Studiare in Francia, la testimonianza di uno studente italiano

Mondo

di Nathan Greppi

Nell’ultimo periodo la Francia si è più volte ritrovata sotto i riflettori a causa di eventi orribili: gli attentati di Charlie Hebdo, a cui è seguito l’attentato al supermercato Hypercacher, e l’attentato al Bataclan. Questi eventi hanno avuto a livello politico e sociale molti effetti negativi, tra cui la crescita del partito di estrema destra noto come Front National e un aumento dell’insicurezza della popolazione ebraica, che già da molto tempo prima si sentiva sempre più minacciata tanto che molti giovani decidono di fare l’Aliyah.

Campus Pro Sciences di Mentone
Campus Pro Sciences di Mentone

Coloro che non vivono immersi in questo contesto probabilmente si porranno diverse domande: la Francia è davvero un paese antisemita? Quanti rischi ci sono che avvenga un altro attentato? Riuscirà a rimanere una democrazia laica o, come ha profetizzato lo scrittore Michel Houellebecq, diventerà un paese islamico? Per tentare di dare una risposta a questi quesiti, ho intervistato Flavio Restelli, un giovane milanese che vive a Mentone e studia scienze politiche all’istituto Sciences Po Paris, specializzandosi in politica del Medio Oriente.

Parlami innanzitutto dell’ambiente universitario (corsi, campus, ecc.)

Il mio campus, Medio Oriente e Mediterraneo, esiste da 10 anni; fino a un anno fa la conoscenza dell’arabo era obbligatoria, mentre oggi si può scegliere tra imparare arabo, turco o farsi. Se uno studente arriva sapendo già una di queste tre ci sono altre lingue che può imparare, incluso l’ebraico. La facoltà include storia, sociologia, scienze politiche, economia e diritto, dopodiché ci sono corsi per specializzarsi su aree precise. Ci sono 250 studenti nel campus, che provengono da 48 paesi; di questi la maggior parte vengono da paesi del Medio Oriente, mentre ce ne sono pochissimi dell’Estremo Oriente.

Gli studenti e i docenti sono molto politicizzati? Se si, in quale direzione?

Essendo una facoltà di scienze politiche siamo tutti politicizzati, ma ognuno ha le proprie idee, e i nostri professori cercano di mantenere il giusto equilibrio. Il mio professore di Storia del Medio Oriente, ad esempio, parla sia l’ebraico che l’arabo, e ha insegnato sia a Beirut che a Tel Aviv.

È molto diffusa l’opinione secondo cui in Francia ci sia un crescente antisemitismo, molto più che in Italia; tu che opinione ti sei fatto al riguardo?

Posso capire questa paura un po’ irrazionale, poiché è un dato di fatto che in Francia vi sia un’enorme rete jihadista, che conta migliaia di adepti. Essa tuttavia è un pericolo per tutti, non solo per gli ebrei. Non so dirti quanto sia effettivamente grande la minaccia per le comunità ebraiche, ma una cosa posso dirla con certezza: La Francia non è un paese antisemita.

Per concludere, in che direzione pensi si stia dirigendo la Francia, con la minaccia degli attentati da una parte e la crescita del Front National dall’altra (per le elezioni nel 2017)?

Io avrei un’opinione, anche se è difficile a dirsi: se Sarkozy vince le primarie per la destra ci sarà un ballottaggio tra la Le Pen e Hollande e vincerebbe quest’ultimo. Se invece per la destra a vincere le primarie è Alain Juppé, l’attuale sindaco di Bordeaux, andrà sempre al ballottaggio con la Le Pen vincendo. In ogni caso la Le Pen non vincerà mai, pur arrivando al secondo turno come primo partito. Inoltre, a differenza di Houellebecq, non credo che la Francia diventerà un paese islamista, soprattutto perché non tutti gli arabi francesi lo sono.