Un viaggio alla scoperta delle radici. E non solo

di Ilaria Myr

Un film che porta dentro la storia di una famiglia, un viaggio alla ricerca delle proprie radici: questo è Mamaliga Blues, un documentario realizzato dal regista brasiliano Cassio Tolpolar, ebreo di Porto Alegre, la cui famiglia paterna era originaria della Moldavia. Ed è proprio da questo Paese (che all’epoca della seconda guerra mondiale faceva parte della Bessarabia), che viene il piatto chiamato ‘mamaliga’: una specie di polenta, molto consumata dai rumeni e dai moldavi. “E tornare alle nostre radici assomigliava alla mamaliga: qualcosa di basico, caldo e famigliare”, raccontano i Tolpolar.

Il documentario, di 80 minuti, segue il viaggio del regista con il padre Mauro e la sorella Kerley, alla ricerca della tomba dei suoi bisnonni, oggi l’unica testimonianza della presenza dei Tolpolar in quel Paese. Il resto della famiglia fu infatti sterminato durante la Shoah: si salvarono solo i nonni paterni, che si erano trasferiti in Brasile nel 1931.

Alla ricerca della propria storia

“Solo dopo 77 anni, nel 2008, io, mio padre e mia sorella siamo tornati in Moldavia – continua Cassio Tolpolar -. Non ho mai conosciuto i miei nonni e nessun’altro della famiglia ha mai potuto raccontarci qualcosa delle loro vite. I Tolpolar che rimasero in Bessarabia scomparvero durante la Shoà, e di loro sappiamo ancora meno. Tornare lì significava dunque stabilire una connessione con la famiglia, ma non solo: voleva anche dire scoprire cosa era successo ai nostri parenti che furono uccisi dai nazisti e dai loro simpatizzanti”.

Girando per città e villaggi moldavi, toccano con mano la triste realtà della popolazione ebraica di oggi: sempre più esigua, non si sta rinnovando, sta invecchiando, e con essa stanno morendo i suoi ricordi. Ma soprattutto, vedono con i propri occhi la rovina che domina sui monumenti e gli edifici ebraici. Con in mano una fotografia sgualcita della tomba, guidano in mezzo ad antichi villaggi, camminano in mezzo ai cespugli di  cimiteri abbandonati, e incontrano persone del luogo. “Siamo riusciti a localizzare in mezzo ai boschi il sito in cui fu sterminata la nostra famiglia, ma non la tomba”. Solo due mesi dopo, la loro guida moldava li avvisa che ha trovato il cimitero dei bisnonni: è situato a Vadul-Rakov, ed è uno dei più impressionanti e intonsi dell’Europa orientale. Che sarebbe rimasto non documentato, senza questo film.

Grazie alle originali riprese di una videocamera portatile, il documentario comunica con un grande realismo le visite, gli incontri e le scoperte dei Tolpolar in questo viaggio all’indietro nella memoria. Inoltre, l’accostamento di fotografie vecchie con alcune più nuove ricrea un mondo che non esiste più, mentre le mappe e i grafici proposti guidano gli spettatori in questo itinerario.

Un’altra particolarità di questo film è la ricchezza del linguaggio: ben 5 gli idiomi utilizzati (inglese, portoghese, russo, rumeno e yddish), tradotti nei sottotitoli in inglese, rappresentano bene il particolare collage di suoni e culture di questa esperienza.

La prossima tappa e la raccolta fondi

Dopo il primo viaggio del 2008, la famiglia Tolpolar si prepara a compierne un altro, sempre in Moldavia, per girare le scene finali: il regista Cassio, con sua moglie e la sua figlioletta Melina in Vadul Raskov, a rappresentare la ricostruzione di un ponte fra passato e presente. Per fare ciò, la famiglia e lo staff che la affianca ha avviato una raccolta fondi fra amici, parenti e chiunque sia interessato ad aiutarli a trovare i 15.000 dollari che servono per realizzare questa importante fase finale, per riuscire a finire questo ponte della memoria, prima che la tomba sia totalmente rosa dal tempo. “La vecchia tomba, parzialmente distrutta, ma sempre imponente, sta di fronte a noi – spiega il regista-. Mia figlia, che è nata e vive a Los Angeles, gioca nei campi abbandonati circostanti. Come me, mio padre, i miei nonni, e molti altri discendenti di quelli che lasciarono al Bessarabia, lei è una sopravvissuta”.