Annie Londoderry fece il giro del mondo per 15 mesi in bici

Annie Londonderry, l’ebrea ultraortodossa che 145 anni fa percorse il mondo in bicicletta

di Viviana Kasam
Il mondo haredì e dell’ultra-ortodossia ebraica è diventato recentemente di gran moda grazie soprattutto a Netflix e al successo delle sue serie (Shtisel, Unorthodox e il molto contestato My unorthodox life). Il tema della ribellione femminile a una società patriarcale è molto appetitoso e main stream in un momento storico in cui la cultura di genere sembra prevalere, specie nella valorizzazione del femminile e della specificità culturale ed emotiva di genere. Tuttavia, la restituzione cinematografica di questa specifica realtà ebraica risulta spesso fuorviante, e riguarda comunque una minima percentuale delle comunità ebraico-ortodosse che hanno espresso nel tempo personaggi femminili straordinari.

Mi si consenta un esempio personale. Nella mia famiglia, nella linea materna, più di un secolo fa eravamo chassidim polacchi che seguivano il celebre Rabbi di Alexander, e ben tre sorelle di mio nonno ai primi del Novecento vissero vite spericolate. Due lasciarono i mariti per iscriversi all’Università in Svizzera e, una volta laureate, tornarono in famiglia, amate e ammirate dai loro compagni. La terza, Perla, che aderiva al Bund, scappò in Russia, divenne l’istruttrice di una ricca famiglia e durante la Rivoluzione d’Ottobre scappò a Ginevra, dove iniziò una brillante carriera scientifica e sposò il rettore dell’Università. Certo, non era un mondo facile per le donne, alle quali era di fatto proibito studiare e leggere libri secolari, ma la realtà era molto più variegata di quanto non venga oggi rappresentata.

La copertina di ‘Spin: a novel based on a (mostly) true story’

 

Tant’è vero che alla fine dell’Ottocento una giovane donna nata in Lituania ma emigrata a Boston all’età di 5 anni, Annie Cohen Kopchovsky, intraprese un avventuroso viaggio intorno al mondo in bicicletta, durato 15 mesi, che suscitò all’epoca moltissimo scalpore, anche mediatico, ma venne poi dimenticato. Una storia oggi ricostruita in un affascinante romanzo scritto da un lontano discendente della globe trotter, Peter Zheulin: Spin: A Novel Based on a (Mostly) True Story (Pegasus Books), scrittore che ne aveva già parlato in una saggio storico del 2007: “Around the World on Two Wheels: Annie Londonderry’s Extraordinary Ride” (Citadel Press Inc.).

Zheulin scoprì la vicenda della sua antenata (di cui ignorava l’esistenza, era la sorella minore del suo bisnonno materno), grazie alla lettera di uno studioso che si era interessato al suo exploit sfogliando i giornali dell’epoca. E così cominciò a fare ricerche, scoprendo una donna davvero eccezionale, che aveva lasciato (temporaneamente) il marito e tre figli per girare il mondo su due ruote il 27 giugno 1894, all’età di 24 anni, portandosi dietro solo un cambio di vestiti e una pistola con il manico in madreperla.

Una Bruce Chatwin in gonnella e ante litteram ma anche una brillante imprenditrice. Era riuscita a finanziarsi il viaggio che la portò a visitare Alessandria d’Egitto, Colombo, Singapore, Saigon, Hong Kong, Nagasaki, Shanghai, la Francia, l’Arizona e buona parte degli Stati Uniti, attraverso sponsor che si era procurata da sola – nella sua veste di moglie ortodossa aveva venduto pubblicità per alcuni giornali locali -. Forse a spingerla al viaggio fu una scommessa da 20.000 dollari (una cifra davvero ragguardevole per l’epoca). Ma può darsi che se la fosse inventata – era anche un’originale mitomane che si era via via auto-descritta nelle interviste come una povera orfanella, una ricca ereditiera, una studentessa di Harvard, l’inventrice di un nuovo metodo stenografico, raccontando persino di aver cacciato le tigri in India con i reali tedeschi e di essere finita in prigione in Giappone -. Oggi sarebbe stata oggi una perfetta influencer. Certo è che non aveva mai inforcato una bicicletta fino a pochi giorni prima della partenza.

Londonderry, – il suo nome d’arte adottato per l’impresa al posto di Cohen Kopchovsky -, era quello di una azienda di acque minerali, la Londonderry Lithia Spring Water Company of New Hampshire che fu la prima a finanziare l’impresa. Forse fu scelto anche per mascherare l’identità ebraica che poteva esporla a rischi di aggressioni antisemite, purtroppo diffuse nell’Europa di fine ‘800. La bicicletta le venne regalata da un noto produttore, Albert Pope, con l’intuizione commerciale di far conoscere nel mondo il suo brand e di incoraggiare le donne ad acquistare biciclette. Ma a metà viaggio Annie la cambiò con una bici Sterling senza marce e senza freni, più leggera, in cambio della cessione della sua immagine per una campagna pubblicitaria. “Una vera antesignana del marketing che seppe sfruttare la sua avventura per convertire la gloria in dollari”, spiega l’autore. Fatto sta che Annie fu la prima donna-sandwich: sul retro della bicicletta aveva affisso un cartello che pubblicizzava le acque Londonderry, senza contare che si appendeva alle vesti pubblicità di profumi, nastri, articoli sportivi. Dava conferenze e rilasciava interviste. Al giorno d’oggi avrebbe certamente tenuto un blog e un nutrito account Instagram.

       Sul giornale dell’epoca si parla di Annie Londonderry

 

Il suo giro del mondo in quindici mesi (parte compiuti su strada parte in nave) suscitò molto entusiasmo in un mondo di suffragette in cui stava nascendo il femminismo, ma scatenò anche molte critiche. A metà strada Annie abbandonò le lunghe e poco pratiche gonne e il corsetto a collo alto in favore dei pantaloni e il giornale Le Figaro, nel suo passaggio a Parigi nel dicembre 1894, le riservò parole davvero poco lusinghiere: “appartiene alla categoria di individui neutri” scrisse il cronista. “La soppressione dell’amore e delle funzioni materne altera in modo così profondo la personalità femminile che non sono più né uomini né donne e costituiscono un terzo sesso”. In realtà, come mostrano le foto d’epoca, Annie era molto graziosa, un bel profilo classico e un fisico atletico, era alta un metro e sessanta e pesava 45 chili.

Quello che c’è di notevole è che alla fine del suo viaggio, ricca e coperta di gloria (ma sarebbe stata subito dimenticata), Annie tornò alla famiglia, ai tre figli piccoli e al marito Simon “Max” Kopchovski, venditore ambulante, ortodosso, devoto studioso della Torah. Con i soldi guadagnati trasferì tutti a New York dove intraprese la carriera di giornalista, raccontando le sue avventure di “New Woman”. Una carriera di poco successo. Morì nel 1947, a 77 anni nel più totale anonimato.