di Fiona Diwan
Una partita a scacchi con la morte, la fucilazione rimandata per un soffio, perché colui in piedi contro al muro è tra i più grandi campioni di scacchi della storia, al secolo Ossip Bernstein. Siamo a Odessa, nel 1918, in piena Rivoluzione russa, e i bolscevichi fucilano sommariamente presunti e reali controrivoluzionari. Ma non lui: com’è possibile che un genio matematico finisca così stupidamente i suoi giorni, si chiede l’ufficiale bolscevico leggendo il suo nome sulla lista? E lo salva, sfidandolo a giocare una partita: se vince sarà libero, se perde morirà. La vicenda è autentica, sono vere le peripezie rocambolesche vissute da Bernstein, scacchista tra i più grandi del mondo, la cui figura oggi è ricostruita con abilità, precisione storica e sapienza narrativa da Enrico Franceschini ne La mossa giusta. Una fiction biografica intrisa di suspense che intreccia storia, vita, immaginazione, colpi di scena; e dove vediamo scorrere davanti a noi i grandi nomi della storia, da Stalin a Kruscev, da Marc Chagall a Salvador Dalì a Stefan Zweig…
Che il segreto di Franceschini sia nella sua curiosità e volontà di esplorare, che gli hanno garantito una vita movimentata e una meritata carriera come giornalista e inviato speciale (per il quotidiano La Repubblica)? A metà tra biografia romanzata e romanzo biografico, Franceschini ci porta sulla grande scacchiera della storia, attraverso le rivoluzioni e le guerre del Novecento, per raccontarci la vicenda di Ossip Bernstein, ebreo ucraino, brillante avvocato della finanza a Mosca ridotto in miseria dalla Rivoluzione, poi finanziere a Parigi rovinato dal crollo di Wall Street nel 1929, e infine costretto a fuggire e di nuovo gettato in miseria, per la terza volta, dall’invasione della Francia da parte delle truppe di Hitler. Bernstein ha dato scacco matto al suo destino? Lui non sa dirlo: ha amato una donna sola, ha perduto suo figlio e tutti i suoi cari nella Shoah, ha venduto cara la pelle, ha avuto fortuna, ha amato la vita. Ma ha anche saputo guardare in faccia il suo più grande avversario, il destino, giocando ogni partita fino all’ultima mossa. Attirato dal gioco in tutte le sue forme e dalle sfide impossibili, Bernstein ha una fede indistruttibile nella tradizione, nella famiglia e nell’identità ebraica. Ma da sempre la scacchiera è una metafora dell’esistenza. Perché in fondo tutto sta nel fare la mossa giusta al momento giusto e accettare le conseguenze delle nostre scelte. Coinvolgente, pieno di spunti, un’apnea nella storia del XX secolo.
Enrico Franceschini, La mossa giusta, Baldini+ Castoldi, pp. 302, 20,00 euro.