Una mostra dedicata a Lou Reed, a 80 anni dalla nascita

Eventi

Il ribelle del rock, Lou Reed, a marzo avrebbe compiuto 80 anni; come “regalo” la New York Public Library ospiterà una straordinaria mostra a lui dedicata. Tante rarità e curiosità inedite  sul cantautore ebreo newyorchese, dai suoi archivi privati  

di Roberto Zadik

Chi era davvero Lou Reed? Un interrogativo rimasto in parte irrisolto a quasi dieci anni dalla sua morte, avvenuta a 71 anni il 27 ottobre 2013 dopo quasi mezzo secolo di strabiliante carriera musicale, prima con la band dei Velvet Underground – con cui nel lontano 1966 sconvolse la candida America anni ’60 con la sua Heroin – e poi dal 1971 come cantautore solido e intenso autore di brani introspettivi come Walk on The wildside e Perfect Day.

Lucido e disincantato “cantore” della sua New York, in cui nacque 80 anni fa il 2 marzo 1942 da famiglia ebreo russa, il suo vero nome era Lewis Allan Rabinowitz.

Alla sua complessa e fascinosa personalità, proprio dal giorno del suo 80esimo compleanno, la New York Public Library for the Performing Arts dedica una mostra intitolata  Lou Reed Caught between the Twisted stars. A dare la notizia il  suo sito npl.org,  che ha annunciato che l’esposizione si terrà nei locali dell’edificio situato presso il Lincoln Center  fino al 27 agosto, dando la possibilità ai suoi visitatori di ammirare una vasta gamma di rarità assolute.

Fra queste immagini, testimonianze, filmati provenienti dal Lou Reed Archive, il suo archivio privato acquistato dalla NPL nel 2017. Non sarà solo una semplice esposizione ma molto di più. Una mappa e un riassunto del suo affascinante percorso artistico e umano di cantautore, musicista, fotografo e “intellettuale del rock”. Lou Reed viene raccontato da una serie di immagini, canzoni, souvenir, oggetti e interviste ai suoi tanti collaboratori e amici. Dalla moglie, l’artista visuale Laurie Anderson, all’inseparabile amico David Bowie, scomparso nel 2016 e produttore di uno dei suoi capolavori, l’album Transformer che, uscito  mezzo secolo fa nel 1972, vide la sua consacrazione come cantautore solista, al suo mentore e maestro, il docente universitario e poeta  Delmore Schwartz fino a membri della sua band dei Velvet Underground come il loro produttore Andy Warhol, guru della Pop Art con cui egli ebbe un rapporto a dir poco burrascoso come dimostra la bellissima canzone Vicious. Infine, i musicisti del gruppo, Sterling Morrison e John Cale che assieme a Reed e alla cantante tedesca Nico sfornarono classici come Sunday Morning e Sweet nuthin’.

L’iniziativa fornisce un nuovo ritratto del grande cantautore che fu sempre molto reticente riguardo alla sua vita privata e al suo complesso rapporto con la propria identità ebraica. A differenza di Bob Dylan o Leonard Cohen, decisamente più espliciti riguardo al loro ebraismo, pochissime le sue canzoni che contengono riferimenti alle sue radici ebraiche. Fra queste, melodie anni ’80 come My house, dedicata a Delmore Schwarz, suo ispiratore scomparso a 52 anni nel 1966 e definito “l’ebreo errante” o Harry’s Circumcision del 1987 oppure la rabbiosa Good Evening Mr Waldheim invettiva contro Kurt Waldheim che divenne segretario dell’Onu nonostante il suo presunto passato nazista.

Dissacrante e misterioso, turbolento e ipersensibile, cantastorie di tematiche spesso “scomode” e problematiche, dall’emarginazione, alla droga, alla solitudine, al disagio esistenziale, Lou Reed alternò brani “a tutto rock” come le bellissime Kill Your Sons in cui si scagliava contro i genitori che lo sottoposero a rischiosi trattamenti con l’elettroshock o Keep it away, a brani estremamente profondi e sentimentali come Satellite of Love o la malinconica Berlin, poetica analisi della città tedesca. Tutto questo e molto altro è oggetto di questa importante esposizione che rivelerà al pubblico i lati più nascosti della sua personalità.

In mostra  le sue poesie, i progetti musicali, le immagini dei suoi studi su discipline orientali come il Tai Chi, che nei suoi ultimi anni di vita praticava costantemente, le sue lettere e le collezioni di dischi e registrazioni, fin dai tempi delle scuole superiori, le sue chitarre che già da adolescente suonava con la sua inconfondibile grinta. La mostra, curata da Don Fleming responsabile del Lou Reed Archive e dal suo direttore tecnico Jason Stern, è un viaggio emozionante nel mondo segreto di Lou Reed, nel primo evento su larga scala organizzato nell’istituzione newyorkese dall’inizio della pandemia.