Mosè davanti al roveto ardente

Interpretare l’Esodo, testo-paradigma di tutte le rivoluzioni e lotte per la libertà

Libri

di Fiona Diwan

Uno tra i più grandi studiosi di religioni antiche, Jan Assmann, rilegge in modo originale il racconto di Mosè, dal Sinai al deserto, al mishkan…

 

Mosè al roveto ardente che si paralizza e recalcitra ascoltando la voce del Padreterno che lo chiama. Il ritorno in Egitto per convincere il popolo e il faraone che è giunta l’ora di cambiare, non più “cavallo e cavaliere”, non più padrone e schiavo, non più chi sta sotto e chi sta sopra, basta col dominio dei pochi sui molti. E poi Mosè che attraversa il Mare dei Giunchi nelle grida, proteste e scetticismo generale. Ancora Mosè che rischia di perdere la salute mentale davanti alle ribellioni, ai mugugni, alle violente rimostranze del popolo

Mosè che si dispera, Mosè che intercede, Mosè che perde la calma ma mai la fiducia. Mosè sul Monte Nebo, la sua grandiosa tristezza nel vedere da lontano ciò che in definitiva si è rivelata la grande illusione-speranza di tutta la sua vita.

Ecco il racconto dell’Esodo che si dipana come un grande nastro di liberazione, un totemico percorso iniziatico dal buio alla luce, modello inarrivabile di narrazione con cui le collettività hanno guardato a se stesse nel loro farsi nazione e popolo. «Il libro dell’Esodo racchiude probabilmente la storia più grande e gravida di conseguenze che gli uomini si siano mai raccontati», scrive Jan Assmann in Esodo-La rivoluzione del mondo antico (Adelphi, traduzione Ada Vigliani), studioso di Teoria delle Religioni e tra i più grandi egittologi viventi, professore emerito all’università di Heidelberg e Costanza.

Esodo non solo come mito fondativo di Israele, ma come base del “monoteismo del patto” e quindi elemento centrale del mondo moderno, la prima delle cinque epocali biforcazioni della storia universale. «L’influenza dell’Esodo è sterminata, la sua eco incommensurabile», scrive Assmann. Un nucleo narrativo la cui forza di attrazione ha attraversato i millenni e che va ben oltre la tensione antagonistica tra Egitto e Israele.

Il patto di Israele sul Sinai è la sovversione di un modello sociale e di potere, invita a assumere su di sé la responsabilità di un cambiamento e la realizzazione di una società più giusta e umana. Le società antiche sono immobili, sottolinea Assmann, inseguono archetipi mitici, di armonia con gli dei – siano essi Zeus o Osiride – e pertanto vanno tenute al riparo dai cambiamenti e dai moti evolutivi. Sono quindi prive di una prospettiva in avanti, di un orizzonte progressivo, di mutamento e metamorfosi, tendono alla conservazione e a realizzare società cristallizzate nelle loro gerarchie sociali. «La rivelazione narrata nell’Esodo non fa parte del mondo così com’è ma interviene radicalmente su di esso allo scopo di trasformarlo».

Se il Deuteronomio è il libro fondativo di ogni etica, religiosa come laica, l’Esodo è il paradigma di tutti i cambiamenti politici e sociali, della costruzione di una identità collettiva, il modello di rivoluzione in ogni tempo e in ogni luogo. Non a caso Jan Assmann, – come a suo tempo anche Michael Walzer nel suo straordinario Esodo e rivoluzione -, elenca puntigliosamente tutti i movimenti politici ispirati all’Esodo, dalla rivoluzione di Oliver Cromwell ai Padri Pellegrini fondatori della nazione americana, dalle lotte per l’identità di armeni, boeri, olandesi, etiopi al movimento dei diritti civili negli States.

Con un procedere sistematico e analitico, da buon tedesco, Assmann ci coinvolge in una lettura risonante dell’Esodo, una riflessione strutturata e appassionante, ricca di implicazioni e citazioni: dalla teoria di Sigmund Freud di un Mosè egizio e psicologizzato, ucciso dagli stessi ebrei come fece Edipo con suo padre Laio – teoria ormai priva di ogni fascino – fino alla lettura di Goethe per cui, parlando della narrazione dell’Esodo, non si tratta di distinguere tra vero o falso, verità storica o invenzione mitica, ma tra fedeltà e tradimento rispetto al patto; dalla tesi di David Hume e altri per cui è il monoteismo ad aver generato il conflitto, l’intolleranza, e la violenza fino a Ernest Sellin che teorizza il destino violento che incombe sui profeti di Israele: Jan Assmann prende in rassegna tutte le letture fatte finora della storia di Mosè e del suo popolo, non lascia fuori nessun pensatore né teoria pregressa, nessuna prospettiva viene ignorata, si tratti di quella religiosa, storica o giuridica, della verità narrativa, simbolica, mitica. Perché, sostiene, nel mondo antico non è mai accaduto nulla di simile e di così sconvolgente, non c’è Codice di Hammurabi che possa competere con i Dieci Comandamenti.

 

Soffermandosi sul significato simbolico e sui nuclei di significato, sul mito politico e sulla teologia del patto, Assmann destruttura e analizza i coaguli tematici, il piano narrativo e il piano normativo, divide il racconto in sei fasi ed entra nel testo ebraico passo dopo passo. Particolarmente interessanti le parti dedicate alla riottosità e testardaggine del popolo nel deserto, in perpetua ribellione: qual è il senso di una rappresentazione di sé tanto sfavorevole, si chiede l’autore? Che cosa significano le scene di indignazione che si ripetono di continuo? Perché si rimpiangono di continuo le “pentole di carne” mangiate in Egitto e il mugugno per la manna? Fede e incredulità, fiducia e sfiducia: ci si meraviglia per i prodigi attuati dall’Altissimo salvo poi essere colpiti da amnesia subito dopo: tutto si alterna in un racconto luminoso e insieme cupo, derive idolatriche (vitello d’oro, l’episodio di Pinchas), contestazioni violente della leadership di Mosè e Aronne (la rivolta della banda di Core), dubbi sibillini (Datan e Abiram) e messa in dubbio fatale (gli esploratori) che impediranno l’ingresso nella Terra promessa e il vagare per altri 40 anni nel deserto…

«Il racconto dell’Esodo sprona il popolo a attuare un triplice distacco: dall’Egitto, quintessenza del vecchio sistema che bisogna lasciarsi assolutamente alle spalle per diventare uomini liberi; dai Cananei, abitanti della Terra promessa, che praticano una religione falsa e empia; e distacco dai “padri” ossia dal proprio passato peccaminoso», dalle colpe dei padri, scrive Assmann. «Laddove Michael Walzer ha letto la tradizione dell’Esodo nella sua dimensione politica come matrice di tutte le rivoluzioni, io vorrei interpretarla nella sua dimensione religiosa come la matrice di tutte le rivelazioni. L’Esodo, in quanto leggenda fondativa di questo nostro mondo, mantiene a tutt’oggi la sua vitalità». Assmann ci regala una lettura stimolante, vivace, ricchissima di spunti, di implicazioni e di erudizione.