Chi ha paura degli Hedge Funds?

Economia

di Gabriele Grego

Vizi e virtù di strategie meno volatili delle azioni, ma più difficili da scegliere

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In diverse occasioni nei miei articoli precedenti ho consigliato ai nostri lettori di valutare il mercato azionario come valida alternativa ad altri veicoli d’investimento quali, ad esempio, l’immobiliare. In termini assoluti e in assenza di leva, infatti, sul lungo periodo le azioni tendono a generare i rendimenti più interessanti che, in media, si aggirano intorno al 10% l’anno.
Tuttavia l’azionario ha una caratteristica inevitabile che costituisce per molti un serio problema: la volatilità. Infatti, i rendimenti sui mercati azionari, lungi dall’essere stabili e regolari, sono invece proni a fluttuazioni che, in alcuni casi, possono diventare anche estreme. Ad esempio, durante la crisi del 2008, il mercato ha perso circa il 50% del suo valore dal picco precedente, e sono occorsi diversi anni prima di recuperare le perdite. Per molti investitori questo costituisce un rischio inaccettabile che li spinge, infatti, verso altri veicoli dai rendimenti più modesti, ma meno volatili, per esempio attraverso il mercato obbligazionario. Esiste un sistema per generare rendimenti prossimi a quelli delle azioni, ma con volatilità fortemente ridotta? Probabilmente sì, attraverso i “famigerati” fondi hedge o Hedge Funds.
Ma che cos’è un hedge fund? È una società, frequentemente costituita da investitori cosiddetti “qualificati”, costituita allo scopo di investire nei mercati finanziari attraverso strategie sofisticate. Contrariamente ai fondi mutui, i fondi hedge utilizzano strategie e strumenti più complessi, godono di più libertà operativa e meno scrutinio dalle autorità di vigilanza e tendono ad esigere commissioni di gestione più elevate. Nonostante celebri fiaschi, quali la truffa di Madoff, nel complesso i fondi hedge si sono dimostrati negli anni una valida classe d’investimento e, in molti casi, rappresentano una ottima alternativa o un complemento agli investimenti azionari o obbligazionari.
Il primo vero hedge fund della storia fu costituito nel 1948 da Alfred Jones, un australiano immigrato negli Stati Uniti. Jones scoprì che era possibile diminuire la volatilità di un portafoglio azionario tradizionale (long) aggiungendo una serie di titoli venduti allo scoperto o “short”. Lo “short” viene effettuato quando un gestore si aspetta che il prezzo di un titolo diminuisca nel tempo e consente quindi di guadagnare dalla caduta prendendo in prestito dei titoli da una banca, vendendoli al prezzo corrente, e restituendoli in un secondo momento dopo averli riacquistati a un prezzo inferiore. La strategia di Jones consisteva nel mantenere in portafoglio azioni long e short in egual misura, quindi isolando il fondo dalle fluttuazioni di mercato e guadagnando (o perdendo) solamente in base alla scelta dei singoli titoli. Questa strategia, ancora la più comune tra i fondi hedge, si chiama long/short equity.
Negli anni le strategie hedge disponibili si sono moltiplicate: nei fondi macro, ad esempio, i gestori generano guadagno cercando di prevedere e scommettere su movimenti macroeconomici, ad esempio sul prezzo del petrolio, i tassi d’interesse e la crescita dei mercati emergenti. Nei fondi event driven, invece, l’idea è quella di sfruttare eventi societari straordinari (per es. M&A, ricapitalizzazioni, spin off, ecc.). Nei fondi activist, quali ad esempio quello del celebre Carl Ichan, il gestore prende una quota sostanziale di una società con lo scopo di influenzarne la direzione a perseguire una gestione più vantaggiosa per gli azionisti (per esempio aumentando il dividendo oppure tagliando costi).
Dal punto di vista legale, un hedge fund è strutturato come una partnership, domiciliata spesso in paesi quali le isole Cayman o il Lussemburgo, e gestita da una cosiddetta “management company”, alla quale gli investitori riconoscono delle commissioni di gestione. Quest’ultime tendono ad essere maggiori rispetto a quelle percepite da un fondo mutuo tradizionale, ma sono spesso proporzionali alla performance del gestore, il quale abitualmente è coinvolto personalmente nel fondo. L’idea è quella di incentivare il gestore a generare rendimenti straordinari.
Quindi quali sono i vantaggi e gli svantaggi di un investimento in fondi hedge? Da una parte, gli hedge fund tendono a generare rendimenti più stabili e con poca correlazione ai mercati azionari. In alcuni casi la redditività risulta straordinariamente alta, con performance anche superiori al 20% l’anno per decenni. Infine, contrariamente ai fondi di private equity, ad esempio, i fondi hedge godono di una liquidità più elevata e possono essere riconvertiti in cassa in tempi brevi (spesso mensilmente). D’altra parte, non sono tutte rose. La selezione di un fondo hedge rimane un’operazione complessa e non è facile distinguere i fondi di qualità da quelli mediocri (la maggior parte). Con ormai circa 10,000 in essere, molti perseguono le stesse identiche strategie e i rendimenti ne risentono considerevolmente. Infine, in molti casi, i fondi hedge sono riservati a investitori cosiddetti “qualificati” e richiedono cifre sostanziali per accedere, spesso investimenti minimi superiori ai $100,000.

 

Quando la Banca è al servizio
di clienti “dal patrimonio complesso”

Incontro con Sara Kraus, Business Developer
ed esperta consulente di private banking

Ci parli di lei e della banca per la quale lavora.
Mi chiamo Sara Kraus e lavoro in UBS Italia wealth management nel ruolo di Business Developer. Ho raggiunto UBS dopo un esperienza in un fondo di private equity- Fondo Italiano di Investimento- e un master in economics alla London School of Economics and Political Science.
Qual è la vostra filosofia in termini di private banking? Come si differenzia il private banking dai servizi bancari ordinari?
UBS è una banca che cerca di operare come consulente di un family office, gestendo le necessità del cliente e offrendo servizi a tutto tondo (arte, filantropia, investimenti mobiliari, investimenti immobiliari, successioni, relocation…) e allontanandosi da una logica di product allocation pura. Avere un private banking è molto diverso rispetto ad usufruire di servizi bancari ordinari e si rivela necessario in caso di patrimoni “ingenti e complessi”. Il banker è una figura che si affianca al cliente per offrirgli una consulenza completa che individui la strategia migliore in base alle sue esigenze finanziarie, personali, familiari e di azienda. La consulenza non è standardizzata né volta a vendere specifici prodotti, ma tailor made, per la massima soddisfazione del cliente.
Tra i prodotti che offrite ai vostri clienti ci sono anche fondi hedge? Qual è la sua opinione su questi fondi? Sono adatti anche a investitori privati?
UBS offre tra i suoi prodotti anche fondi hedge- fondi speculativi comuni di investimento privato. Ritengo che tali fondi, se correttamente valutati e posizionati, debbano fare parte di un portafoglio bilanciato e siano fondamentali per decorrelare il portafoglio dalla volatilità del mercato. Anche gli investitori privati, dopo un’attenta valutazione del loro profilo di rischio dovrebbero considerarli.
È vero che tra i gestori di fondi hedge molti sono ebrei? Come mai?
Ritengo possa essere dovuto al fatto che all’interno della comunità ebraica è stato storicamente più facile raccogliere un fondo. Non appena un gestore raccontava la sua strategia, qualora questa fosse potenzialmente intelligente, era più semplice raccogliere un fondo all’interno di una comunità chiusa, benestante e dove il “circle of faith” e la conoscenza reciproca sono pilastri imprescindibili per molti investimenti potenzialmente rischiosi.
Quale consiglio darebbe a un investitore medio che si interessasse a un investimento nel settore?
Ritengo che non esistano in merito a investimenti, siano essi plain vanilla o più rischiosi, suggerimenti univoci validi, ma che qualunque consiglio debba seguire un’analisi dell’investitore, del suo profilo di rischio, del suo portafoglio e della sua situazione familiare e aziendale. Ritengo però che in un momento di mercato come quello attuale dove i rendimenti tendono costantemente ad abbassarsi sia importante ricordarsi quanto il rischio divenga un fattore fondamentale per garantire, a un portafoglio ben equilibrato, un rendimento.