Come ti amo, come ti odio. Padre mio, il tuo dolore sarà il mio

Libri

di Esterina Dana

Canaglia di Itamar Orlev: un caso letterario, un’opera prima che è già un’epopea

“Un’eco di passi pesanti e minacciosi…Si avvicinano lentamente. Passo, strascichio, passo, strascichio. Li conosco…Sono i passi di papà… ”. L’incubo tormenta le notti di Tadek, svegliandolo di soprassalto con il cuore che batte all’impazzata; è il sintomo ricorrente del trauma procuratogli, bambino, da Stefan, la “canaglia” dell’intenso e complesso romanzo di Itamar Orlev, pubblicato da Giuntina, un padre alcolizzato, violento e infedele, responsabile di una famiglia disfunzionale; un uomo orribile, che picchia brutalmente la moglie e i figli, segnandone la vita.

Tadek, ebreo polacco, scrittore fallito, marito e padre in crisi, abbandonato dalla moglie che ha portato con sé il figlio, viene invaso da un vuoto che si riempie “di un dolore inaspettato e di un’immensa angoscia”. Il silenzio lo soffoca, la solitudine lo opprime. Accanto a lui non c’è nessuno, eccetto l’ossessiva presenza del padre assente di cui neanche ricorda il volto e che non sente da 24 anni.

Il bisogno di rivederlo lo induce a partire per la Polonia da Israele, dove risiede da quando sua madre è emigrata con i suoi fratelli per sfuggire a una vita di miseria e sottrarli al destino distruttivo del padre. È l’inizio di un viaggio dentro e fuori di sé alla ricerca di una possibile riconciliazione. Attraverso un magistrale intreccio di flashback, la storia si dipana tra presente e passato sullo sfondo della poverissima Polonia, un paese dove i bambini a cinque anni rubano bottiglie vuote da rivendere per qualche centesimo ed è quasi impossibile accendersi una sigaretta per “mancanza di fiammiferi”; le strade sono infestate di ragazzi rissosi, sempre pronti a battersi a pugni e coltellate; il blocco comunista è al tramonto, la dittatura imperversa e l’alcolismo è una piaga.

Il viaggio a ritroso di Tadek nella terra natale comincia a Varsavia dove Stefan è ricoverato in una casa di riposo per eroi di guerra: vecchio, assediato dai propri demoni, il fisico devastato dall’abuso di vodka e di tabacco. Il loro incontro è costellato di silenzi; risentimento e senso di colpa sono addensati nel loro cuore, ma per Tadek è l’ultima chance di sciogliere il dolore e “l’irrisolto” lasciatogli in eredità dal padre. Il quale vuole essere sepolto nel cimitero del suo villaggio d’origine e convince il figlio a portarlo con sé fino alla casa natale. Il viaggio in treno è un’odissea. Nelle stazioni, onde aiutarlo negli spostamenti e a non perdere i pochi treni che transitano, Tadek, come Enea con Anchise, se lo carica sulle spalle, i corpi aderenti l’uno all’altro.

Durante il percorso che intraprendono, Tadek scopre il vissuto tragico del padre. Ossessionato dai fantasmi delle violenze commesse come partigiano, marito e padre, sicario al servizio della patria, e delle atrocità subite per mano dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, Stefan comincia a raccontare di sé e dell’orrore che ha visto, subìto e perpetrato: la strage nazista di ebrei polacchi inermi, le cicatrici delle sevizie inflittegli dai tedeschi a Majdanek, come prigioniero politico, l’odore dei forni crematori, la fuga rocambolesca attraverso le fogne. Ha ucciso molto, e non in maniera eroica, cosa di cui a tratti si vergogna, a tratti si inorgoglisce perché la vita – dice – è cattiva e tu devi essere più cattivo di lei. Arrivati a destinazione presso la famiglia di origine, la scoperta del disprezzo e della diffidenza dei parenti per le violenze e le menzogne di Stefan confondono Tadek al punto che non sa più se odia il padre che ama o ama il padre che odia.

Canaglia di Itamar Orlev è un’opera grandiosa, il cui protagonista, seppur spregevole, risulta magnifico come un eroe classico, shakespeariano. La sua figura campeggia magnetica in questo romanzo spietato e al contempo struggente, cupo e luminoso che, attraverso una storia potente di padri e figli, ci sottopone una riflessione sul perdono e la riconciliazione. Una scrittura asciutta e vivida, il racconto è pervaso di umanità e umorismo, odio e compassione, commozione e rabbia che si alternano e si amalgamano rivelando l’empatia del narratore verso il figlio e verso il padre, entrambi vittime dei disastri della Storia.

Itamar Orlev è nato nel 1975 a Gerusalemme. È autore di racconti pubblicati dalle più importanti riviste letterarie israeliane, ha vinto il primo premio come sceneggiatore di un’opera teatrale al Beit Lessin Open Stage Festival. Canaglia ha vinto il Premio Sapir in Israele e il Prix du Meilleur Roman des lecteurs Points in Francia; è il suo primo romanzo pubblicato in Italia.

Itamar Orlev, Canaglia, trad. di Silvia Pin, Giuntina, pp. 339, € 19,00.