Se vuoi sapere chi ha ucciso l’Uomo Ragno, studia la Rivoluzione Francese

Opinioni

di Fiona Diwan

La storia non è solo magistra vitae, ma è soprattutto indispensabile alla formazione di un pensiero critico e complesso, presupposto della vera libertà individuale. Le responsabilità politiche nell’imbarbarimento della scuola. L’opinione dello studioso e docente Mino Chamla

 

«Ricordo uno sceneggiato televisivo ambientato nella Francia del Medioevo e mandato in onda nel 1992: tra gli studenti francesi dell’epoca, un sondaggio registrava con sconcerto, il fatto che i liceali d’Oltralpe non sapessero più chi fosse Carlo Magno o Carlo Martello, e neppure perché la Francia di un tempo si chiamasse Gallia, all’infuori del fatto che Asterix Le Gaulois fosse un Gallo… Avevano perduto nozioni storiche di dominio comune, cosa impensabile fino a un decennio prima. Si rilevava, per contro, il livello molto più elevato dei liceali italiani che, non soltanto conoscevano meglio la loro storia, – dalle corti rinascimentali a Garibaldi a Cavour a Giolitti -, ma anche la storia delle principali nazioni occidentali. Così, all’epoca, i liceali italiani risultavano essere tra i più colti d’Europa. Ebbene, a distanza di 25 anni non è più così. Quel patrimonio, quella capacità critica sono andati perduti». Insegnante di Storia e Filosofia alla Scuola Ebraica di Milano, professore a contratto in vari atenei tra cui l’Università Statale di Milano, tra i più grandi studiosi europei del pensiero filosofico di Baruch Spinoza e autore di svariati saggi, Chamla non nasconde la propria posizione critica e “fuori dal coro”.
«La storia è materia complessa, diceva Giovanni Gentile, è un sapere critico; oggi diremmo che la Storia è un frame, una materia-quadro, un meta-sapere, è l’interrogarsi sul senso dell’esperienza umana», spiega Chamla. «La Storia era già una materia Cenerentola e marginalizzata – anche prima del ministro Marco Bussetti-, con i tagli delle ore di lezione, gli accorpamenti con le altre materie, considerata accessoria e non più asse portante del sapere. Siamo noi che abbiamo tolto ai ragazzi la possibilità di approfondirla riducendola a pillole, storia non più come esercizio di un pensiero critico da applicare al reale, sapere astratto e insieme concretissima chiave di lettura dei fenomeni. Insomma, la Storia è stata marginalizzata perché considerata inutile, malgrado si continui a sbandierarne l’importanza. La Storia come maestra di pensiero critico fa paura, per questo oggi viene edulcorata, ridotta tutt’al più a Educazione civica, a un insieme di regolette per la condotta del buon cittadino. Ma se non hai studiato la Rivoluzione Francese puoi capire ben poco dell’oggi e, – tanto per attualizzare in modo pop -, non capirai mai chi ha ucciso l’Uomo Ragno, il paladino dei deboli, l’eroe degli umiliati e offesi.

La storia è complessità, non semplificazione. Il bambinismo disneyano ha preso il sopravvento. I ragazzi studiano ma non sanno più come si approfondisce, sanno studiare a memoria, in modo fotografico, a “schermate di computer”, non sanno più orientarsi tra i libri e le varie interpretazioni dei fatti. La tecnologia non è esaltazione del futuro, mi dispiace, ma è appiattimento su un opaco presente. Quello che ha ceduto è il metodo. Tutto è schiacciato sul presente. Pochi oggi insegnano la famosa linea del tempo, la cronologia, le date, se non a grandi linee».

Come insegnante ed educatore, Mino Chamla ha molto ragionato sulle varie Riforme scolastiche succedutesi negli ultimi decenni, sulla scuola dei “pacchetti” che accorpa le conoscenze e le unifica in un fritto misto globale ben lontano dall’idea di studio interdisciplinare da cui, con le migliori intenzioni, erano partiti i vari riformatori. «Il mio non è un discorso passatista, ma il web ci ha tolto, non ci ha dato di più. C’è un’ideologia didattica che ha dilagato in questi anni, improntata a una specie di “dittatura del presente” e che si è imposta come modello educativo e scolastico vincente. Vi ricordate la triade assurda, il mantra della Riforma Moratti-Berlusconi del 2001 sulla scuola, le tre I, Inglese-Informatica-Impresa, trittico che avrebbe dovuto diventare la pietra angolare della “buona scuola”? Quanto quel mantra abbia impoverito la scuola lo capiamo solo oggi». E il dilagare dell’ideologia delle competenze che impatto ha avuto? «Devastante. Quella tra “conoscenza e competenza” è una divisione artificiale, scriteriata: le competenze non sono forse il pensare, l’elaborazione delle conoscenze? Ma una cosa vorrei dire: il tema di storia tolto alla maturità è solo un punto d’arrivo, il Ministro Marco Bussetti non è l’unico colpevole di questa situazione, la sua Riforma è l’esito di un processo di distruzione che va avanti da anni, iniziato con Luigi Berlinguer e portato avanti dai vari ministri Moratti, Gelmini, Profumo, Giannini, Fedeli… Il risultato è questa ratatouille di materie umanistiche, la Storia accorpata al Diritto, la Filosofia insieme alla Geografia e all’Italiano, in un marmellatone didattico privo di specificità, la Storia trasformata in pillole e in “pacchetto” di nozioni incollate con un post-it e subito dimenticate. La svalutazione della storia è iniziata con la riforma di Luigi Berlinguer, e mano a mano ridotta a video-game, a schermata di Wikipedia. Insomma, sono tanti i mali che si sono via via sommati col tempo e che hanno prodotto il risultato che è sotto i nostri occhi». Anche l’insegnamento della Shoah fa parte di questo discorso, sottolinea Chamla. «Oggi i ragazzi ne sanno meno di ieri, credendo invece di sapere tutto grazie ai Giorni della memoria. Come si fa a parlare di Shoah senza conoscere la Storia precedente, nulla del Patto di Versailles, nulla della Repubblica di Weimar, della crisi economica degli anni Trenta? Senza lo studio delle origini del nazismo e dell’antisemitismo europeo come si fa a capire il perché della Shoah? E così, alla fine, tutto finisce per diventare vuota celebrazione, rappresentazione, mera politica della Memoria. Perché nessuno, nei licei pubblici, spiega a chiare parole che dietro la Shoah c’è l’Antigiudaismo millenario che l’ha prodotta?».

Studio della storia quindi come cartina di tornasole del degrado intellettuale a cui la scuola non riesce a far fronte, alimentato dalle ideologie didattiche degli ultimi decenni. «Quando oggi spiego ai ragazzi le grandi famiglie politiche della modernità nate dopo la Rivoluzione Francese e nell’Ottocento (destra, sinistra, socialismo, liberalismo, monarchia…), fanno fatica a capire di cosa stia parlando, faticano a maneggiare questi concetti in modo duttile o ad applicarli ai vari contesti storici. Il presente onnivoro appiattisce tutto, la corsa all’oggi toglie profondità all’ieri e riduce tutto a consumo immediato. La Storia è sapere della complessità e in quanto tale è sapere astratto; solo dopo averlo acquisito tu riesci a calare lo studio della Storia nell’oggi e nella realtà attuale.

La scommessa non è leggere la storia passata “presentificandola” ma attualizzandola. Perché alla fine, quello che si perde, è il sapore irresistibile dei fatti singoli e delle dinamiche storiche in sé. Viene meno l’elaborazione dei fatti, ossia quella conoscenza dei dettagli, le date, i personaggi, tutto ciò che ci portava a gustare il sapore di un’epoca e a capirne gli sconvolgimenti. Quello che oggi trionfa è questa marmellata, l’umiliazione dei saperi specifici, come se la scuola dovesse tararsi su parametri di semplificazione mentre sappiamo che il nostro cervello apprende partendo da cose differenti per poi collegarle in modo critico e originale.
E che dire di questo modo cialtronesco di applicare l’idea di Microstoria?
Ci si applica a studiare a come lavorava un fabbro nel Medioevo, a come zappava il contadino dell’Anno Mille…; questo va benissimo, sia chiaro, peccato che così si rischi di perdere di vista il quadro più ampio. E ancora: che dire della svalutazione sistematica dell’oggetto libro? Ma attenzione, il libro è potente, prenderne in mano due o tre, averli aperti davanti, guardare e creare connessioni vuol dire allenare il pensiero, allenare la capacità di astrazione e di collegamento che nessuna navigazione, saltando da un sito all’altro, può insegnarti.
Dobbiamo recuperare l’idea della Storia -e della scuola in generale-, come una sorta di ponte: la sua funzione è quella di raccordo, collegamento, ponte appunto, tra passato e futuro, laddove il presente nel quale siamo immersi altro non è che la vita che scorre sotto quel ponte, giù a valle. E su cui possiamo esercitare una visione più lucida, distaccata e completa grazie alla prospettiva dall’alto che solo lo studio della Storia può darci».