Racconti d’esilio: storie femminili dal mondo arabo-ebraico

Libri

di Sofia Tranchina
Personaggi solitari, brandelli di ricordi, intuizioni camusiane e, soprattutto, storie di ebrei. Questo il filo conduttore dei cinquantatré racconti brevi raccolti sotto il titolo A Beirut non ci sono più cani, prima pubblicazione di Danielle Sassoon presso VandA Edizioni.

Nata a Milano nel 1965 da famiglia sefardita, Danielle ha conseguito una formazione umanistica, diplomandosi presso il Liceo Classico Parini di Milano, per poi essere ammessa al corso attori della Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, da cui viene espulsa per cattiva condotta. Seguono gli anni dedicati al disegno e alla pittura, una passione coltivata sin da bambina. L’appuntamento senza sconti con la malattia mentale, che si conclama anni dopo come sindrome bipolare, segna un passaggio tra il prima e il dopo.  I ricoveri ospedalieri e la fatica di quei giorni sono all’origine della sua nuova spinta creativa, quando mette vie matite e colori e comincia a scrivere. I suoi brevi racconti si fanno sempre più fitti, prima sulle bacheche dei social network e ora, per la prima volta, raccolti in un libro.

Tutti i racconti, intrisi della proverbiale amarezza della creatività di Danielle, trattano il tema della sconfitta e della perdita, senza alcuna deriva sentimentale né pretesa di riscatto individuale.

Sono soprattutto donne le protagoniste dell’universo creativo di Danielle, il solo soggetto umano che ha sempre ritratto nei suoi quadri, in una sorta di ossessione monotematica. Nei racconti invece, come linfa nuova, ci si presentano per la prima volta anche protagonisti maschili: Giovanni, lo zio Marcel, il professor Pedretti…

Danielle Sassoon (a sx) con l’editrice Angela di Luciano

«Sono nata e cresciuta in un contesto prevalentemente femminile: le sorelle, le amiche, gli amori … donna sono poi io, un cammino di identificazione faticoso e non scontato, al cui traguardo approdo felice in età avanzata, appena in tempo per incontrare l’altro sesso».

È proprio una casa editrice di stampo femminista che si è fatta carico di lanciare questo primo libro, VandA Edizioni: «devo tutto ad Angela di Luciano e Vicki Satlow, due matte, talmente matte da investire su di me. Comunque, non amo cadere nel cliché del femminismo che dipinge le donne come creature angeliche. Le mie donne sono vere, crude, capaci di compiere il male, né più né meno degli uomini.

«Questo libro nasce sotto l’ala di un miracolo, che mi ha consentito di uscire dalla notte della malattia e di venirla a raccontare. Ma la ragione più profonda è racchiusa nella dedica a Barbara, mia sorella, che da sempre è l’ispiratrice più profonda della mia creatività. Sarebbe corretto dire che il libro è stato scritto a due anime».

È forte anche il tema dell’ebraismo, da cui «non si scappa». Ma è quell’ebraismo contaminato, laico, che si sono portate dietro tante famiglie esiliate: «una rete di superstizioni, modi di fare, modi di dire, trasmessi alle generazioni ‘occidentalizzate’». Un ebraismo con il quale la scrittrice ha sempre avuto un rapporto controverso, tra tentativi di assimilazione e riscoperta delle origini. Per un ebreo «è inevitabile fare ritorno. Io non sapevo che avrei scritto un libro sugli ebrei, ma alla fine devo riconoscere che l’ebraismo è la struttura portante del mio libro».

Anche il titolo parla di ebraismo: «Papà mi raccontava che quando viveva in Libano gli ebrei spesso venivano chiamati cani, e a Beirut non ci sono più cani».

I racconti sono per la maggior parte ispirati a episodi autobiografici – benché senza alcuna pretesa di realismo – giocati in bilico tra la modernità occidentale e la cultura secolare araba. Altri racconti, ambientati negli anni dell’esodo ebraico dai paesi arabi, si svolgono in Libano, Egitto, Siria, in una sorta di omaggio tardivo verso quel che non c’è più. Non mancano ulteriori personaggi claudicanti, presi in prestito dai tempi presenti: la piccola, pura Mirella nelle mani di una nonna avida; il portinaio Mario che abusa della giovane inquilina; Alda, la donna che vuole fare un figlio su commissione perché ha bisogno di soldi…

(Danielle Sassoon, A Beirut non ci sono più cani, 160 pagg., 19 euro)