Il Papa in Turchia: doveva proprio dire che il Corano è un “libro di pace”?

Opinioni

di Angelo Pezzana

Pope Francis listens to Rahmi Yaran Mufti of Istanbul during visit to Hagia Sophia in IstanbulDurante la sua visita in Turchia, Papa Francesco ha riaffermato la condanna dell’uso della religione per giustificare il terrorismo. Una affermazione talmente ovvia e condivisa che però finora non ha mai dato alcun risultato pratico. Le fedi che non ne hanno mai fatto uso si sono giustamente sentite estranee, mentre la religione che più di ogni altra sta insanguinando il mondo con i crimini commessi in suo nome non ci ha fatto nemmeno caso. Le parole del Papa, come gli appelli alla pace, non servono a nulla se non vengono seguite da fatti concreti. Fin qui nulla di nuovo, a Istanbul ognuno ha recitato la propria parte. Il Papa ha pregato insieme al Patriarca Bartolomeo e al Gran Muftì, ma anche con il califfo Erdogan, non andando oltre il livello diplomatico, anche se sicuramente sapeva di trovarsi di fronte a uno dei massimi responsabili, insieme con Iran e Qatar, della diffusione del terrorismo in tutto il Medio Oriente. Papa Francesco poteva fermarsi qui, con una replica dei suoi accorati sermoni domenicali. Inutili, ma dai nobili contenuti.
Invece no, è andato più in là, forse nel tentativo di compiacere i suoi interlocutori, quando ha definito il Corano “un grande libro di pace”. Escludendo che Papa Francesco ne ignori il contenuto, è d’obbligo chiedersi il perché di una simile affermazione, soprattutto dal momento in cui tutto il terrorismo islamico – nessuna sigla esclusa – si richiama al Corano quale testo al quale ispirarsi per imporre al mondo intero la Shari’a, con le “buone” – la conversione forzata- o con le “cattive”- l’eliminazione fisica degli infedeli. Perché al terrorismo islamico non si può non attribuire l’aver trasformato guerre civili, colpi di Stato, guerriglie nazionaliste e altri orrori in una vera e propria guerra di religione, il cui simbolo unificante è il Corano, citato non a caso, ma per i suoi specifici comandamenti, tra i quali quello più diffuso è la condanna a morte degli infedeli. Sarà pure involontariamente, ma la riabilitazione del Corano di fronte all’opinione pubblica mondiale, si trasformerà in un aiuto inaspettato per tutti i gruppi terroristi musulmani. Che non dovranno nemmeno ringraziare per la grazia ricevuta.
Papa Francesco, a capo di una Chiesa che dura da duemila anni, sa benissimo che a garantirne la continuità, non sono mai state sufficienti le preghiere; nel corso dei secoli è dovuta intervenire spesso la spada. Ignorare che nel mondo contemporaneo le dittature più feroci, il cui potere si sta diffondendo ovunque, sono islamiche, ha un solo significato: nutrire il coccodrillo sperando di essere mangiati per ultimi. O sperare che il coccodrillo sia talmente sazio da non avere più appetito. Perché Papa Francesco ha scelto questa strada?