Rav Jonathan Sacks a Newsweek: “l’antisionismo è il nuovo antisemitismo”

Opinioni

di Nathan Greppi

sacksLunedì 4 Aprile Rav Jonathan Sacks, rabbino capo del Regno Unito dal 1991 al 2013, ha scritto sul settimanale americano Newsweek un articolo in cui esprime un suo personale giudizio riguardo all’aumento dell’antisemitismo in Europa:

Il 27 Marzo, parlando con il Sunday Times, l’ex-arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ha espresso la sua preoccupazione per il crescente aumento di antisemitismo nei campus delle università britanniche. Ci sono, secondo lui, “inquietanti echi” della Germania degli anni ’30. Due giorni dopo, sul The Times, Chris Bryant, lo Shadow Leader della Camera dei Comuni e membro del Partito Laburista, ha avvertito che la sinistra politica sta mettendo sempre più in discussione il diritto di esistere dello Stato d’Israele, un opinione che ha definito una “forma non troppo subdola di antisemitismo”. 

Da ogni parte d’Europa, gli ebrei se ne stanno andando. Un sondaggio del 2013 fatto dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali mostra che circa un terzo degli ebrei in Europa ha preso in considerazione di emigrare a causa dell’antisemitismo, coi numeri come il 46% in Francia e il 48% in Ungheria. 

Questo problema non è solo in Europa. Un sondaggio del 2015 da parte degli studenti ebrei della Brandeis University ha fatto emergere che tre quarti degli intervistati è stato esposto a retoriche antisemite. Un terzo ha segnalato casi di molestie perché erano ebrei. La maggior parte delle intimidazioni nei campus viene promossa dalle Settimane sull’Apartheid israeliano (Israeli Apartheid Week) e dalla campagna anti-israeliana BDS. Queste sono diventate ciò che la Pasqua era nel Medioevo, un periodo di attacchi contro gli ebrei. 

Sta chiaramente succedendo qualcosa, ma cosa? Molti a sinistra affermano di essere accusati ingiustamente. Non sono contro gli ebrei, dicono, si oppongono solo alle politiche dello Stato d’Israele. Qui uno deve ammettere l’ovvio. Criticare il governo israeliano non è antisemita. E neanche il movimento BDS è intrinsecamente antisemita. Molti dei suoi sostenitori hanno un interesse genuino per i diritti umani. Tuttavia, è una facciata per il nuovo antisemitismo, un empia alleanza tra l’islamismo radicale e la sinistra politica. 

Che cos’è allora l’antisemitismo? Non è un insieme coerente di credenze bensì un insieme di contraddizioni. Prima dell’Olocausto, gli ebrei erano odiati perché erano poveri e perché erano ricchi; perché erano comunisti e perché erano capitalisti; perché erano chiusi tra loro e perché si infiltravano ovunque; perché si sono aggrappati tenacemente a credenze religiose antiche e perché erano cosmopoliti senza radici che non credevano in niente. 

L’antisemitismo è un virus che sopravvive mutando. Nel Medioevo, gli ebrei erano odiati per la loro religione. Nel XIX e XX secolo erano odiati per la loro razza. Oggi sono odiati per la loro nazione, Israele. L’antisionismo è il nuovo antisemitismo. 

Anche la legittimazione è cambiata. Nel corso della storia, quando le persone hanno cercato di giustificare l’antisemitismo, l’hanno fatto ricorrendo alle più grandi fonti di autorità disponibili dentro la cultura. Nel Medioevo, era la religione. Nell’Europa Post-illuminista, era la scienza. Oggi sono i diritti umani. Per questo Israele, l’unica democrazia pienamente funzionante in Medio Oriente dotata di libertà di stampa e di una magistratura indipendente, è regolarmente accusata dei cinque crimini contro i diritti umani: razzismo, apartheid, crimini contro l’umanità, pulizia etnica e tentato genocidio. Questa è la calunnia del nostro tempo. 

L’antisemitismo è un classico esempio di ciò che l’antropologo René Girard vede come la forma principale di violenza umana: cercare un capro espiatorio. Quando a un gruppo succedono brutte cose, i suoi membri possono chiedersi due domande diverse: “Dove abbiamo sbagliato?” o “Chi ci ha fatto questo?” Il destino del gruppo dipenderà da quale scelgono. 

Se si chiedono, “Dove abbiamo sbagliato?” è iniziata un autocritica essenziale per una società libera. Se si chiedono “Chi ci ha fatto questo?” si definiscono vittime. E allora cercheranno un capro espiatorio da incolpare per tutti i problemi. Storicamente sono stati gli ebrei.

Oggi il ragionamento è questo. Dopo l’Olocausto, ogni essere umano benpensante doveva opporsi al nazismo. I palestinesi sono i nuovi ebrei. Gli ebrei sono i nuovi nazisti. Israele è il nuovo crimine contro l’umanità. Pertanto ogni persona benpensante deve opporsi allo Stato d’Israele, e poiché ogni ebreo è un sionista, dobbiamo opporci agli ebrei. Questo ragionamento è completamente sbagliato. Erano ebrei non israeliani quelli uccisi negli attentati terroristici a Tolosa, Parigi, Bruxelles e Copenaghen.

L’antisemitismo è una forma di fallimento cognitivo. Semplifica problemi complessi. Divide il mondo in bianco e nero, vedendo tutta la colpa da una parte e tutto il vittimismo dall’altra. Sceglie un gruppo su cento colpevoli da incolpare. Zittisce il dissenso e non si mette mai in discussione. Il ragionamento è sempre lo stesso. Noi siamo innocenti; loro sono colpevoli. Ne segue che se noi – cristiani, ariani o musulmani – dobbiamo essere liberi, loro, gli ebrei, o lo Stato d’Israele, devono essere distrutti. Ed è cosi che cominciano i grandi crimini. 

Gli ebrei sono stati odiati perché erano diversi. Erano la minoranza non-cristiana più grande nell’Europa cristiana prima delle due guerre mondiali. Oggi sono la più grande presenza non-musulmana in un Medio Oriente islamico. L’antisemitismo è sempre stato frutto dell’incapacità di un gruppo di creare spazio per le differenze. Nessun gruppo che adotti questa volontà potrà mai creare una società libera. 

L’odio che inizia con gli ebrei non finisce mai con gli ebrei. In un mondo inondato dall’odio attraverso le divergenze religiose, persone di tutte le fedi e non credenti devono stare insieme, non solo per sconfiggere l’antisemitismo ma per assicurarsi che i diritti delle minoranze religiose siamo difesi ovunque.

La storia ci giudicherà per come affrontiamo questa sfida. Non dobbiamo fallire.