Una visuale di Akko

“Arrivederci, Akko”: un nuovo libro racconta l’assedio della città da parte di Napoleone

Libri

di Aldo Baquis
I due milioni di escursionisti che ogni anno visitano Akko (S. Giovanni d’Acri) alla partenza dalla città portano con sé – oltre alle emozioni magari provate nei sotterranei crociati della città e agli odori pungenti del mercato e del porto – due immagini molto particolari: la splendida moschea al-Jazzar, nonché i cannoni di Napoleone ancora appostati sulle mura, per la gioia dei bambini. Sono in realtà di epoca posteriore, ma contribuiscono egualmente alla scenografia cittadina. Proprio al-Jazzar e Napoleone sono infatti i protagonisti di un romanzo iconoclastico appena apparso nella sua traduzione in ebraico dello scrittore di Akko, Ala Hlehel: uno dei più promettenti intellettuali arabi in Israele che spesso viene affiancato ai celebri Emile Habibi e Said Kashua.

Il romanzo ‘Arrivederci, Akko’ racconta a tinte forti e senza risparmiare al lettore alcuno degli orrori quotidiani l’assedio della città da parte di Napoleone, nel marzo-maggio 1799. Il generale proveniva dall’Egitto, aveva gia’ espugnato Jaffa e Haifa e contava di sopraffare anche le difese di Akko per proseguire la grande marcia verso Nord. Ma doveva ancora fare i conti col governatore ottomano Ahmed Pasha al-Jazzar, non a caso soprannominato ‘il macellaio’. Hlehel descrive l’assedio con grande passione dall’interno delle stradine di Akko, dove al-Jazzar si affida all’aiuto del consigliere ebreo Haim Farhi (protettore della piccola comunità ebraica), dell’ufficiale francese anti-bonapartista Antoine de-Phelippeaux (fine conoscitore delle tattiche militari delle truppe francesi), e del commodoro britannico Sidney Smith.

La copertina del libro 'Addio Akko'
La copertina del libro ‘Addio Akko’

Mentre le cannonate francesi piovono sul mercato Khan el-Omdan, gli abitanti sotto assedio devono misurarsi col terrore quotidiano imposto loro dal ‘Macellaio’, col dilagare di una epidemia ed anche col timore che i soldati francesi espugnino la città. A quanto risulta loro, ideali rivoluzionari a parte, le truppe di Napoleone hanno infatti già passato per le armi a Jaffa quantità di  prigionieri non essendo in grado né di liberarli né di inoltrarli nelle retrovie in Egitto.

Dotato di una penna particolarmente felice, Helhel include in questo quadro tetro anche situazioni paradossali, perfino divertenti, ed incontri surreali fra al-Jazzar e Napoleone. Entrambi si sentono fuori del loro ambiente. Il primo ha nostalgia della natia Bosnia, il secondo proviene dalla Corsica.

Gli episodi hanno un ritmo incalzante, anche i personaggi minori risultano avvincenti. Ma perché rispolverare oggi una storia vecchia di due secoli? In un’intervista a Haaretz Hlehel ha spiegato di aver forgiato il ‘suo’ al-Jazzar su Saddam Hussein: di essersi immaginato cioè come un iracheno stretto in casa fra un regime sanguinario e la minaccia di una invasione straniera. Ma al-Jazzar potrebbe essere anche il Bashar Assad di questi giorni, agli occhi di un cittadino siriano. Emerge cosi’ in definitiva come un personaggio fuori dal tempo.

L’assedio di Akko – conclusosi con la bruciante sconfitta di Napoleone – è già stato raccontato sotto ottiche totalmente diverse dai  francesi, da storici arabi e anche da ricercatori israeliani, ciascuno dei quali ha cercato di imporre la propria visione ideologica. In Arrivederci, Akko Hlehel ritiene di aver fornito un approccio inedito, certamente impregnato di fantasia, di tono umanistico ed anti-militarista. In definitiva ad uscire a pezzi dall’assedio, nelle sue pagine, sono la violenza bruta dei militari di entrambe le parti, ed il despotismo.

Nel romanzo, Hlehel accompagna al-Jazzar fra il suo comando generale nella ‘Saraya’ ed il palazzo ‘Burj al-Commandar’. Il turista in visita ad Akko può vederli ancora, anche se oggi ospitano musei. Anche il mercato di Khan el-Omdan è sempre là, ma è in stato di semi abbandono. Residente da molti anni ad Akko, Hlehel guarda con una certa malinconia alla sua Città vecchia. Le esplicite minacce militari di un tempo sono state sostituite oggi da un’altro pericolo: quello di una ‘’invasione strisciante’’ da parte di capitali stranieri che acquistano beni fra le mura per fare di quei rioni aree sterilizzate ‘’artistiche’’ e ‘’turistiche’’. Ed i settori più deboli della società si sentono sospinti fuori. I precedenti di Safed e di Jaffa, avverte Hlehel nell’intervista a Haaretz, dovrebbero destare campanelli di allarme.