La Spagna ebraica

Viaggi

“Ismael è come un leone, Esaù come un falco: quando uno mi lascia, l’altro mi cattura”. Così il poeta Shelomoh Ibn Gabirol (n.1024) riassumeva in una famosa Selichah la percezione che gli Ebrei spagnoli ebbero della loro precaria condizione per secoli. Vivere in un paese conteso fra Islam e Cristianesimo non era certo facile. Dell’Andalusia ebraica oggi non resta praticamente più nulla. A Siviglia le 23 Sinagoghe che vi sorgevano nel 1391, un secolo prima della Cacciata definitiva, furono trasformate in chiese o distrutte e al posto di queste ultime “è stata messa una croce sopra”, nel vero senso dei termini. A Cordova rimane una preziosa sala di preghiera del 1315. Piange il cuore vedere la scritta “Aprite le porte ed entri una nazione di Giusti…” nel vano dell’Aron ha-Qòdesh, tagliata a metà proprio dove ci aspetteremmo le ultime parole: “…custode della fede”. Una fede, quella ebraica, troncata nelle parole e nei fatti.

Eppure il viaggio di Kesher ha avuto su di me, che visitavo la Spagna per la prima volta, un impatto indelebile. Porterò sempre nel cuore il Qaddish recitato in un vicolo del quartiere ebraico di Siviglia, la kawwanah della Tefillah di Rosh Chodesh Nissan nella Sinagoga di Cordova, la calorosa accoglienza del giovane direttore del Museo Ebraico locale ed infine la Birkat ha-Ilanot (Benedizione per gli Alberi) nei giardini dell’Alhambra di Granada, davanti ad aranci e peschi in fiore. Nello “zoco” di Cordova venivano vendute T-Shirt con i simboli delle tre religioni e la scritta “Espana: mixture is good”. Più che una mescolanza, ciò che ho visto laggiù mi ha rammentato la frase che Tacito mise in bocca al capo dei Britanni sui conquistatori romani: “dove hanno fatto il deserto lo chiamano pace”. Ciononostante il popolo ebraico vive ancora, se D. vuole. Grazie agli amici, fra cui insegnanti e compagni di scuola, con cui ho trascorso quattro giorni condividendo un’esperienza indimenticabile. Grazie Kesher!

Rav Alberto Moshe Somekh

Anche quest’anno Kesher ha organizzato un viaggio in una località dal grande interesse ebraico. Dopo aver visitato le città di Cracovia con i campi di Awschwitz e Birkenau, Praga, Budapest e Berlino, quest’anno siamo andati alla scoperta dell’Andalusia ebraica (Siviglia, Cordoba e Granada) alla ricerca della cosiddetta età dell’oro dell’ebraismo spagnolo. Ci ha accompagnato rav Alberto Somekh, la cui a presenza ha rappresentato il “valore aggiunto” di questo viaggio e vorrei quindi ringraziarlo con molto calore per essersi unito a noi.

Nonostante molti di noi si siano conosciuti solo alcuni giorni prima della partenza in occasione di una lezione di preparazione al viaggio tenuta da rav Arbib, l’affiatamento tra i partecipanti non ha tardato a crearsi. Per tutti ha fatto da collante l’unicità dell’aspetto ebraico, pur in presenza di oggettive difficoltà organizzative. Tra queste, il rispetto della kasherut ha rappresentato una sfida non indifferente, vinta grazie al preziosissimo aiuto della Rustichelli Catering. I pasti sono stati portati dall’Italia e Luigi Rustichelli ci ha accompagnato per assicurare al gruppo un servizio sicuro ed efficiente e soprattutto per controllare che i vari alberghi eseguissero attentamente le sue istruzioni.

Un particolare ringraziamento va al nostro amico Maurizio Pieri che ha messo a disposizione di Kesher l’efficienza della sua agenzia (Promoviaggi spa) con un’attenzione tutta particolare alle nostre esigenze.

Abbiamo solo sottovalutato l’indole spagnola: “c’è tempo per vedere tutto, non abbiate fretta”, “qui siamo nel sud della Spagna, non ci stressiamo troppo, da noi ci godiamo il sole e poi c’è la siesta”. A ripensarci mi viene da sorridere ora, ma è stata dura per una “superefficiente” come me entrare in questa mentalità e mantenere la calma con le nostre guide.

Il ricordo più bello l’ha lasciato sicuramente la città di Cordoba, dove, oltre a visitare finalmente qualcosa di ebraico (nelle altre città è rimasto purtroppo ben poco degno di questo nome) è stato commovente l’incontro con un ragazzo, di origini marrane riconvertito all’ebraismo. La sua gioia di trovarsi finalmente con un gruppo ebraico a cui spiegare tutto il lavoro da lui svolto in questi anni per far rivivere il centro Sepharad non solo come museo, bensì anche come sinagoga con tanto di minian il venerdì sera e con un Aron ha Kodesh contenente un sefer Torah mi ha particolarmente colpito. Così come vedere i nostri dieci uomini, per lo più laici, alla ricerca di una chippà per potersi unire a rav Somekh nel celebrare una tefillà all’interno dell’unica sinagoga rimasta, credo sia un momento che molti di noi non dimenticheranno.

Cosa dire delle bellissime serate trascorse insieme? La cerimonia della “bsisa”, condivisa con tutti noi da un gruppo di partecipanti tripolini. Vittorio Halfon è stato grande: le signore hanno preparato l’impasto spiegandone il significato e lui ha recitato le parole di un’antica tradizione che vogliono essere una benedizione per la casa, il lavoro e la famiglia prima della festa di Pesach. E l’ultima serata durante la quale abbiamo festeggiato il compleanno di rav Somekh ed assistito ad uno spettacolo di flamenco? Confesso che la cosa è stata proposta molto timidamente, chiedendoci se fosse “nello spirito di Kesher”, e devo dire che ha avuto una partecipazione incredibile. Sembravamo dei vecchi amici e stavamo insieme solo da tre giorni. Ci tengo a ringraziare tutti i partecipanti per questi giorni fantastici che abbiamo condiviso e che resteranno per me un ricordo bellissimo della nostra Spagna ebraica.

Paola Boccia

Le voci dei partecipanti

Marialuisa Cases

Viaggio bellissimo, un sogno. Tutto è arabo o ebraico in Spagna, ma tutto è diventato “cristiano”; vediamo la più grande moschea del mondo, diventata cattedrale. Nel quartiere ebraico, di ebraico non resta più niente, solo la statua di Maimonide e qualche nome di strade. C’è anche una piccolissima mostra “Sefarad”, poche cose rimaste, ma c’è anche una cosa orribile: la camera dell’Inquisizione con il vestito di coloro che venivano condotti al rogo perché “iudaizzantes”. E poi un muro intero coperto dei nomi di coloro che sono stati messi al rogo, sembrava un ricordo della Shoah… Quello che più mi ha commossa è stato il senso di unità del gruppo, è stata una vera “chaburà”, un incontro tra amici. Paola è stata insuperabile, sempre pronta a tutto.

Francesca Hasbani

Un’impresa riuscire a formare un gruppo così eterogeneo eppure affiatato, Paola ha vinto la scommessa con se stessa! Per noi è stato un piacere cenare con persone diverse ogni sera e trovare sempre qualche punto in comune con ognuno, sempre qualcosa da raccontare o qualcosa da imparare. E abbiamo pure pensato a Rav Colombo e alle sue parole… davvero poco di ebraico in queste città spagnole.

Aldo Sinai

È stato un viaggio bellissimo e pieno di duraturi ricordi, in particolare la preghiera nella sinagoga diroccata, il museo sefardita, le lezioni di Rav Somek, lo spirito di gruppo e l’allegria e la gentilezza di Paola. Grazie di cuore.

Arturo Schwarz

Il nostro viaggio nell’Andalusia ebraica ha scatenato un mondo di emozioni. È stato, per Linda e per me, un viaggio estremamente emozionante che ha assunto, in certi momenti, anche un carattere quasi iniziatico. Ma ha anche risvegliato un antico e persistente dolore quando penso alla tragica sorte del nostro popolo per quasi due millenni. Di quale immenso contributo di pensiero l’umanità si è privata! E poi il viaggio ha suscitato un’altro sentimento altrettanto intenso – il rammarico per la fine di un breve periodo di solidarietà e convivenza tra Arabi e Ebrei. Che triste periodo stiamo vivendo. Trionfano anziché l’amore, l’odio; l’ignoranza anziché la riconoscenza per la terra che ci ospita oggetto di uno sfruttamento sregolato che porterà ad una catastrofe ecologica e alla fine dell’umanità se non si corre subito ai ripari.

Rivka Vigevani

Kesher ha dimostrato che tutti insieme – italiani, tripolini, egiziani, persiani, siriani, turchi – abbiamo goduto questo meraviglioso percorso alla ricerca di un passato non solo sefardita, ma di tutti noi. A Cordoba mi sono emozionata quando rav Somek ha recitato un kaddish nella piazzetta di Maimonide e nella casa dove è evidente che lì c’era una sinagoga, a testimoniare “dopo 500 anni… siamo ritornati!”. Rustichelli ci ha super nutriti con cene di lusso, nonostante qualche problema tecnico, e Paola è stata una capo gruppo che ascoltava pazientemente le esigenze di ognuno, senza mai perdere la pazienza.

Vittorio Halfon

La mia prima esperienza di un viaggio in gruppo con Kesher è stata positiva. Eravamo una quarantina: giovani, meno giovani ed anziani di varie origini ma ci siamo sentiti come un’unica grande famiglia. La vigilia di Rosh Chodesh Nissàn, alcuni tripolini parte della comitiva hanno celebrato la “Bsisa” coinvolgendo rav Someck e gli altri, curiosi ed interessati a conoscere il significato di questa cerimonia simbolica per ricordare l’inaugurazione del Mishkan da parte di Moshe Rabbenu nel deserto.