Shoah: i contorni dell’inguardabile

Libri

di Gigliola Foschi 

“Qui ci sono i mirtilli”, si trova scritto dietro a una fotografia che testimonia il piacere di gustarsi in allegra compagnia questi piccoli frutti selvatici. Un’elegante signora in pelliccia, accompagnata dal marito, è fotografata sorridente mentre offre da mangiare a teneri cerbiatti. Che spensierate scenette agresti! Peccato che tali momenti di riposo e intrattenimento abbiano un lato nascosto terribile, mostruoso. Chi si sollazzava gustando mirtilli era infatti un ufficiale delle SS attorniato da donne ridenti, ritratte mentre si rilassavano dopo una “faticosa” giornata trascorsa ad Auschwitz nell’epoca dello sterminio ebraico. La bella signora Ilse, assieme al suo depravato e corrotto consorte Karl Koch, vivevano nel lusso presso il lager di Buchenwald, da lui diretto. Koch, per offrire a sua moglie e alle SS del campo occasioni di svago, aveva addirittura allestito, lì vicino, un maneggio e pure uno zoo con cerbiatti, orsi e altri animali esotici. Difficile, vedendo tale fotografia, non ricordare il film La zona d’interesse (regia di Jonathan Glazer, 2023) dove l’indifferente signora Hedwig – moglie del comandante del campo di Auschwitz, Rudolf Höss – viveva un’idilliaca quotidianità coltivando con amore il suo giardino – “il mio piccolo paradiso” – mentre da oltre il muro di casa provenivano spari, urla e il cielo era illuminato dalle fiamme dei crematori in azione.

 

Chi ci guida nella riflessione su tali fotografie è Laura Fontana con il suo libro Fotografare la Shoah. Comprendere le immagini della distruzione degli ebrei (Einaudi, 2025, pp. 442, € 32,00). Un testo denso, documentato, con un percorso tendenzialmente cronologico e nato dalla constatazione che buona parte di queste fotografie non sono ancora state esaminate e studiate come fonti conoscitive e con il necessario approccio storico. Molte, inoltre, sono state ritrovate addirittura di recente: solo nel 2020 il Museo dell’Olocausto di Washington (che conserva ben 80.000 immagini legate alla Shoah) ha acquisito l’album del vicecomandante del campo di sterminio di Sobibór; e ancora più tardi, nel 2022, lo Yad Vashem di Gerusalemme è entrato in possesso della raccolta fotografica di un nazista che documenta l’ondata di violenza e distruzione contro gli ebrei, le loro case e sinagoghe, nella famigerata Pogromnacht (nota come la “Notte dei Cristalli” del 1938).

Certamente ha avuto un ruolo importante nel far riflettere, conoscere e studiare le immagini della Shoah l’encomiabile mostra fotografica di oltre vent’anni fa, La memoria dei campi, fotografie dei campi di concentramento e di sterminio nazisti (1933-1999) (catalogo Palazzo Magnani-Contrasto, 2002), curata da Clément Chéroux, ricca di varie testimonianze e contributi, tra cui quello del filosofo Georges Didi-Huberman a corredo dai quattro scatti clandestini scattati ad Auschwitz dal Sonderkommando, cui poi dedicherà il libro Immagini malgrado tutto (Raffaello Cortina Editore, 2005).

Esposta per la prima volta a Parigi nel 2001 quella mostra si concentrava però quasi esclusivamente – come indica il titolo – sulle fotografie legate ai lager e non anche su quelle scattate nei ghetti, durante i pogrom o sulle esecuzioni nell’Est europeo perpetrati dalle Einsatztruppen (Unità Operative), e neppure su fotografie per così dire “laterali” anche se cariche di significati.

Poiché il libro di Laura Fontana, data la vastità e serietà della sua ricerca, non può essere semplicemente recensito, né riassunto, entrerò in relazione con il suo testo cercando di far emergere alcuni aspetti significativi o in precedenza poco analizzati, anche perché mancava ancora una documentazione visiva. Oggi invece, grazie al recente ritrovamento dei reportage realizzati nelle città di Norimberga e di Fürth dai fotografi nazisti durante la Pogromnacht si può, ad esempio, vedere come gli attacchi contro gli ebrei tedeschi, a suo tempo presentati come “uno scoppio spontaneo di violenza”, furono in realtà perpetrati esclusivamente dalle SA e dalle SS, senza che la popolazione vi partecipasse. Popolazione che però, e questo era fondamentale per Hitler verificarlo, rimase inerte, senza esprimere alcun segno di solidarietà, indignazione o disapprovazione di fronte a innumerevoli scene strazianti e di violenza inaudita. Insomma tali immagini fotografiche offrirono al Führer una “rassicurante” testimonianza: avrebbe infatti potuto andare avanti nel suo programma di sterminio senza incorrere nell’opposizione dei cittadini tedeschi. Quegli stessi cittadini che invece, con le loro ripetute proteste, avevano in parte bloccato il programma eugenetico “Aktion T4” per l’eliminazione dei disabili.

 

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Foto in alto: Gruppo di SS durante un congedo di riposo a Solahütte, a circa 30 chilometri dal campo di Auschwitz, mentre assistono a un concerto di fisarmonica. In prima fila da sinistra a destra: Karl Höcker, Otto Moll, Rudolf Höß (con il gomito destro appoggiato al parapetto del ponte), Richard Baer, Josef Kramer (dietro Baer alla sua sinistra), Franz Hößler, Josef Mengele. Dall’album di Auschwitz di Karl Höcker.Washington, United States Holocaust Memorial Museum. (Foto courtesy del Museo).