di Ilaria Ester Ramazzotti
Una fonte tanto antica quanto contemporanea: ai Rotoli di Qumran è riconosciuto universalmente il merito di avere rivelato molto sul cristianesimo e sul giudaismo. Ma c’è ancora molto da scoprire…
Patrimonio universale dall’inestimabile valore mistico e sapienziale, centrali per il pensiero ebraico e lo sviluppo del cristianesimo, i Rotoli del Mar Morto costituiscono la più sconvolgente risorsa archeologica del nostro tempo, riverberando anche sul futuro i loro contenuti eterni. Il tema della loro conservazione è centrale quanto quello del loro studio. Ne abbiamo parlato con Davide Blei, presidente di Amici italiani dell’Israel Museum di Gerusalemme onlus, e con Marcello Fidanzio, professore alla Facoltà di Teologia di Lugano e direttore dell’Istituto di Cultura e Archeologia delle Terre Bibliche FTL.
Preservare i Rotoli, bene centrale per tutta l’umanità
«In merito ai Rotoli del Mar Morto, in questo momento, la cosa più importante non sarebbe di scoprirne di nuovi, ammesso che ce ne siano ancora, visto che dalle grotte di Qumran ne sono già stati estratti circa 950 – introduce Davide Blei -. Il punto fondamentale, come spiega il direttore dello Shrine of the Book Adolfo Roitman, è la loro conservazione, visto che oltretutto sono di materia organica». Per far fronte alla delicata questione, l’Associazione Amici Italiani del Museo d’Israele avanza l’ipotesi e propone l’idea di una raccolta di fondi mondiale che parta dall’Italia, da destinarsi all’Israel Museum per gli otto Rotoli suo in possesso. «L’ipotesi è di sviluppare un laboratorio di ricerca sulla loro conservazione – approfondisce Davide Blei – attraverso un crowdfunding internazionale. L’Israel Museum può contare su sedici uffici di associazioni in tutto il mondo, fra cui il nostro. Anche gli uffici canadese, americano, inglese e francese potranno poi attivarsi e partecipare, mentre il museo dovrebbe aprire un conto corrente in Israele dove inviare le donazioni di tutti coloro che sono interessati. Con i primi 50.000 euro si potrebbe iniziare a creare il laboratorio. Tutto verrebbe fatto con l’accordo e con la guida diretta del museo».
«La conservazione dei Rotoli non è importante solo per gli ebrei, ma per tutta l’umanità – sottolinea -. Il contesto esseno, in cui sono inseriti, riguarda l’epoca di Gesù, essendo datati dal III secolo a.C. al I secolo d.C. Storicamente, le religioni hanno la loro spina dorsale divisa in due fra il mondo greco-romano e l’ebraismo: dal paganesimo si è arrivati al monoteismo. È stato questo il percorso delle religioni. Il cristianesimo e anche l’Islam sono strettamente correlati ai Rotoli. Nella civiltà odierna, i Rotoli degli Esseni sono ancora la reale spina dorsale dell’evoluzione delle religioni, avvenuta nei duemila anni successivi a Gesù. Costituiscono le nostre radici ebraiche, ma anche le radici cristiane, e questo è importante anche per trovare un punto d’incontro. Contro l’antisemitismo serve infatti trovare un equilibrio e intraprendere un percorso di divulgazione storico-culturale. I contenuti dei Rotoli si perpetueranno nei secoli e il loro studio non avrà fine. Pensiamo ad esempio alla grandiosità del Rotolo del profeta Isaia. Non c’è nulla di così contemporaneo e così avveniristico dei Rotoli. Per questo devono essere preservati. E il loro mistero sta anche in ciò che devono ancora spiegarci».
Gli studi storici dei Rotoli, fra ipotesi accademiche e nuove prospettive
Dal lato degli studi accademici, qual è l’evidenza più sconvolgente degli ultimi anni a Qumran? «Per cinquant’anni i Rotoli del Mar Morto sono stati studiati a partire da un interesse cristiano – spiega il professor Marcello Fidanzio -. Sulla scorta di altre scoperte di manoscritti avvenute nella prima metà del XX secolo che avevano dato grande spinta allo studio dei Vangeli, si cercava lo stesso a Qumran. A metà degli anni ‘90 il professor Lawrence Schiffman con il libro Reclaiming the Dead Sea Scrolls ha rivendicato la natura giudaica di questi testi e la necessità di approcciarli innanzitutto all’interno dello studio del Giudaismo. Il cambio di prospettiva ha portato beneficio tanto agli studi giudaici che a quelli cristiani».
Intanto, a Qumran, gli scavi e gli studi proseguono caricandosi di aspettative, ipotesi e nuove prospettive. «Gli scavi continuano, com’è giusto che sia; tuttavia è altrettanto importante documentare e pubblicare quanto già è stato scavato, che fino ad oggi rimane inaccessibile – sottolinea il professore -. La grande parte dei materiali archeologici di Qumran è custodita nei magazzini del Museo Rockefeller a Gerusalemme dove attende di essere studiata e pubblicata. È su questo che ci stiamo impegnando. Le nuove ipotesi partono per me da questo lavoro: comprendere come, quando e perché la vasta collezione di manoscritti di letteratura religiosa trovata a Qumran è stata portata nelle grotte dov’è stata ritrovata».
Ammantati dal loro mistero sacrale, le pergamene di Qumran vengono tradizionalmente correlate agli Esseni, gruppo religioso ebraico, corrente o “secta”, nel senso latino di “dottrina” o “scuola”, a sua volta ancora oggi in parte misteriosa. Fra gli storici c’è oggi un ribaltamento di prospettiva rispetto alla comunità essena? «Una parte importante dei manoscritti trovati a Qumran sono espressione di una corrente del giudaismo del tardo periodo del secondo Tempio. Per molto tempo questa corrente è stata identificata con gli Esseni, a cui si è attribuita la raccolta della collezione – puntualizza il professor Fidanzio -. Questa è un’ipotesi praticata fino a oggi. Tuttavia ora si preferisce designare genericamente una “corrente del giudaismo”, sia essa quella degli esseni o un’altra. Si tiene conto degli storici antichi, dei Rotoli trovati a Qumran e dell’archeologia: le ricerche continuano».