrei iracheni sulla nave Ophir in Yemen (Fonte foto: NLI)

Gli Altri Profughi: riemerge la voce dell’esodo dimenticato dai Paesi Arabi

Personaggi e Storie
 di Anna Balestrieri (Gerusalemme)

Alla Biblioteca Nazionale d’Israele, il 30 novembre 2025 storie a lungo rimaste nell’ombra troveranno finalmente la loro voce. Gli Altri Profughi – Le storie non raccontate degli ebrei sefarditi e mizrahi è molto più di un evento: è un ritorno a casa per le memorie, le voci e il patrimonio di intere comunità sradicate dai paesi arabi e dall’Iran.

Italia, Ucraina, Israele: il lungo viaggio di Giulia Schiff

Personaggi e Storie

di Nathan Greppi
Nell’aprile 2018, la giovane era un’allieva dell’Aeronautica Militare Italiana, ma è stata vittima di violenza da compagni di corso, in un presunto “rito di iniziazione”.  Partita volontaria a combattere in Ucraina, dove ha conosciuto e sposato un soldato ebreo israelo-ucraino, Victor Frydman, oggi vive in Israele al confine con Gaza. Qui il suo racconto del viaggio che dal Veneto l’ha portata sui due fronti di guerra più dibattuti del nostro tempo.

Dal Nepal all’America: le vittime di Hamas del 7 ottobre dimenticate dal racconto mediatico

Personaggi e Storie

di Nina Deutsch
Dal Nepal al Brasile, dal Sudan alla Thailandia, dall’Europa all’America: il massacro di Hamas ha colpito un mosaico di studenti, migranti, professionisti e lavoratori provenienti da tutto il mondo, inclusi arabi e beduini israeliani. Un caleidoscopio di vite spezzate, storie invisibili che il dibattito pubblico ha ignorato, cancellando sogni e biografie. Un’umanità che Israele, estremamente variegata sul piano etnoculturale e religioso, ospitava e che la violenza ha annientato. (da sinistra, Joshua Moitu Mollel e il tailandese Sudthisak Rinthalak)

 

«Le vittime del 7 ottobre che il mondo ha scelto di ignorare». È questo il titolo, asciutto e amaro, dell’articolo pubblicato su  The Jewish News a firma di Gary Cohen che riporta all’attenzione un aspetto rimasto ai margini del racconto mediatico. Un titolo che spalanca uno squarcio su una dimensione per lo più ignorata: la pluralità umana che il massacro di Hamas ha travolto.

Una pluralità che racconta cos’è davvero Israele – non soltanto un Paese, ma uno specchio del mondo. Una società intrecciata e multietnica, attraversata dalle storie di studenti, ricercatori, lavoratori migranti, caregiver, agronomi, persone in cerca di un’occasione. E sono proprio queste vite, venute «per costruirsi un futuro migliore», a essere state cancellate da una violenza che nulla aveva di politico, rivoluzionario o liberatorio.

Molti di loro provenivano da Paesi che gli stessi attivisti occidentali evocano quando parlano di “Sud globale”: Thailandia, Nepal, Tanzania, Filippine, Sri Lanka, Cambogia. Raccoglievano frutta nei campi, assistevano anziani, studiavano tecniche agricole per riportarle a casa e migliorare la propria comunità. «Avevano nomi che in Occidente molti faticherebbero perfino a pronunciare», scrive Cohen. Eppure le loro storie parlano a tutti – e dicono qualcosa anche su chi, oggi, sceglie di ignorarle.

Tanzania – Il silenzio sugli alberi del Kibbutz

Clemence Felix Mtenga, 22 anni, era arrivato al Kibbutz Nir Oz da appena tre settimane. Partecipava a un programma agricolo pensato per aiutare giovani tanzaniani a sottrarre le proprie famiglie alla povertà. Il 7 ottobre è stato ucciso, il corpo ritrovato solo dopo quarantuno giorni. Sulla sua tomba, in Tanzania, è inciso un versetto scelto dal padre, tratto dal Deuteronomio: «L’albero del campo è forse un uomo, perché tu lo assedi?». Una domanda che pesa come un macigno sul presente.

A pochi chilometri da lì, un altro giovane tanzaniano, Joshua Loitu Mollel, 21 anni, arrivato al Kibbutz Nahal Oz per imparare l’irrigazione a goccia appena 19 giorni prima dell’attacco, è stato massacrato. I terroristi hanno filmato la sua esecuzione e diffuso il video online; Human Rights Watch ne ha verificato l’autenticità. Il suo corpo è stato trascinato a Gaza e restituito soltanto nel novembre 2025. Anche questa è una parte della verità che molti preferiscono non vedere.

Thailandia – Lavoratori invisibili anche da morti

Dopo gli israeliani, i thailandesi rappresentano il gruppo più numeroso di vittime straniere: stando ai dati citati da HRW, trentadue thailandesi sono stati assassinati, di cui dodici giustiziati nel kibbutz Alumim, situato nel deserto del Negev nord-occidentale, nel sud di Israele. In tutto i morti sono una quarantina, ventidue i rapiti e diciannove i feriti. Il corpo di uno di loro, Sudthisak Rinthalak (a destra nella foto), è ancora a Gaza.

In un filmato presentato all’ONU, un terrorista di Hamas decapita un bracciante thailandese con una zappa, urlando “Allah hu Akbar”: era un lavoratore migrante che mandava soldi a casa; un semplice lavoratore brutalmente decapitato davanti alle telecamere.

Nepal – Il coraggio nel dormitorio assediato

Anche diciassette studenti nepalesi di agricoltura si trovavano al Kibbutz Alumim. Erano venuti per imparare le nuove tecniche moderne e tornare a casa con nuove competenze. All’alba, Hamas ha lanciato granate contro il loro dormitorio. Dieci morti, sei feriti, uno rapito: Bipin Joshi, 23 anni. Prima di essere catturato, ha afferrato una granata e l’ha rilanciata fuori, salvando i suoi compagni. Un ragazzo dotato di grandissimo coraggio e di generosità che merita di essere onorato e ricordato. Bipin è stato ucciso in prigionia dopo essere stato filmato da Hamas. La sua salma è rientrata in Nepal avvolta nella bandiera del Paese. Un ritorno che non ha lenito il dolore dei familiari, rimasti con un’unica, straziante domanda: perché?

Cambogia – Uno studente qualunque, in un mattino qualunque

Chan Oudom, studente di veterinaria, è morto sul colpo nel suo appartamento colpito dai razzi il 7 ottobre. Era uno dei 400 cambogiani in Israele per tirocinio presso il kibbutz Holit, nella regione di Hevel Shalom, nel sud-ovest di Israele. Il giovane ha partecipato a un programma ufficiale gestito in collaborazione con centri di formazione come “Agrostudies” e MASHAV, l’Agenzia israeliana per la cooperazione allo sviluppo internazionale. Il re e il primo ministro della Cambogia hanno inviato le condoglianze ufficiali. In Occidente, il suo nome non l’ha ricordato quasi nessuno.

Le badanti – L’ultimo gesto, restare accanto ai fragili

Nel kibbutz Be’eri e in altri villaggi, alcune caregiver straniere hanno compiuto un gesto di puro eroismo: non abbandonare gli anziani affidati alle loro cure. Grace Cabrera, Paul Vincent Castalvi, Anola Ratanika, Sujit Yatawara, Angelyn Aguirre: molte di loro sono morte stringendo porte, proteggendo persone non autosufficienti, opponendosi a una ferocia che non lasciava scampo. «Non facevano parte di questo conflitto. Ci sono stati trascinati dentro», ha detto il direttore del kibbutz Be’eri.

Arabi e beduini israeliani, massacrati da Hamas che non ha chiesto passaporti

Per Hamas la “liberazione” non riguarda i fratelli arabi in Israele che sono stati uccisi senza pietà: paramedici, lavoratori, intere famiglie. Come il 23enne Awad Darawshe, un paramedico arabo-israeliano, colpito mentre soccorreva i feriti al festival Nova. O la famiglia beduina Ziyadne, rapita quasi al completo. O la neonata Naama Abu Rashed, ferita nel grembo materno e vissuta solo quattordici ore.

ProPal che ignorano i loro fratelli uccisi da Hamas

Chi nelle piazze occidentali parla di oppressi e oppressori, di giustizia globale e di solidarietà internazionale, sembra dimenticare che tra le vittime del 7 ottobre c’erano persone che incarnano proprio quelle categorie: neri africani, studenti del Sud del mondo, donne migranti, lavoratori poveri. Eppure, queste vite sono scomparse dal racconto pubblico. «L’intersezionalità funziona solo quando le vittime servono alla narrazione», osserva amaramente Cohen.

La realtà, conferma Human Rights Watch, è che il 7 ottobre è stato «un attacco sistematico contro civili». Joshua, Clemence, Bipin, Grace, Awad, Naama e tutti gli altri non sono morti per errore, non sono “danni collaterali”, non sono simboli da usare a piacimento. Sono persone a cui è stato strappato il futuro. Raccontare i loro nomi è il minimo che possiamo fare. Perché – come conclude Cohen – «se non siete indignati, siete complici».

Keith e Aviva Siegel alle Naizoni Unite a Ginevra

Ex ostaggi di Hamas danno una testimonianza agghiacciante alle Nazioni Unite

Personaggi e Storie

di Nina Prenda
I due coniugi, tenuti prigionieri da Hamas, sono comparsi davanti al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti (UNCAT) a Ginevra mercoledì 12 novembre 2025, fornendo testimonianze strazianti sull’umiliazione, la violenza e gli abusi sessuali che loro e altri ostaggi hanno subito in cattività.

Tensione in Europa League: 11 arresti fuori da Villa Park per la partita Maccabi-Aston Villa

Mondo

di Pietro Baragiola
La partita di UEFA Europa League tra Aston Villa e Maccabi Tel Aviv è stata accompagnata, giovedì 6 novembre, da un forte clima di tensione fuori dallo stadio Villa Park di Birmingham. Mentre la squadra israeliana subiva una sconfitta per 2-0, ai suoi tifosi è stato vietato l’accesso allo stadio per motivi di sicurezza, scatenando numerose polemiche e proteste.

Voci italiane dal Congresso Sionista Mondiale

Israele

di Nathan Greppi
Sono più di 40 i paesi rappresentati dalle centinaia di delegati che hanno partecipato al 39° Congresso Sionista Mondiale, tenutosi a Gerusalemme dal 28 al 30 ottobre. Un evento che si tiene ogni cinque anni, in continuità diretta con il Primo Congresso Sionista del 1897

“Ci ha chiamato ebrei con disprezzo e ha fatto il gesto di sputarci”: la denuncia della scrittrice israeliana Michal Govrin contro una guardia svizzera in Vaticano

Mondo

di Nina Prenda
L’episodio è avvenuto all’ingresso dell’Arco delle Campane. Quella mattina l’udienza era dedicata all’anniversario di Nostra Aetate e la piazza era piena di rappresentanti delle altre religioni, con una folta rappresentanza ebraica. il portavoce della Guardia svizzera pontificia, il caporale Eliah Cinotti, conferma: “È stata avviata una indagine interna”.

Il funerale di Lior Rudaeff al Kibbutz Nir Yitzhak

Israele riporta a casa le salme di tre ostaggi: Lior Rudaeff, Hadar Goldin e Joshua Loitu Mollel. Restano ancora quattro corpi a Gaza

Israele

di Anna Balestrieri (Gerusalemme)
Dopo più di due anni di guerra e di estenuanti negoziati, Israele ha recuperato le salme di tre ostaggi simbolo del lungo conflitto con Hamas e la Jihad Islamica: Lior Rudaeff, ucciso il 7 ottobre 2023 durante l’attacco a Nir Yitzhak; Hadar Goldin, caduto e rapito durante la guerra del 2014; e Joshua Loitu Mollel, cittadino tanzaniano rapito nel kibbutz Nahal Oz.