Parasha

Parashat Shofetim. L’importanza della saggezza e dello studio della Torah per un leader

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò

La parashà di Shofetim è la fonte classica dei tre tipi di leadership nel giudaismo, chiamati dai Saggi le “tre corone”: quella del sacerdozio, quella della regalità e quella della Torah.

Il potere, nell’arena umana, va diviso e distribuito, non concentrato in una sola persona o in un solo ufficio. Nella storia del popolo d’Israele biblico c’erano Re, Sacerdoti e Profeti. I re avevano potere secolare o governativo. I sacerdoti erano i capi nel dominio religioso, presiedevano al servizio nel tempio e ad altri riti, e prendevano decisioni su questioni che avevano a che fare con la santità e la purezza. I profeti furono incaricati da Dio di essere critici nei confronti della corruzione del potere e di richiamare le persone alla loro vocazione religiosa, ogni volta che se ne allontanavano.

La nostra parashà si occupa di tutti e tre i ruoli. Indubbiamente, però, la sezione che attira di più l’attenzione è quella sui re, per molte ragioni.

Primo, questo è l’unico comandamento nella Torah che porta con sé la spiegazione, che questo è ciò che fanno gli altri: “Quando entrerai nel paese che il Signore tuo Dio ti sta per dare e ne prenderai possesso e ci abiterai, dovessi dire: “Voglio nominare sopra di me un Re come tutte le nazioni che mi circondano…”(Devarim 17,14). Normalmente, nella Torah, agli Israeliti viene comandato di essere diversi. Il fatto che questo comando sia un’eccezione è stato sufficiente per segnalare ai commentatori di tutte le epoche, che c’è una certa ambivalenza sull’idea di monarchia nel suo insieme.

In secondo luogo, il passaggio è sorprendentemente negativo. Ci dice cosa un re non deve fare, piuttosto che cosa dovrebbe fare. Non dovrebbe “acquistare un gran numero di cavalli”, o “prendere molte mogli” o “accumulare grandi quantità di argento e oro” (Devarim 17:16-17). Queste sono le tentazioni del potere e, come sappiamo dal resto del Tanach, anche il più grande – lo stesso re Salomone – era vulnerabile ad esse.

Terzo, coerentemente con l’idea giudaica fondamentale che la leadership è servizio, non dominio o potere o status o superiorità, al re è comandato di essere umile: deve leggere costantemente la Torah “in modo che possa imparare a riverire il Signore suo Dio … e non considerarsi migliore dei suoi compagni d’Israele” (Devarim 17,19-20). Non è facile essere umili quando tutti si inchinano davanti a te e quando hai potere di vita e di morte sui tuoi sudditi.

Da qui l’estrema variazione tra i commentatori sul fatto che la monarchia sia una buona istituzione o pericolosa. Maimonide sostiene che la nomina di un re è un obbligo, Ibn Ezra afferma che è permessa, Abarbanel disse che è una concessione e Rabbenu Bachya pensava che la monarchia è una punizione.

C’è, tuttavia, una dimensione positiva ed eccezionalmente importante della regalità. Al re è comandato di studiare costantemente:
“… e lo legga tutti i giorni della sua vita, affinché impari a riverire il Signore suo Dio e segua attentamente tutte le parole di questa legge e di questi decreti e non si consideri migliore dei suoi fratelli d’Israele e si allontani dalla legge a destra o a sinistra. Allora lui e la sua discendenza regneranno a lungo sul suo regno in Israele. (Devarim 17:19-20)

Più tardi nel libro che porta il nome del successore di Mosè, Giosuè, viene comandato in termini molto simili: “Tieni sempre sulle labbra questo Libro della Legge; meditalo giorno e notte, perché tu abbia cura di fare tutto ciò che vi è scritto. Allora sarai prospero e avrai successo. (Giosuè 1:8)

I leader imparano. Questo è il principio in gioco qui. Sì, hanno consiglieri, anziani, una corte interna di saggi e letterati. E sì, i re biblici avevano dei profeti … per portare loro la parola del Signore. Ma coloro i quali sono responsabili del destino della nazione, non possono delegare il compito di pensare, leggere, studiare e ricordare. Non hanno il diritto di dire: ho affari di stato di cui preoccuparmi, quindi non ho tempo per i libri. I leader devono essere studiosi, Bnei Torah, “Figli della Torà”, se devono dirigere e guidare il popolo del Libro.

Visita la casa di David Ben Gurion a Tel Aviv e vedrai che, mentre il piano terra è spartano fino all’austerità, il primo piano è un’unica vasta biblioteca di giornali, periodici e 20.000 libri. Ne aveva altri 4.000 circa nella sua casa nel kibbutz Sde Boker (si trova nel centro del deserto del Negev, la casa è diventata un museo) … Ben Gurion era un lettore vorace oltre che un autore prolifico. … Leggere e scrivere sono ciò che separa lo statista dal semplice politico.

I due più grandi re dell’antico Israele, Davide e Salomone, furono entrambi autori, Davide dei Salmi, Salomone (secondo la tradizione) scrisse il Cantico dei Cantici, Proverbi e Kohelet/Ecclesiaste. La parola chiave biblica associata ai re è chochma, “saggezza”. Salomone in particolare era noto per la sua saggezza: “Quando tutto Israele udì il verdetto che il re aveva emesso, ebbero timore del re, perché videro che aveva la sapienza di Dio per amministrare la giustizia”. (I Re 3:12)

La sapienza di Salomone era più grande della sapienza di tutti i popoli d’Oriente, e più grande di tutta la sapienza d’Egitto… Da tutte le nazioni giungevano uomini per ascoltare la saggezza di Salomone, inviati da tutti i re del mondo, che avevano udito della sua sapienza. (I Re 5:10-14)

Quando la regina di Saba vide tutta la saggezza di Salomone… fu sopraffatta. Disse al re: “Il rapporto che ho sentito nel mio paese sui tuoi successi e sulla tua saggezza è vero. Ma non ho creduto a queste cose, finché non giunta e ho visto con i miei occhi. Anzi, non mi fu raccontata nemmeno la metà di ciò che sei, in saggezza e ricchezza hai superato di gran lunga il resoconto che ho sentito…” Il mondo intero ha cercato udienza da Salomone, per ascoltare la saggezza che Dio aveva messo nel suo cuore. (I Re 10:4-24)

Dovremmo notare che chokhmah, saggezza, significa qualcosa di leggermente diverso da ciò che afferma la Torah, dove è più comunemente associata a sacerdoti e profeti che ai re. Chokhmah include la saggezza mondana che è universale, umana, ed è piuttosto un’eredità speciale degli ebrei e dell’ebraismo. Un Midrash afferma: “Se qualcuno ti dice: “C’è saggezza tra le nazioni del mondo”, credici. Se dicono: “C’è la Torah tra le nazioni del mondo, non crederci.” In termini generali e in termini contemporanei chokhmah si riferisce alle scienze e alle discipline umanistiche – a qualunque cosa ci permetta di vedere l’universo come l’opera di Dio e della persona umana come immagine di Dio. La Torah è la specifica eredità morale e spirituale di Israele.

Il caso di Salomone è particolarmente commovente perché, con tutta la sua saggezza, non seppe evitare le tre tentazioni esposte nella nostra parashà: acquistò un gran numero di cavalli, prese molte mogli e accumulò grandi ricchezze. La saggezza senza Torah non è sufficiente per salvare un leader dalle corruzioni del potere.

Sebbene pochi di noi siano destinati ad essere re, presidenti o primi ministri, c’è in gioco un principio generale. I leader imparano. Leggono. Studiano. Prendono tempo per familiarizzare con il mondo delle idee. Solo così acquisiscono la prospettiva di poter vedere più lontano e più chiaramente degli altri. Essere un leader ebreo significa dedicare del tempo allo studio sia della Torah che della chochma: chochma per capire il mondo così com’è, Torah per capire il mondo come dovrebbe essere. I leader non dovrebbero mai smettere di imparare. È così che crescono e insegnano agli altri a crescere con loro.

Di Rav Jonathan Sacks z”l