Una partecipazione di sostenitori senza precedenti ha contraddistinto la serata inaugurale della Campagna di raccolta fondi del Keren Hayesod di Milano. 530 persone hanno voluto testimoniare con il loro contributo lattaccamento allo Stato di Israele, oggi come mai, dalla sua fondazione di fronte a sfide difficili e nuovi pericoli.
Israele oggi è un Paese moderno e allavanguardia in molti settori scientifici e leader in alcuni economici, al tempo stesso è impegnato a risolvere i problemi sociali della sua popolazione e quelli legati allassorbimento dei nuovi immigrati, ma soprattutto è sottoposto a serie minacce esterne che comportano ingentissimi costi per la Difesa.
La serata, organizzata dai presidenti Walker Meghnagi e Sami Blanga, dal Comitato Young Leadership presieduto da Andrea Bardavid (e dallinfaticabile Afsaneh) e dallo staff, ha visto la partecipazione dell’ambasciatore Avi Panzer, presidente mondiale del Keren Hayesod e già ambasciatore di Israele in Italia, lambasciatore Gideon Meir, del presidente della Comunità Leone Soued, del rabbino capo Alfonso Arbib, del vicepresidente Avram Hazon e buona parte del Consiglio e come ospite donore Ehud Yaari, giornalista di fama e commentatore della Tv israeliana.
Nel suo intervento, Yaari ha raccontato la pericolosità della attuale strategia dei nemici di Israele, non più fondata sulla vittoria in un unico conflitto militare, ma attraverso una costante crescita degli attacchi ai suoi confini (Hamas a Gaza e Hezbollah-Iran in Libano), negazione di qualsiasi riconoscimento e dialogo, rimandando alla prossima generazione la finalità di distruggere Israele. Rientrerebbe in questottica lobiettivo, sempre più possibile da parte dellIran di dotarsi di unarma atomica. LIran non ha ancora oltrepassato questa linea rossa, ma se lo facesse Israele dovrebbe dotarsi di un sistema di difesa missilistica che copra lintero Paese come forma di dissuasione dallattacco atomico, ma ciò comporta enormi investimenti. Leventuale bomba atomica iraniana e quindi scita porterebbe lArabia Saudita a richiederne una sunnita, attraverso il Pakistan ed assisteremmo ad una proliferazione nucleare in una regione instabile come il M.O dove già molti Paese stanno provvedendo ad un un riarmo convenzionale come ad esempio la Siria, anchessa nellorbita dellIran.
Da parte palestinese poi, nonostante gli sforzi di Abu Mazen, dice ancora Yaari, è come se si fosse deciso che la soluzione dei due Stati nei confini del ’67 non vada più bene e che quindi la strada del compromesso con Israele per arrivare ad uno Stato non sia più praticabile.
Nel suo intervento lambasciatore Gideon Meir ha elencato il ricchissimo programma italiano delle celebrazioni di Israele 60 volto presentare al pubblico italiano Israele oltre il conflitto in campo culturale, artistico, scientifico ed economico e in tutte le principali città italiane, da maggio a novembre, da parte del Comitato Israele 60, delle Comunità ebraiche e di tutti gli enti.
Avi Panzer ha illustrato la storia e lattività del Keren Hayesod che nasce ben prima della dichiarazione di Indipendenza. A lui abbiamo chiesto che cosa possiamo fare noi ebrei della Diaspora oggi concretamente per aiutare Israele di fronte a quesi problemi. Ci ha risposto: Israele ha bisogno di sentirsi appoggiata, che non è sola, ha bisogno di sentirsi incoraggiata nellaffrontare le sfide. Israele combatte ancora oggi una lotta molto dura per la sua sopravvivenza, la lotta per lindipendenza non è ancora finita e durerà ancora per due o tre generazioni. Daltronde è la prima volta nella storia che un popolo torna alla sua terra in una regione così difficile e conflittuale con il Medio Oriente, ma Israele conta sul fatto che ha amici nel mondo, ma nessuno come il popolo ebraico da cui riceve lappoggio più grande, sia esso politico, economico o culturale.