Presentato in Comunità il Rotolo di Isaia, il più importante dei rotoli di Qumran e ‘corpo’ della Bibbia

di Giovanni Panzeri
“Considero questi manoscritti, in particolare il Rotolo d’Isaia, il corpo della Bibbia.  Una volta gli studiosi consideravano la Bibbia un’entità astratta, da ricostruire. Oggi, grazie a questi rotoli, abbiamo dei manufatti concreti”.
Queste le parole di Marcello Fidanzio, responsabile degli scavi di Qumran per l’Israel Museum di Gerusalemme, la seconda parte della serata organizzata mercoledì 24 Maggio dalla Comunità Ebraica di Milano, nell’Aula Magna della Scuola Ebraica. La conferenza aveva il duplice obiettivo di presentare il nuovo portale online della comunità e di esporre una delle 10 copie del Rotolo d’Isaia, forse il più celebre dei “Manoscritti del Mar Morto”, un insieme di antichi manoscritti religiosi ebraici, datati tra il 200 a.c. e il 70 d.c., e ritrovati tra il 1947 e il 1956 nei sistemi di grotte vicine all’antico insediamento di Qumran, in Cisgiordania.

La presentazione è iniziata con un breve intervento da parte di Davide Blei, responsabile della Comunicazione della Comunità Ebraica di Milano e presidente dell’Associazione Amici italiani dell’Israel Museum (AIMIG), che ha sottolineato il valore che i rotoli hanno per l’ebraismo internazionale.

“Il rotolo d’Isaia è stato scritto in ebraico 200 anni prima della nascita di Cristo – spiega Blei – e un bambino di seconda elementare a Tel Aviv può leggere la lingua in cui è stato scritto. Questo reperto dimostra che in questi millenni la lingua ebraica non è cambiata, si possono ancora leggere testi di oltre duemila anni fa. E non è importante solo per gli ebrei: dal nostro monoteismo si sono sviluppati sia il cristianesimo che l’islam. Il Rotolo d’Isaia” ha concluso “potrebbe essere definito il Rotolo del Mondo”.

Marcello Fidanzio

La parola è poi passata a Fidanzio, che ha descritto la travagliata storia della scoperta, del recupero e dello studio dei Rotoli sottolineando, tra le altre cose, l’importanza simbolica del recupero dei primi tre manoscritti da parte dell’archeologo Eleazar Sukenik, il 29 novembre 1947, data in cui l’ONU riconobbe lo stato d’Israele votando il piano di partizione della Palestina.

“Sono 950 manoscritti religiosi scritti in ebraico, aramaico e greco – ha spiegato Fidanzio -: il 25% sono testi biblici, un altro 25% riguarda il particolare gruppo ebraico che ha curato i manoscritti (alcuni storici li identificano con gli Esseni), un’èlite che era in contrapposizione ma anche in contatto con le altre comunità ebraiche del tempo. Infatti oltre la metà dei manoscritti sono esempi di letteratura religiosa comune dell’ebraismo del tardo periodo del secondo tempio. Buona parte della quale non era a noi nota.”

“Il Rotolo d’Isaia da solo costituisce il 20% di tutti i testi biblici trovati a Qumran – ha continuato Fidanzio  – e su di esso troviamo i segni di tutti coloro che lo hanno curato, corretto, ri-corretto e studiato. È un oggetto che ci racconterà sempre di più cos’era la Bibbia per chi lo ha creato e utilizzato. Ha una sua vitalità, che va oltre il semplice contenuto.”

Oggi l’obiettivo dei lavori a Qumran, secondo Fidanzio, non è tanto decifrare il contenuto dei Rotoli, ormai noto, o trovarne di nuovi, ma conoscere il “quadro storico” dell’ebraismo del tempo, e in particolare quello della comunità che li ha scritti e curati.

“Il contenuto dei Rotoli si ferma al 50 a.c, ma la scrittura degli ultimi risale ad un secolo dopo – ha concluso Fidanzio -: i Rotoli non ci raccontano la loro storia, il perché sono finiti nelle grotte, chi li ha messi insieme e quando. Di queste cose si deve occupare il contesto materiale: l’archeologia.”