L’Italia, che mi sta tanto a cuore, è diventata un focolaio di antisemitismo

Opinioni

di Daniel Bettini
(redattore capo esteri, israelo-italiano – da Yedioth Achronot, traduzione di Roberto Della Rocca)

La situazione di Israele nel mondo, e soprattutto in Occidente, è pessima. Purtroppo non c’è nulla di nuovo in questo. L’immagine del Paese si sta deteriorando nell’arena pubblica e politica degli Stati Uniti e dell’Europa, soprattutto nei campus, sulla stampa e nel mondo culturale. Uno dei luoghi in cui l’ostilità verso Israele sembra essere sfuggita di mano è l’Italia, e questo mi preoccupa personalmente.

Le mie origini familiari italiane, il mio grande amore per il popolo italiano e per lo Stivale, mi fanno guardare con profondo shock e crescente preoccupazione verso ciò che sta accadendo in molte città contro tutto ciò che è israeliano, tutto ciò che ha odore di sionista, e da lì nasce un’ondata di dichiarazioni e dichiarazioni antisemite piuttosto estreme.

Sembra che tutti i problemi in Italia siano scomparsi e che rimanga solo la crescente avversione verso Israele e gli israeliani, a prescindere dal loro background o dalla loro posizione politica.

Il Paese è stato recentemente testimone di una serie di incidenti quasi inimmaginabili.

Già dopo il 7 ottobre, l’Italia è diventata un focolaio di attività filo-palestinesi, soprattutto nella sfera pubblica e nei campus universitari. Il movimento studentesco italiano, molto forte negli ambienti di sinistra, insieme ai fortissimi sindacati italiani, organizzano quasi ogni settimana grandi manifestazioni nelle città centrali italiane, con cori e slogan anti-israeliani che rasentano l’antisemitismo.

Si è arrivati al punto che negli ultimi mesi a giornalisti e personaggi pubblici ebrei italiani è stato impedito di parlare in importanti università italiane, semplicemente a causa della loro ebraicità e perché hanno osato esprimere comprensione o sostegno alla lotta di Israele contro il terrorismo.

Solo nell’ultima settimana si è accumulato una serie di eventi che è difficile ignorare.

Una famiglia israeliana in viaggio a Napoli, nel sud Italia, è stata cacciata fuori da un ristorante dove si era seduta a mangiare dopo che la proprietaria ha scoperto che provenivano da Israele, ha iniziato a insultarla con commenti antisemiti e ha urlato loro che “i sionisti non sono accettati qui”.

Il fatto che il cliente israeliano abbia tirato fuori una telecamera e documentato l’accaduto ha fatto sì che la storia diventasse virale e che i media italiani ne parlassero ampiamente. Ma accanto alle condanne, ciò che è ancora più sorprendente è l’enorme identificazione del popolo dei social e di molti cittadini con la posizione del proprietario del ristorante. A Napoli, nei giorni successivi all’accaduto, sono iniziate ad apparire adesivi con la scritta “Qui non sono benvenuti i sionisti”, in segno di solidarietà con il ristorante.

“Tutta Napoli è contro Israele e i sionisti”

Artisti e residenti hanno iniziato a pubblicare l’adesivo o a scattare foto online con esso, esprimendo solidarietà al ristorante e rendendo chiaro che “tutta Napoli è contro Israele e i sionisti”.

Il 1° maggio si è tenuta a Roma una grande esibizione dei migliori cantanti e gruppi musicali italiani per celebrare la Festa del Lavoro, una tradizione importante in Italia. Decine di migliaia di persone si sono radunate a Roma per cantare e festeggiare durante il grande spettacolo. Ne ha approfittato un gruppo, molto popolare tra i giovani in Italia, arrivato secondo al concorso italiano X-Factor, e ha scelto di suonare il brano “Hava Nagila”, così ebraico e così israeliano, con il cantante che, sullo sfondo dei suoni, predicava che “il testo della canzone, per rallegrarsi, non avrà senso finché tutti i popoli non saranno liberi dall’oppressione”, e invitava il folto pubblico a ripetere con lui il canto di “Liberate, liberate la Palestina”. Migliaia di persone lo hanno accompagnato contenti, e tutto questo sullo sfondo della melodia di “Hava Nagila”.

La comunità ebraica è rimasta scioccata e indignata dalla denigrazione della canzone, e in particolar modo dall’ignoranza della band e dalla malvagità che essa dimostrava. I media se ne sono occupati un po’ e poi sono andati avanti.

Avanti, veramente?

La scorsa settimana, presso l’Università La Sapienza, forse l’istituzione accademica più importante d’Italia, è stato inaugurato il libro di nientepopò di meno che il più prolifico assassino ed ex leader di Hamas, Yaya Sinwar.

Il libro da lui scritto in una prigione israeliana, Le spine e il garofano, è stato presentato in un evento clandestino pianificato con discrezione, dopo che un precedente tentativo di lancio nel marzo scorso aveva suscitato critiche e indignazione nella comunità ebraica ed era stato annullato.

Così i filo-palestinesi e gli studenti della sinistra filo-palestinese non si sono arresi e hanno agito in modo discreto finché non sono riusciti a lanciare il libro, con il promotore che spiegava “l’enorme importanza del libro per comprendere le radici della resistenza palestinese”, mentre allo stesso tempo predicava contro i tentativi di censura contro il lancio del libro, che fortunatamente non hanno avuto successo.

Un cantante e attore italiano molto noto, ebreo e amante di Israele, sta ricevendo commenti estremamente duri in rete.

Intanto, continua quella che in Italia è diventata quasi una tradizione nell’ultimo anno e mezzo: attaccare e diffamare niente meno che Liliana Segre, la 94enne sopravvissuta all’Olocausto, la più famosa e rispettata sopravvissuta all’Olocausto in Italia, alla quale è stata conferita la carica di senatrice a vita. Segre è stata negli ultimi decenni la voce più importante in Italia contro l’antisemitismo e a favore della salvaguardia dell’istruzione sulla Shoah. Ma il massacro del 7 ottobre ha trasformato Segre in un bersaglio, in un “agente sionista”, e le dure critiche da lei rivolte ad Hamas e alle atrocità commesse dall’organizzazione hanno spinto molti a manifestare contro di lei, ad agitare cartelli con slogan terribili contro di lei e a insultarla in post pieni di odio.

Segre è molto critica verso il governo Netanyahu e ha espresso grande empatia per le sofferenze della popolazione palestinese, condannando chiaramente Hamas. Ma questo non è bastato a impedire di farla diventare un bersaglio, e nei commenti nei social si può leggere che “Siamo stufi delle sue presunte dichiarazioni sugli orrori dell’Olocausto e proviamo disgusto nei suoi confronti come personaggio pubblico.” Da anni la senatrice Segre vive sotto scorta a causa delle minacce alla sua vita. Minacce che di recente sono aumentate.

Gli italiani che ho incontrato recentemente, sia cittadini comuni che esponenti del mondo diplomatico, mi dicono che non c’è bisogno di esagerare e che queste voci ci sono sempre state e che la maggioranza sostiene Israele.

Ma questa maggioranza è molto silenziosa.

I sostenitori di Israele che conosco in Italia si sentono minacciati, e in particolare gli ebrei italiani, che si sentono molto a disagio.

In generale, ho sentito dire che la maggioranza della popolazione in Europa non sostiene il diffuso atteggiamento anti-israeliano ed è disgustata dal crescente antisemitismo. Ma questa maggioranza non scende in piazza, abbandonando l’arena all’odio, che unisce sostenitori palestinesi, islamisti, giovani di sinistra e anche attivisti di estrema destra che trovano una comoda piattaforma per terribili teorie razziste.

E l’Italia, che mi sta tanto a cuore, è diventata l’epicentro di questi eventi.

E fa male. Molto.