Giulio Busi e le origini ebraiche del cristianesimo

Libri

di Fiona Diwan

Quello di Giovanni è il più ebraico dei Vangeli

Non è semplice parlare dei Vangeli da un punto di vista ebraico, in particolare del Vangelo di Giovanni, “il discepolo che Gesù amava”, l’uomo chiamato ha-zaqqen, l’Anziano, Giovanni che ormai centenario, canuto ed esule, lontano da una Gerusalemme rasa al suolo dai romani, ricorda “il Tempio distrutto, i sacerdoti dispersi, il culto interrotto” e più nessuno che parla ebraico e aramaico. Riportare la figura di Gesù alla sua matrice originaria ovvero nel “recinto ebraico”, storicizzandola, non è certo cosa nuova ma resta comunque non facile. Forse ci prova lo studioso e docente di mistica ebraica all’Università di Berlino, Giulio Busi, con un saggio che è una contro-narrazione di notevole impatto, scritto con la consueta prosa di charme, un ritmo coinvolgente, e quel peculiare modo che Busi ha di scrivere che unisce la forza del racconto al rigore storico della documentazione.
Busi srotola così la vicenda dell’evangelista Giovanni, l’ultimo discepolo, l’ultima voce in grado di raccontare Gesù: per questo Giovanni raduna gli scribi intorno a sé e detta, non ha più la forza di scrivere ma conosce la forza della sua testimonianza e vuole fissarla prima che l’ultimo soffio vitale gli esca dal petto.

Ma chi era Giovanni? Il figlio ignorante di un pescatore oppure un aristocratico, un fine sapiente di stirpe sacerdotale che sapeva tutto delle leggi ebraiche? È esistito davvero? Chissà, la sua esistenza non è certa. È un uomo del popolo o appartiene all’elite ebraica gerosolomitana? Di certo non fa parte della cerchia più ristretta di Gesù. E allora, chi c’è dietro a questo Vangelo? Un solo individuo, una personalità singola oppure, come sostengono alcuni, il Quarto Vangelo è stato redatto a più mani, da numerosi scriventi, o addirittura un gruppo omogeneo di seguaci, un circolo di intellettuali? Insomma, chi ha scritto il Quarto Vangelo le cui ambizioni teologiche ne fanno “il primo grande documento di pensiero della chiesa cristiana”, uno dei capisaldi della fede? “C’è un velo che dobbiamo penetrare. È il velo del tempo, che ricopre le origini del cristianesimo”, scrive Busi.

Figura tra le più controverse, Giovanni resta un mistero. Il suo Vangelo è considerato da sempre il meno affidabile da un punto di vista storico ma anche il più sofisticato e pregnante, peculiare perché qui c’è troppa teologia e pochi fatti.

Il volume di Giulio Busi si incarica di demolire questa credenza e di smontarne lo stereotipo. Il suo racconto fa di Giovanni un dotto di Israele, esperto nelle leggi e nella giurisprudenza ebraiche, un uomo polemico, duro, animato da un potente soffio mistico. Dopo la distruzione di Gerusalemme se ne scappa a Efeso, città crocevia di commerci e di idee, i ricordi lo inseguono, la nostalgia non lo lascia in pace, vuole raccontare, sa che lui è l’ultimo che ha visto il Tempio, l’ultimo che ha conosciuto Jeshu. È qui, nella Efeso greca, che Busi ambienta la sua narrazione. E precisa: “Quello di Giovanni è il più ebraico dei Vangeli. Il suo autore conosce a fondo gli usi ebraici, è a proprio agio nella topografia di Gerusalemme e anche il greco con cui si esprime tradisce l’origine ebraica e aramaica del suo modus pensandi”, spiega Giulio Busi. “Ma per un drammatico contrappasso usa parole dure contro i ‘giudei’… L’ostilità di Giovanni è una ferita profonda nella storia dei rapporti, troppo spesso conflittuali, tra cristianesimo e ebraismo. Come spiegare una simile polemica? Giovanni è stato frainteso nella sua posizione verso gli ebrei? E se sì, da dove nasce questo fraintendimento?”, si domanda Busi.
Il libro cerca di rispondere e di tuffarsi nell’enigma di questo personaggio. Perché il Quarto Vangelo è un libro pieno di paradossi. Il suo autore risulta essere chiaramente un uomo raffinato, un’anima rocciosa, convessa, manichea. “Duro è il Gesù di Giovanni e duro è Giovanni stesso”, scrive Busi. “Il Quarto Vangelo attrae e respinge. Attrae per la soggezione che sa incutere, per il mistero in cui si inoltra. E respinge per l’acrimonia di certe polemiche, per la pretesa di distinguere con una linea netta tra luce e tenebre. I salvati da una parte, i dannati, per loro colpa, dall’altra”.

 

Giulio Busi, Giovanni, il discepolo che Gesù amava, Mondadori,
pp. 135, 20,00 euro