La Cittadella di David a Gerusalemme

Dalla benevolenza implicita alla malevolenza subliminale: le evoluzioni dello sguardo occidentale sulla Gerusalemme ebraica

Libri

di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita] Nei paesi occidentali (Europa, America, Australia) l’opinione pubblica sulla questione di Gerusalemme ha conosciuto una svolta significativa durante gli ultimi decenni. Inizialmente la scelta predefinita della gente illuminata appartenente allo spettro politico centrista (centro di sinistra o di destra) era piuttosto favorevole a Israele. Considerava la riunificazione della città nel 1967 come un evento positivo che veniva a mettere fine alla divisione della città dopo la conclusione della guerra di Indipendenza nel marzo 1949. Il testo più emblematico di questo spirito è il famoso Gerusalemme! Gerusalemme! di Dominique Lapierre e Larry Collins dove una parte importante è dedicata al racconto dell’assedio di Gerusalemme nell’inverno del ‘48 e alla partizione della città dopo la conclusione della belligeranza. Il libro, pubblicato nel 1971, è stato ristampato continuamente e tradotto in moltissime lingue, tra le quali l’ebraico. Nel 2006, il regista ebreo francese Élie Chouraqui fece un adattamento cinematografico di questa narrativa giornalistica, che riesce a raggiungere una dimensione storica o addirittura epica.

Una traiettoria diametralmente opposta (dalla storia al giornalismo e dalla simpatia all’antipatia) si manifesta attraverso la pubblicazione del fumetto Histoire de Jérusalem dello storico francese Vincent Lemire (con disegni di Christophe Gaultier). Lemire, docente di storia in un’università della periferia di Parigi (Université Gustave Eiffel di Marne-la-Vallée) è stato direttore del Centre de Recherche Français de Jérusalem, antenna gerosolimitana del CNRS. Ha dedicato molte ricerche alla storia dell’urbanismo gerosolimitano alla fine dell’epoca ottomana. Fra altre cose, ha curato la pubblicazione della raccolta Jérusalem: Histoire d’une cité monde (Flammarion, 2016), pubblicata in italiano un anno dopo da Einaudi col titolo Gerusalemme: Storia di una città-mondo. Questo libro, dove si percepisce un’influenza del metodo divulgativo di Yuval Noah Harari, è stato adattato al formato di ancora maggiore divulgazione del fumetto, in un album intitolato Histoire de Jérusalem (Les Arènes, 2022).

A dire il vero, non sono soddisfatto da quest’esperienza di divulgazione esponenziale. Come prima cosa, il grafismo dei disegni è piuttosto volgare, come se nella nostra epoca la volgarizzazione non potesse essere nient’altro che di cattivo gusto. Talvolta è anche subliminalmente ostile agli ebrei, come alla pagina 229 dove profughi ebrei cacciati via dalla Città Vecchia di Gerusalemme dai giordani nel 1948 sono rappresentati con dei lunghi nasi, il classico stereotipo delle caricature antisemite. Inoltre, la narrativa che sottende questo album vorrebbe essere neutrale (adottando la prospettiva immaginaria di un olivo multisecolare) ma nei fatti non lo è: tutta la parte dedicata al sionismo (“Le rêve de Sion”/”Il sogno di Sion”) e alla Gerusalemme israeliana (“L’impossible capitale”/”La capitale impossibile”) rappresenta i sionisti e gli israeliani da un punto di vista più o meno pro-palestinese. Chi conosce l’opera scientifica di Lemire non deve essere stupito dalla sua parzialità, resa ancora più palese da quando il libro Gerusalemme: storia di una città-mondo è diventato un fumetto. Lo storico francese ha dedicato al quartiere magrebino di Gerusalemme un saggio storico intitolato Au pied du mur. Vie et mort du quartier maghrébin de Jérusalem (1187-1967)/ “Ai piedi del muro: vita e morte del quartiere magrebino di Gerusalemme (1187-1967)”.

In questo libro Lemire insiste sul fatto che il quartiere dei magrebini è stato distrutto il 10 giugno 1967 (l’ultimo giorno della Guerra dei sei giorni) per permettere di creare la famosa spianata davanti al Muro occidentale (Kotel). Questo è indubbiamente un fatto vero. Eppure, chiunque considera negativa la distruzione di tuguri insalubri per permettere agli ebrei di ridare la dignità alle ultime vestigia del Tempio di Gerusalemme, manifesta chiaramente la sua scelta (predefinita o no) di una percezione pro-araba dello spazio gerosolimitano. Per di più, va ricordato che durante l’occupazione giordana di Gerusalemme-est, gli arabi avevano profanato alcune tracce della presenza ebraica, trasformando per esempio pietre tombali in pareti di latrine pubbliche. Quindi la ristrutturazione dei dintorni del Kotel è l’espressione della volontà israeliana di riaffermare la presenza ebraica su una parte dei luoghi santi. Invece, il 17 giugno 1967, una settimana dopo la fine della guerra, Moshe Dayan lasciò saggiamente la Spianata delle Moschee (Monte del Tempio) all’amministrazione del Waqf (custodia dei luoghi santi musulmani) di obbedienza giordana.

Nella confluenza fra giornalismo, ricerca storica e letteratura divulgativa preferisco Apeirogon di Colum McCann di cui ho già parlato in questa rubrica (maggio 2021). Attraverso l’uso di una tecnica letteraria propriamente originale e grazie ad una sincera empatia per la sofferenza di entrambi i lati del conflitto israelo-palestinese, questo scrittore irlandese è riuscito a trovare una prospettiva geometricamente equidistante fra una posizione israeliana moderata e la prospettiva palestinese della gente reale (non la fantasmagoria isterica di propalestinesi che non sono né palestinesi e talvolta neanche arabi).