Halakhah, edot, reti sociali: perché a Milano è così difficile il confronto?

Ebraismo

di Rony Hamaui

L’esigenza di uno spazio di discussione sui problemi della Comunità è emersa in varie sedi e occasioni. In questa vigilia pre-elettorale Mosaico offre uno spazio a coloro che abbiano temi da condividere e discutere, o domande da sottoporre ai candidati. Cominciamo con Rony Hamaui che al centro del suo intervento sul futuro della Comunità pone un tema-chiave: quello del confronto e del dialogo fra le diverse componenti della Comunità (e dell’ebraismo).

In un mondo che ha riscoperto l’importanza delle reti sociali (social network), nel determinare la nostra esistenza ed aiutarci ad affrontare i problemi quotidiani, molte piccole Comunità Ebraiche della Diaspora, reti sociali per eccellenza, vivono momenti difficili, che mettono in discussione la loro stessa esistenza. Perché questa crisi? E soprattutto, cosa possiamo fare per superarla?

Naturalmente il processo di laicizzazione che ha caratterizzato il mondo occidentale negli ultimi sessant’anni spiega molte cose. I legami religiosi non paiono più sufficienti a tenere assieme il gruppo. In un contesto di forte integrazione con il resto della società civile le Comunità Ebraiche hanno dovuto competere con altre reti sociali forti quali quella lavorativa, sportiva, culturale, ecc.  Ovviamente in questo contesto i matrimoni misti sono molto aumentati data anche l’assenza di massa critica: siamo troppo pochi e facciamo pochi figli. Oggi sono pochissimi gli ebrei milanesi che non hanno una moglie, madre, figlio, fratello o nipote non ebreo.

Impreparati a gestire un simile contesto la risposta è stata il rifugiarsi nell’ortodossia invece di rivalutare una cultura del proselitismo, che in alcuni momenti affiora nella tradizione ebraica (solo per citare la Bibbia ricordiamo il servo di Abramo, Eliezer; Mosè e la “moltitudine mescolata” uscita dall’Egitto; Yitrò, suocero di Mosè, e il famoso caso di Ruth). La Halakhah è così diventata la coperta di Linus dietro la quale proteggersi. Ma l’ebraismo non è una chiesa, non ha né un Papa né dei vescovi, non vi sono dogmi. Ai rabbini è concessa un’ampia autonomia di interpretare i bisogni della propria comunità. Devono farlo secondo coscienza ma anche in modo trasparente e rispettoso dei bisogni della propria comunità che richiede comprensione. Questo è  anche l’unico modo per scongiurare il dubbio che qualche membro facoltoso o prestigioso possa ricevere un trattamento privilegiato.

Un secondo elemento riguarda le diverse edot che compongono la Comunità Milanese: persiani, libanesi, egiziani italiani ecc. Negli ultimi anni, questi gruppi, invece di integrarsi fra di loro hanno tentato di sopravvivere rafforzando le loro reti sociali e costruendo proprie strutture (scuole, sinagoghe, centri culturali ecc.). Questo non è di per sé un indebolimento della Comunità Milanese. Adamo Smith nella Ricchezza delle Nazioni mostrò che anche in campo religioso la competizione può aumentare la qualità dell’offerta. Tuttavia è essenziale far dialogare le diverse anime dell’ebraismo milanese, incluse quella dei riformati e dei laici. Di qui la necessità di costruire, accanto al Consiglio, un qualche organismo federale che favorisca la cooperazione fra le diverse componenti.

Un terzo elemento fondamentale di ogni comunità, specialmente se a carattere religioso, è la componente “assicurativa” che essa deve assumere. Numerosi studi hanno mostrato che, seppure qualche fedele sceglie la via della religione per assicurarsi un aldilà migliore, la maggioranza si aspetta che la propria comunità religiosa lo aiuti nei momenti più difficili della vita: lutti, separazioni, perdita di lavoro ecc. Da questo punto di vista molto lavoro rimane da fare in una città come Milano dove solitudine, abbandono e povertà sono un rischio continuo. Ma anche un matrimonio misto può essere un evento per certi versi doloroso, in cui non si vorrebbe essere abbandonati dai propri correligionari.

Una parola, infine, sulla tecnologia dell’informazione che si è dimostrata fondamentale per rafforzare e allargare i gruppi sociali. Oggi internet offre incredibili possibilità in termini di democrazia rappresentativa che il nuovo Consiglio dovrebbe assolutamente utilizzare. I membri del gruppo non solo dovrebbero essere costantemente informati, ma dovrebbero anche poter dire la loro su ogni argomento all’ordine del giorno, oltre che essere interpellati in continui sondaggi. Questo rafforza enormemente il senso di appartenenza. In questo contesto Mosaico potrebbe essere la piattaforma su cui costruire la nuova Comunità Israelitica di Milano.

P.S. Auguri a tutti i candidati, ma spiegate a tutti cosa ne pensate di queste proposte e soprattutto perché vi dovremmo eleggere.