Ripensare la Scuola

Scuola

Hic manebimus optime scrisse Tito Livio in Ab urbe condita: “Qui staremo benissimo”, ma c’è chi lo traduce anche con “Questo è il posto giusto per noi”. Mai affermazione sembra esprimere più emblematicamente l’idea che ho della scuola: un luogo accogliente e culturalmente stimolante.
L’ho frequentato da studentessa e da insegnante, ma solo da vicepreside ho potuto comprendere la complessità dell’istituzione scolastica: un’azienda nella parte organizzativa, ma tutto l’opposto di un’azienda nel suo specifico aspetto formativo, basato sostanzialmente sulla trasmissione di cultura e valori etici e sulle relazioni umane.

Dalla nuova postazione in cui mi trovo oggi, mi appare più chiaro il lavoro che mi attende. Esso consiste in interventi su ambiti diversi ma intimamente connessi tra loro: la didattica, propria della funzione docente; la formazione e l’educazione ebraica, che implicano una franca comunicazione con le famiglie nella condivisione di valori comuni; una fluida gestione della struttura e delle risorse umane, che comporta un diretto e sereno colloquio con l’Ente gestore; non ultimo, l’ascolto delle istanze studentesche. Una cosa mi sembra imprescindibile: la volontà di tutte le componenti di individuare e condividere il medesimo obiettivo, mediante un costruttivo e dialettico lavoro d’équipe.

Ripensare alla finalità della scuola ebraica; ristabilire un ordine disciplinare fondato sui nostri valori morali sul quale già lavoravano le precedenti Direzioni; interpretare i programmi ministeriali in una chiave originale e personale; ristudiare le metodologie in una visione che implichi un’unità di intenti collaborando con la scuola dell’infanzia e primaria per favorire uno sviluppo armonico dello studente; rivalutare l’impegno e l’entusiasmo degli insegnanti; stimolare l’eccellenza e sostenere in modo sempre più professionale la difficoltà; mantenere aperto il dialogo con i genitori; stabilire un confronto dialettico con altre scuole. A tutto questo penso e ad altro ancora, ma insieme, nella convinzione che il Preside sia un primus inter pares, una figura al servizio della comunità scolastica, senza la quale il suo lavoro risulta assolutamente vano.