«Non si litiga davanti ai bambini!» Ma è proprio vero?

Salute

di Claudia Hassan

Come gestire i conflitti in famiglia? Mostrare o nascondere  le emozioni “negative”? Rabbia e paura fanno parte della vita emotiva di tutti. Litigi e screzi sono ineliminabili. Ecco come imparare a gestirli. Perché i bambini “sentono” tutto

 

Tutte le famiglie sono uniche e speciali, ciascuna ha una sua storia emozionale ma spesso esprimono dinamiche simili e che sono state ampiamente scandagliate. Un esempio: quando Elisa cominciava a fare l’elenco delle sue mancanze, Emanuele non riusciva mai a controllare i toni. Una volta era la pattumiera non buttata, un’altra era per aver fatto giocare i bambini quando dovevano andare a dormire. Sembrava che sua moglie non aspettasse altro che vederlo tornare a casa per fargli notare tutto ciò in cui era carente e farlo sentire in colpa dell’insoddisfazione personale della sua vita. Ormai erano troppo lontani i tempi in cui Elisa arrivava tutta agghindata per uscire a godersi un po’ le serate con gli amici. L’amava, le era grato per la dedizione che metteva nel crescere i figli e nel prendersi cura della famiglia, ma si sentiva messo così in secondo piano da non riuscire a controllare a sufficienza la rabbia. Anche davanti ai bambini non riusciva a trattenersi. Fortunatamente loro sembravano quasi non accorgersene, andando avanti a giocare indisturbati o continuando a mangiare.
In ogni caso arrivava sempre il momento in cui o lui o sua moglie esclamava: “non davanti ai bambini!”

Giacomo giocava con Anna quando i suoi genitori avevano cominciato di nuovo a litigare. Avrebbe voluto urlare per farli tacere, ma sapeva che poi si sarebbero arrabbiati con lui.
Sperava con tutte le sue forze che la mamma e il papà non sarebbero arrivati a divorziare come quelli del suo compagno di classe.
Chissà che cosa si dicevano quando erano soli in camera? Li sentiva urlare dalla stanza e si immaginava scenari terribili. Forse, anche questa volta, la bufera sarebbe passata e il giorno dopo sarebbero tornati a fare finta di nulla. Quanto sarebbe durato?
“Non si litiga davanti ai bambini”, come dar torto ad una proposta così sensata? Eppure, in tutte le famiglie, anche quelle in cui non manca l’affetto e l’amore reciproco, ci sono motivi di tensione o situazioni di difficoltà in cui le emozioni “negative” si impadroniscono dell’atmosfera familiare.

Quindi? Come fare? È veramente necessario nascondere rabbia e litigi agli occhi dei propri figli? Per quanto si desideri essere sempre di buon umore e felici, la rabbia, la paura e la tristezza, fanno naturalmente parte della vita emotiva di chiunque. Quelle che vengono chiamate emozioni negative sono semplicemente emozioni, magari non piacevoli, ma pur sempre legittime. La negatività potrebbe stare invece in contenuti inappropriati o eventualmente nell’intensità di come le emozioni stesse possono essere manifestate. Litigi, screzi e diverbi sono ineliminabili e pensare di farli svanire sarebbe illusorio e addirittura controproducente. Ecco qualche spunto di riflessione.
I bambini sentono tutto. Per quanto piccoli siano, per quanto non siano ancora in grado di parlare, i piccoli o piccolissimi ascoltano anche quando sembrano assorti in altro, interpretando o mal-interpretando le situazioni con gli elementi e gli strumenti che hanno a disposizione.

I bambini riconoscono le emozioni. Quando nasciamo possiamo già provare rabbia, paura e tristezza e siamo in grado di riconoscere nell’altro i segnali, anche non verbali delle stesse riuscendo a percepire eventuali incongruenze tra il tono di voce e le espressioni facciali. Numerosissimi studi e ricerche hanno sottolineato come i bambini nascano già estremamente competenti per quanto riguarda il riconoscimento delle emozioni e la psicologia contemporanea tende a sostenere l’idea che sviluppare in modo efficace tale capacità sia un processo di apprendimento fondamentale. Chiamare le emozioni con il proprio nome aiuta il bambino a riconoscerle e lo aiuta a confermare che ciò che stanno provando è riconosciuto anche dagli altri. Una lacrima sincera di un genitore in un momento difficile, affiancato ad una congrua verbalizzazione dell’emozione è vissuta dal bambino con più naturalezza che un sorriso ostentato e non coerente con il contesto. Cercare di camuffare le emozioni infatti, crea confusione nel bambino e veicolerà il messaggio che provare emozioni difficili sia da rifuggire e da temere.

Esistono delle tecniche per modulare e gestire meglio la rabbia: se si nota che il litigio sta prendendo una piega indesiderata o se ciò avviene in modo sistematico, si possono applicare diverse strategie, uno dei due coniugi può ad esempio provare a cambiare stanza o andare a fare due passi all’aria aperta provando a sbollire le emozioni e verbalizzando chiaramente che il rientro avverrà dopo poco per non preoccupare inutilmente i figli sul fatto che si possa trattare di una rottura. Spostandosi non darà l’immagine che mamma e papà non stiano litigando, ma si potrà insegnare loro un’efficace strategia. Anche la respirazione o imparare particolari tecniche meditative può aiutare a gestire diversamente le situazioni sopra descritte.
Mostrare la riappacificazione può essere un insegnamento prezioso: Paradossalmente è più frequente che i figli siano presenti nel momento della manifestazione di rabbia che durante la riconciliazione che spesso avviene in privato tra i coniugi. Concedersi di vivere con naturalezza anche le emozioni meno piacevoli e provare a fornire ai propri figli uno strumento per come uscire dai momenti difficili, per come scusarsi e come fare pace, potrebbe trasformare un banale litigio in un’occasione di crescita.
Non è necessario recitare un copione. Le scuse fatte davanti ai figli possono essere sincere e rispecchiare la realtà della coppia, se si pensa di avere ragione nei contenuti ma si crede di aver sbagliato modalità comunicative, ci si potrà semplicemente scusare per eventuali toni scortesi, per aver alzato la voce o per parole considerate inappropriate.

La psicoterapia individuale o di coppia non è l’ultima spiaggia: notando che le tensioni della coppia cominciano a diventare una costante nella vita familiare può essere utile rivolgersi ad un professionista per provare a trovare uno spazio protetto e lontano dai figli in cui confrontarsi. A volte, pochi colloqui possono essere sufficienti a superare piccole difficoltà. Uno specialista può essere contattato anche qualora si pensi di avere una particolare difficoltà nel controllo delle manifestazioni di rabbia per cercare di individuarne possibili cause e trovare soluzioni o strategie più adatte alla situazione. Nel caso si stia invece attraversando un’importante crisi di coppia o si sia in corso di separazione, avere uno spazio di sfogo in cui provare a concordare una strategia comune con i figli diventa ancor più importante e può quindi essere indicato affiancare un percorso con un esperto di mediazione familiare.
Papà è uscito da casa prima di cena. Ha detto che era arrabbiato e che sarebbe rientrato dopo poco perché aveva bisogno di respirare un po’ di aria fresca. Quando è arrivato aveva una Pizza Margherita, mamma le adora. La mamma aveva messo in tavola la coca cola… sgrida sempre papà quando la beve a tavola ma penso che oggi voglia fare un’eccezione.
Ho raccontato che a scuola ho litigato con un compagno e la morà ci ha fatto sedere insieme per fare la ricerca sui pinguini. Quando mi hanno chiesto il motivo del litigio ho detto che non me lo ricordavo più. Papà ha detto che anche lui non ricordava perché si fosse arrabbiato con mamma. Si sono guardati negli occhi e si sono messi a ridere, poi anche io e mia sorella li abbiamo seguiti a ruota senza bene capire perché…
Un film che riguarda la gestione delle emozioni meno piacevoli e può essere visto con tutta la famiglia rappresentando un buono spunto di verbalizzazione e di contatto è “Inside-out” (premio Oscar per miglior film d’animazione)

 

L’importanza dello Shalom Bait e La serenità familiare

Nel Talmud ci si domanda (Avot 4:1):
chi è colui che è veramente forte? Chi domina le proprie passioni; conforme al testo che dice (Prov. xvi,32): “il magnanimo è meglio del prode, e chi domina il suo spirito è meglio di chi espugna una città”.
Discutere davanti ai figli alzando il tono di voce , o usando espressioni denigratorie, è sempre sbagliato.
È normale che ci siano divergenze di opinione, o rimostranze, ma queste vanno fatte sempre con rispetto, senza contraddire chiaramente, o dichiarare di non essere d’accordo. È possibile essere di parere contrario, ma perché mancare di rispetto? In proposito la tradizione ebraica parla chiaro. Anche se può sembrare difficile, la miglior risposta è tacere, perché spesso il fatto di rispondere innesca una situazione che diventa ingestibile. Il coniuge che non raccoglie la sfida e sceglie il silenzio, dà prova di essere, in quel momento, più forte, più maturo e più raffinato e dà ai figli una lezione di vita. Quando uno dei due coniugi non si lascia coinvolgere in un alterco, a lungo andare, l’altro non lo farà più.
È molto importante che la coppia concordi preventivamentre che, in caso si creasse una situazione di profondo disaccordo tra loro due, la discussione non avvenga in presenza dei figli, ma in un altro momento.
È un’usanza antica delle madri ebree, il dare, ogni giorno feriale, qualche monetina in tzedakà (oltre a quelle che si danno prima di accendere i lumi dello Shabbat e Festività) e pregare per la serenità in casa.
Rivka Hazan