Spettacolo

L’arte dà i numeri

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attraverso il percorso artistico di Tobia Ravà. In questi giorni si sta tenendo nel Museo delle Macchine Tessili di Valdagno, presso l’ITIS “V.E. Marzotto”, la mostra “Tre e quattordici” con le opere dell’artista veneziano Tobia Ravà.
La mostra, inaugurata il 13 marzo, aperta fino al 25 aprile, è dedicata al pi greco, perché negli USA il 14 marzo è il Pi day, l’ “onomastico” di questo numero! Infatti, anteponendo il numero del mese a quello del giorno, come nella grafia anglosassone, si ottiene proprio 3.14, l’approssimazione al centesimo del pi greco.

A noi fu dato in sorte questo tempo

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Era un gruppo di giovani amici, intellettuali, studenti torinesi appena laureati, con la comune passione per la montagna. Le leggi razziali li costrinsero a riconoscersi come ebrei o amici di ebrei. Si chiamavano: Primo Levi, Luciana Nissim, Emanuele Artom, Franco Momigliano, Vanda Maestro, Silvio Ortona, Ada Della Torre, Giorgio Segre, Alberto Salmoni, Bianca Guidetti Serra, Franco Sacerdoti, Lino Jona, Eugenio Gentili Tedeschi. A loro è dedicata la mostra A noi fu dato in sorte questo tempo 1938 -1947, nata dagli studi di Alessandra Chiappano sull’archivio privato di Luciana Nissim Momigliano e su altri documenti inediti, che è stata inaugurata, all’interno delle celebrazioni del Giorno della Memoria, il 26 gennaio presso l’Archivio di Stato – Sezioni Riunite di Torino.
Non una mostra sul fascismo, né sulle leggi razziali, né sulla Shoah, ma per raccontare, prima di tutto ai giovani, le storie di giovani assolutamente normali che, come disse Silvio Ortona, ebbero in sorte questo tempo, arrivando a subire, alcuni di loro, il dramma della deportazione.

Fratello mio, dove sei?

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Va in scena il primo testo teatrale israeliano che ha il coraggio di affrontare il tema dell’Intifada. Un dramma potente e universale.
Lo sai cosa succede agli informatori? Sai che gli fanno alle spie? Sai di che morte muoiono? Sei mio fratello e voglio aiutarti, quindi piantiamola con le chiacchere e veniamo al dunque. Quand’è stata l’ultima volta che ti sei visto con la polizia israeliana?”. Sono le parole piene di violenza trattenuta che Naim rivolge al fratello primogenito Daud. La scena si svolge nella macelleria dove lavora il più giovane dei tre fratelli palestinesi, il giovane Halled

Kaufmann, astratto ma non troppo

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Classe 1963, artista e pittore celebre non solo negli angusti circuiti dell’arte contemporanea, Kaufmann mi mostra gli ultimi, giganteschi lavori, tele dal maxi formato, dittici e trittici che sta ultimando per la sua prossima mostra milanese alla galleria 1000 Eventi (ha per titolo Cecità), aperta al pubblico fino al 7 novembre 2009 (Via Porro Lambertenghi 3/t; info@1000eventigallery.it).

Se lo humour e la parola salvano il mondo

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Il Diluvio, la costruzione dell’Arca, Noè che raduna i suoi tre figli, Sem, Cam e Iafet, le coppie di animali che salgono sul legno, la risposta all’Altissimo che decide di distruggere gli uomini a causa della loro efferata violenza. E poi l’ebbrezza del patriarca che, piantata la vite sulla terra finalmente asciutta, ne beve il nettare per gettare l’oblio sull’ecatombe degli uomini. E infine l’incesto e l’omosessualità del figlio Cam, il sorgere malinconico di una nuova alba sul destino dell’umanità.
È la storia di Chisimb’arca, testo e prima prova di regia del filosofo e pensatore Chaim Bacharier, una pièce teatrale che sarà in scena fino al 20 settembre al Teatro Franco Parenti (Sala Anima).

Il network prima di Internet

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Quando nel 1999 fu inaugurato il Museo Ebraico di Bologna il pubblico ne rimase positivamente colpito: nasceva infatti un museo di concezione tecnologica e multimediale molto diverso da quelli già operanti in Italia, legati soprattutto all’esposizione di oggettistica rituale e alla narrazione di tradizioni e storia ebraica. A dieci anni dalla fondazione, il Museo Ebraico di Bologna vuole ancora una volta stupire, proponendo una mostra non tradizionale, diretta soprattutto ai giovani dei quali utilizza linguaggio e tecnologie. La mostra parla infatti di uomini e delle loro idee, della circolazione di intuizioni e di innovazioni, mettendo in risalto come molti ebrei, per le particolari circostanze storiche in cui vissero, furono “anticipatori e precursori della moderna società globalizzata”.

La passionale frenesia di Tel Aviv, città del tutto e subito

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Una città allo specchio: una distesa di sabbia di 100 anni fa a confronto con la pulsante modernità di oggi. Tel Aviv molteplice, plurale, caotica. Com’era e com’è diventata. Immortalata da due grandi maestri della fotografia: il pioniere Avram Soskin e il contemporaneo Ziv Koren. Immagini arrivate direttamente dal Museo d’Arte di Tel Aviv e oggi in mostra a Milano, allo Spazio Krizia fino al 7 giugno, e poi a Genova. Le foto di Soskin (1881-1963) fermano i momenti clou della storia della città, dallo scatto mitico delle dune spoglie dove sta avvenendo l’assegnazione dei lotti di terra (fu il vero atto di fondazione della città), alla costruzione delle prime strade e case, immagini struggenti che riflettono la speranza di un ebreo senza terra di avere un proprio Stato indipendente. Gli scatti di Ziv Koren (1970), pluripremiato fotogiornalista, fermano invece la vitalità giovane e lo spirito d’avanguardia, l’umanità variegata tipica della società di Tel Aviv.

Fratelli d’Italia?

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prodotto da Andrea Jarach con la Provincia di Milano, rievoca nel titolo il nostro inno nazionale e termina con un punto interrogativo che allude alla domanda: dopo le Leggi razziali gli italiani erano ancora fratelli? Chi erano per l’Italia quelle persone che venivano caricate ed ammassate nei vagoni del Binario 21? Sicuramente non dei fratelli. Racconta Andrea Jarach: “Quello che noi abbiamo cercato di fare, utilizzando le vecchie fotografie e filmini di famiglia precedenti all’avvento delle Leggi razziali, è stato di mostrare una vita assolutamente normale che di colpo viene separata dal resto della popolazione per diventare indesiderata, reietta, esclusa”. Il cast è composto quasi del tutto da discendenti di deportati, giovani che si rivolgono ad altri giovani per condividere l’impegno di far conoscere e tramandare le vicende legate ai loro cari