Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
Rabbi Jonathan Sacks zz”l insegna che la libertà non è un evento, ma un processo. Pesach ci ha portati fuori dalla schiavitù, ma non ci ha ancora condotti alla piena redenzione. L’ultimo giorno di Pesach, che nella tradizione è associato al miracolo del Keriat Yam Suf – l’apertura del Mar Rosso – rappresenta non la fine della storia, ma un nuovo inizio.
Egli sottolinea come la vera libertà non sia semplicemente liberarsi dalle catene, ma assumersi la responsabilità del proprio destino. Mentre attraversavano il mare, gli israeliti furono chiamati a compiere un atto di fede: “Vayavo’u benei Yisrael betoch hayam bayabasha” – “E i figli di Israele entrarono nel mare sulla terra asciutta”. La libertà richiede il coraggio di entrare nel mare prima che si apra, la fiducia che l’impossibile possa accadere quando camminiamo con Dio.
L’ultimo giorno di Pesach segna la conclusione della nostra uscita dall’Egitto, ma non la fine del nostro viaggio. Insegna che la vera domanda della libertà non è “da cosa siamo stati liberati”, ma “per cosa siamo stati liberati”. La redenzione non è un punto d’arrivo, ma un punto di partenza. Il miracolo dell’apertura del Mar Rosso, commemorato in questo giorno, rappresenta uno dei momenti più spettacolari della nostra storia. Rabbi Sacks sottolinea che i miracoli non cambiano il cuore umano: solo l’impegno quotidiano, la responsabilità, l’etica e la fedeltà a un patto possono farlo. Quando gli Israeliti attraversano il mare, Dio non li teletrasporta all’altra sponda. Devono camminare. Devono fidarsi. Devono agire.
Siamo invitati a vedere in questo episodio un modello di vita: Dio ci libera, ma poi ci chiede di diventare Suoi partner nel costruire un mondo redento. La libertà non è vera se non si traduce in responsabilità – verso Dio, verso noi stessi e soprattutto verso l’altro.
Uno dei messaggi più profondi di Rabbi Sacks è che la libertà non è solo “libertà da” (schiavitù, oppressione, paura), ma è “libertà per” – per prenderci cura del prossimo, per costruire comunità, per dare voce a chi non ha voce. La vera redenzione, dice, si realizza in quando impariamo a guardare al bisogno dell’altro non come un fastidio, ma come una chiamata.
In questo senso, l’ultimo giorno di Pesach apre la porta alla visione messianica – il tempo in cui “non alzeranno più spada nazione contro nazione”, e la giustizia e la compassione saranno le fondamenta del vivere comune. Non possiamo aspettare passivamente la redenzione. Dobbiamo agire per anticiparla. Ogni atto di giustizia, ogni gesto di gentilezza, ogni scelta di responsabilità è un frammento di futuro redento che portiamo nel presente.
La libertà che abbiamo ricevuto uscendo dall’Egitto è il dono di Dio. Ma il modo in cui la useremo – se per noi stessi o anche per gli altri – è la nostra risposta a quel dono. Come dice Rabbi Sacks: “Dio crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi. La libertà è la Sua fiducia in noi, è la responsabilità è il nostro modo di esserne degni.”
(Immagine:( ©Yoram Raanan)