Channukkà giorno 4. L’olio come simbolo del Popolo ebraico

Ebraismo

di Rav Giuseppe Laras

channuka-olioIn occasione della festa di Channukkà, pubblichiamo otto pensieri scritti da Rav Giuseppe Laras sui significati della festa. Questo il quarto. QUI il primo. QUI il secondo. QUI il terzo

Dopo lunghi semestri di dolorosa guerriglia fratricida, iniziata quando Mattatià l’Asmoneo uccise un ebreo che aveva offerto un sacrificio idolatrico, i Maccabei vittoriosi sottrassero Gerusalemme agli ebrei ellenizzanti ed entrarono nel Santuario, rinvenendo prodigiosamente un’ampolla d’olio purissimo, non profanata, sigillata dal Sommo Sacerdote e destinata a essere consumata nella Menorah. La dose dell’ampolla d’olio era quella quotidiana, sufficiente cioè a illuminare il Santuario per un solo giorno. Per confezionare del nuovo olio, idoneo per la Menorah, sarebbero stati necessari vari giorni. Si decise, tuttavia, di accendere nuovamente il Ner Tamìd; di non indugiare oltre; di consumare, in quelle circostanze eccezionali, quell’ultimo “poco”; di dare una testimonianza religiosa forte, anche se le riserve d’olio erano evidentemente insufficienti e allo stremo.

Quell’unica misura quotidiana d’olio perdurò per otto giorni, miracolosamente, sino a quando non fu confezionato l’olio nuovo da ardersi nella Menorah.

Questo è il principale miracolo di cui noi facciamo memoria in questi giorni; questo è il miracolo su cui maggiormente si diffondono e soffermano il Talmùd, il Midrash e la letteratura rabbinica; questo è il prodigio su cui è imperniata la festa che, nella sua concretezza, stiamo celebrando, tra olio d’oliva, stoppini di cotone, candele in cera d’api, candelabri d’ottone e d’argento. E, ancora una volta, anche in relazione al miracolo dell’olio, riecheggia la lezione spirituale, etica, sociologica e politica del “poco” in relazione al “molto”, della “minoranza assoluta” rispetto a maggioranze globalizzanti.

Certamente noi ricordiamo nelle aggiunte alla ‘Amidah quotidiana di questi giorni festivi la benevolenza divina nei confronti di Mattatià e dei suoi figli, che permise ai deboli di sconfiggere i forti; tuttavia, il simbolo principale della festa -persino nell’alimentazione, con il tradizionale consumo di cibi fritti nell’olio- è anzitutto la Menorah e, dunque, il miracolo dell’olio. Perché? Dopotutto il motivo per cui noi ricordiamo questi eventi bellici, tra i molti di tal sorta occorsi nella storia ebraica antica, è proprio il fatto che la rivolta maccabaica fu una guerra per la Torah e per la sua protezione. È quest’ultimo dato specifico, infatti, che rende tali eroismi e tali eventi sanguinosi e luttuosi degni di essere ricordati. E, allora, nuovamente, perché la principale simbologia di Hanukkhah sembra parzialmente svincolarsi da queste vicende?

La Menorah era un arredo fondamentale del Santuario -un luogo unico al mondo, ove spiritualmente si toccavano Cielo e terra-, dalla natura intimamente mistica e simbolica; conseguentemente, ogni riferimento a essa deve in primo luogo tener conto dell’identità simbolica del Ner Tamìd. E le luci di Hanukkhah sono simboliche par excellence! La Halakhah è infatti chiarissima al riguardo: è proibito servirsi dei lumi di Hanukkhah, traendo in qualche modo vantaggio dalla loro luce per qualsivoglia attività. Ed è altresì proibito, prima e nel corso dell’accensione, mangiare od occuparsi di altre cose e persino studiare Torah; e, qualora si stesse studiando, si deve interrompere lo studio.

Cosa può rappresentare la luce promanante dalla Menorah? In Numeri VI, 25 leggiamo: Il Signore faccia splendere il Suo volto verso di te e usi grazia nei tuoi riguardi”. L’espressione “vikhunékkha” (e usi grazia nei tuoi riguardi) ha la medesima radice della parola Hanukkhah, come a indicare che la luce della Menorah che illuminava il Santuario, pur essendo un prodotto dell’attività dell’uomo -il candelabro, la produzione delle piante d’ulivo, la spremitura dell’olio, l’olio purissimo selezionato e perfino l’accensione stessa-, era assurta, in quel specialissimo contesto, a riverbero dello splendore della Presenza divina. E se la Menorah riverbera la luce divina, il fatto che tali luci ardano perfino quando è non vi è più il necessario combustibile aggiuntivo è segno perfetto dell’eterna validità ed efficacia della parola del Santo e Benedetto.

Che cos’è, allora, l’olio? L’olio, come insegna un noto midrash, è il Popolo ebraico. Perché? Perché l’olio non si mescola. È destinato, per sua natura, a essere sempre separato, anche quando viene energicamente agitato nell’acqua. Vorrei allora sottolineare, mantenendo questa metafora, che l’olio non è più importante dell’acqua; non è più necessario dell’acqua; non è nemmeno “migliore” dell’acqua. L’olio, infine, a differenza dell’eccesso di sale o di un veleno, non cambia la potabilità dell’acqua. Semplicemente esso non è acqua, e l’olio ha un suo modo d’essere e un suo compito specifico, nell’economia della nostra fede e della nostra visione del mondo, che -questo sì- sono diversi da quelli dell’acqua.

Probabilmente i Maestri, nel concentrare l’enfasi della Festa sull’olio, avevano compreso che la lezione identitaria e spirituale del miracolo riguardante la Menorah, trainava con sé, per così dire, anche la memoria delle altre vicende a esso legate. Se, invece, si fosse al contrario posta eccessiva attenzione agli eventi bellici, sarebbe stato più difficile attualizzare “ba-zemàn ha-zé” -in questo periodo, nei nostri giorni- ciò che accadde “ba-yamìm ha-hem” -in quei giorni lontani-.

Per l’ebraismo cosa mai significa rendere presente e, dunque, contemporaneo ai nostri giorni un evento che si verificò secoli fa, interessando gli ebrei di un’altra era e di altri luoghi? Ancor più, un simile esercizio rammemorante, che la nostra Tradizione ci obbliga a fare alcune volte nel corso dell’anno (a Hanukkhah e a Purìm, ma, ancor più, a Pesach, Sukkòth e Shavu‘òth), ha senso? E, se sì, quale?

Due insigni pensatori ebrei del Novecento hanno parlato in proposito di esperienze orientatrici o, con alcune differenze, di esperienze radicali. Si tratta di quei fatti esiziali della storia di Israele per cui: 1. tali eventi possono instaurare un rapporto dialettico tra passato e presente, sì che un’esperienza passata può essere legge normativa per il presente; 2. un’esperienza siffatta possiede un peculiare e inalienabile carattere pubblico-storico, coinvolgente sempre l’intero Popolo Ebraico e il suo destino; 3. il potere salvifico dell’evento passato permane efficace nel presente, ossia ri-attivabile.

I fatti di Hanukkhah, con tutta evidenza, rientrano in questa griglia, che ne spiega la perenne attualità.

Vi è, tuttavia, un’altra ragione assai importante -con i suoi insegnamenti- per cui i nostri Maestri, di benedetta memoria, fissarono il focus della celebrazione di Hanukkhah in particolare sul miracolo dell’olio. Ma ne rifletteremo insieme domani.

Stasera, mentre fissiamo le sante luci di Hanukkhah, preghiamo intensamente per lo Stato di Israele, per i suoi governanti, i suoi difensori e per tutti i nostri fratelli e sorelle colà dimoranti.