Philip Roth

Lo spettro dell’antisemitismo nella coscienza ebraica americana

Libri

di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita] Gli Stati Uniti appaiono come un porto sicuro dove qualsiasi persona perseguitata nel Vecchio mondo possa trovare rifugio per praticare tranquillamente la propria religione. Tale era la vocazione di questo paese dai tempi del Mayflower nel 1620 quando 100 puritani si stabilirono nel Massachusetts. Ma precisamente, l’estrema libertà e il rispetto assoluto dell’individualismo, caratteristiche dell’ethos americano, hanno prodotto l’effetto perverso che l’antisemitismo è spesso tollerato come un’opinione fra le altre.

 

Questo divario fra l’ideale di libertà e la perversione della libertà ha generato varie reazioni fra gli ebrei americani: talora hanno manifestato la loro fiducia nelle istituzioni; talaltra si sono difesi a livello giudiziario come quando nel 1913 venne fondata l’Anti-Defamation League, emanazione della B’nai B’rith, organizzazione creata in reazione contro il rifiuto della massoneria americana di integrare ebrei nelle proprie logge. Ma ciò che ci interessa qui è l’espressione artistica dell’angoscia ebraica americana di fronte alla minaccia dell’antisemitismo.

Questa angoscia ha ispirato a Philip Roth il suo romanzo ucronico The Plot against America – Il complotto contro l’America (2004, 2005 in traduzione italiana) dove si immagina che nel 1940 fosse l’aviatore antisemita Charles Lindbergh ad esser stato eletto presidente invece che Franklin Delano Roosevelt. Durante due anni gli Stati Uniti diventano un paese fascista, dove gli ebrei sono vittime di un antisemitismo statale e di un antisemitismo popolare non represso dallo Stato. In questa fantasmagoria, si vede una chiara dicotomia fra la Costa orientale degli Stati Uniti, dove si manifesta un’opposizione alla svolta fascista della nuova amministrazione presidenziale, e regioni retrograde come il Sud e il Midwest dove vige un antisemitismo profondamente radicato nella popolazione.

Lo stesso sospetto di antisemitismo nei confronti di quegli Stati poco illuminati del Midwest si manifesta in due film: il primo è Annie Hall (Io e Annie) di Woody Allen (1977) dove Alvy Singer, incarnato da Woody Allen, è invitato al pranzo pasquale dalla famiglia di Annie Hall da qualche parte nel Midwest. Questa famiglia è di origine tedesca e Alvy Singer percepisce una nota antisemita nello sguardo della nonna. A questo punto si trasforma in rabbino hassidico come se avesse materializzato all’estremo la percezione che la nonna aveva di lui.

Ancora più angosciante è una scena onirica di A Serious Man (2009) dei fratelli Cohen che racconta la vita di una piccola comunità ebraica nell’Uppermidwest, più precisamente in una cittadina del Minnesota nel 1967. Il protagonista principale Larry ha un incubo dove vede il suo problematico fratello Arthur fuggire in Canada, attraversando un lago al confine fra gli Stati Uniti e il Canada con una canoa. A questo punto i vicini di Larry che sono rappresentati come cacciatori crudeli e ostili sparano a morte al fuggitivo come se la scena avvenisse in un luogo dove era lecito assassinare impunemente gli ebrei.

Queste rappresentazioni dell’angoscia di fronte all’antisemitismo negli Stati Uniti sono state superate dalla realtà, come si può vedere dal lungo elenco degli attentati antisemiti di questi ultimi anni e dall’odio che può provenire sia dal Suprematismo bianco sia da elementi radicalizzati delle minoranze musulmane. Come spesso nella loro storia, gli ebrei sono presi fra l’incudine e il martello.