Yom haShoah 2025: la comunità ebraica raccolta in memoria delle vittime

Feste/Eventi

di Ilaria Myr
Una cerimonia molto partecipata quella svoltasi nell’Aula Magna A. Benatoff nella scuola ebraica, in occasione dell’80° anniversario dalla fine della seconda guerra mondiale e della Shoah. Dopo la consueta accensione dei sei lumi in ricordo delle vittime, un monologo teatrale interpretato da Danielle Sasson.

 

«Scalda il cuore vedere così tante persone, che danno valore a Yom haShoah, che non è giorno della memoria. Questo è il nostro giorno del ricordo delle nostre vittime, siamo fra noi: non abbiamo bisogno di giustificare o relativizzare, ma abbiamo bisogno invece di silenzio, intimità, ricordo e commemorazione. Basta retorica, basta accuse. Siamo qui per leggere i nomi delle vittime e dare loro il giusto onore». Così Daniela Dana, presidente dell’Associazione Figli della Shoah, organizzatrice della serata, ha introdotto la cerimonia di Yom haShoah, tenutasi mercoledì 23 aprile nell’Aula Magna Aron Benatoff nella Scuole ebraica.

Davanti a una sala piena, mentre si tenevano i discorsi, scorrevano su uno schermo i nomi dei deportati da Milano e dalla Lombardia. Questa è la modalità assunta per questa cerimonia da dopo il Covid, durante il quale era stato trasmesso online il video con i nomi, e dopo la pandemia si è continuato a proiettarlo durante l’evento alla Scuola ebraica.

Dopo i saluti di Walker Meghnagi, presidente della Comunità, e di Marco Camerini, dirigente scolastico, si è passati all’accensione delle 6 candele da parte di figli, nipoti o parenti di sopravvissuti alla Shoah. Si sono succeduti all’accensione: Davide e Michael Fiano, nipoti di Nedo Fiano, Alberto Belli Paci, figlio di Liliana Segre, e Maya Maggi, figlia di Miriam Linker. Rosanna Bauer, figlia di Goti Bauer, accendendo il quarto lume ha commentato: «Yom haShoah ci ricorda che la memoria è un dovere, ci dovrebbe ricordare che ci si deve opporre all’odio e alla discriminazione. Ma oggi è difficile crederlo». Durante l’accensione, Eugenio Schek, in rappresentanza della moglie Nina Szulc, figlia di sopravvissuti, ha ricordato come nella famiglia della suocera siano stati assassinati durante la Shoah ben 180 membri. Infine, hanno acceso l’ultima candela Franca ed Elena Morpurgo, in memoria della nonna Margherita Hanau, madre del padre Gualtiero, deportata dal Binario 21 il 30 gennaio 44.

I sei lumi accesi in memoria delle vittime della Shoah

La parola è poi passata a Rav Alfonso Arbib, che ha riflettuto su come Yom haShoah capiti in un periodo particolare dell’anno ebraico, dopo Pesach, prima di Shavuot, prima di Yom haZikaron e Yom haAzmaut. «È un periodo di lutto, in cui sono capitati alcuni fatti tragici nella storia ebraica, oggi dimenticati – ha spiegato -. Un primo esempio è la morte di 24000 studenti di rabbi Akiva proprio durante questo periodo dell’Omer. L’altro è accaduto nell’estate del 1095 e rappresenta la prima grande persecuzione antiebraica in Europa, durante la prima crociata: prima di andare al santo Sepolcro, i crociati commettono un massacro di ebrei nella valle del Reno, uccidendo fra le 5.000 e le 10.000 persone. Quell’episodio ha cambiato la vita degli ebrei in Europa».

Parlando poi del presente, Rav Arbib ha sottolineato come stiamo vivendo un periodo molto difficile con un risorgere potente dell’odio antiebraico. Basti pensare che secondo una recente statistica, citata dal rav, in Francia il 60% degli attacchi a sfondo religioso sono contro gli ebrei, che rappresentano però solo l’1% della popolazione francese.

Ma un leit motiv della storia ebraica, disseminata di tragedie, è che dopo ogni tragedia si ricostruisce sempre. «Il popolo ebraico ha sempre affrontato la tragedia e subito dopo ricostruito la propria vita. Uno degli elementi sorprendenti è che dopo shoah ebrei hanno ricostruito loro mondo, a cominciare da questa comunità. Quindi dobbiamo non solo ricordare i nostri morti, ma anche non dimenticarci della nostra capacità di ricostruire».

Alla fine della proiezione dei nomi, sono stati recitati i Salmi 121, 124, 130 e 15.

Un monologo teatrale e musicale tratto da Brecht

La serata si è poi conclusa con un monologo teatrale recitato in modo molto intenso da Danielle Sassoon del testo La moglie ebrea tratto da Terrore e miseria nel Terzo Reich di Bertolt Brecht. A introdurre e accompagnare in maniera molto toccante l’interpretazione, le esecuzioni musicali di Eleonora Zullo al pianoforte e Nicola Di Benedetto al violino.

La moglie ebrea fu scritta da Brecht in esilio, lontano dal suo paese che stava precipitando nell’immane catastrofe della guerra. La storia è ambientata in Germania, verso la fine degli anni Trenta, quando il secondo conflitto mondiale si prepara a esplodere e la follia del nazismo sta già distruggendo l’esistenza di molte persone.