Complottismo: ossessione malata o sfida alla democrazia?

2024

 

n° 2 - Febbraio 2024 - Scarica il PDF
n° 2 – Febbraio 2024 – Scarica il PDF

Il 7 ottobre? Ideato da Israele. Il Corona virus, Facebook, la caduta delle Torri Gemelle?
Una cospirazione sionista per dominare il mondo. E ancora: i deliri strampalati sulla terra piatta, le scie chimiche, il “falso sbarco” sulla Luna… Una galassia complottista è in crescita ovunque. Le cause? Instabilità, incertezza, angoscia per una realtà che cambia troppo rapidamente. Questo il terreno fertile su cui fioriscono nuove e vecchie teorie del complotto, fake news, pregiudizi. È il chiodo fisso dello “smascherare i poteri occulti e le verità nascoste”… Una storia millenaria che rivive oggi su blog, canali web, social media. Perché da sempre le teorie del complotto sono nemiche della democrazia e delle società aperte

 

 

Caro lettore, cara lettrice,
fare i conti con la potenza delle parole e con la loro capacità di scuoterci nel profondo se usate male, senza cognizione di causa o manipolate ad arte, sarà il prossimo passo verso la deriva della nostra convivenza sociale. Parole che riflettono il cuore di tenebra della realtà. La comunicazione inventata o falsata, la leggerezza con cui si usano le parole come clave o proiettili, il peso da novanta della violenza verbale sui social media, possono uccidere e profetizzano tragedie.

È dal cambiamento del linguaggio che si intuisce la direzione che prenderanno i flussi della Storia, sono le parole la bussola che ci dice dove sta soffiando il vento (su questo tema il filologo Victor Klemperer scrisse capitoli definitivi nel capolavoro, LTI La lingua del Terzo Reich, Giuntina). Perché smarrire il senso delle parole significa perdere il senso delle cose, la forza di gravità che si portano dietro. Ecco allora che tutti gli stravolgimenti diventano possibili. Parole come corpi contundenti, parole capovolte, strattonate, messe in ginocchio e in certi casi uccise dalla banalizzazione e dal ribaltamento del loro significato. Pensiamo a lemmi come genocidio, apartheid, crimini di guerra, cessate il fuoco, eccetera (vedi pag. 30).

Prendiamo, ad esempio, la parola pace. In questo nuovo mondo rovesciato, oggi si dice pace ma in verità si intende resa incondizionata e sconfitta dei valori occidentali. Tutti per la pace? Certo, ma smettendo di dare armi all’Ucraina. Per la pace? Ovviamente, e così il giornalismo della BBC denuncia le bombe israeliane sugli ospedali di Gaza, mentre era Hamas che faceva scoppiare i propri razzi per errore – ops, scusate, figuraccia -. Per la pace e contro gli israeliani che si ostinano a non voler sparire “from the river to the sea”. Per la pace e per l’informazione libera e selvaggia che, lei sì, ci svela trame oscure e complotti di ebrei, finanza, Soros e compagnia cantante (vedi storia di copertina, pag. 4). Per la pace e con le università americane che ribadiscono che tutto “dipende dal contesto”, anche inneggiare al genocidio degli ebrei. Per la pace e contro l’Ucraina che insomma la smetta di cercare la propria indipendenza, così siamo tutti più tranquilli grazie alla pax garantita dalla democrazia russa. Per la pace e con la Croce Rossa che nemmeno controlla che i medicinali inviati vengano recapitati ai 136 ostaggi israeliani a cui sono destinati, invece di finire sugli scaffali di Hamas. Tutto ovvio, no?.

Va bene, okay, le certezze vacillano. Focolai di instabilità minacciano il nostro vivere quotidiano, le ombre corte delle guerre sembrano proiettarsi sui muri delle nostre case, le turbolenze al nostro confort sono rinvigorite da inflazione e crisi migratorie, i rischi di manipolazioni delle news sono altissimi grazie anche all’AI. Eppure, mantenere la barra al centro deve pur essere ancora possibile. Forse, per restare in sella sul senso di realtà basterebbe guardare ai giovani di Israele oggi, alla loro vita in tempi impossibili, al loro spirito da nuovi pionieri, all’asciutto pragmatismo dei migliaia di volontari che impacchettano, colgono frutta, vanno in scuole e ospedali, resistono alle lacrime. Strani ragazzi. Per loro, la parola pace conserva ancora il vecchio significato: non un sogno che si spezza ma una speranza che non muore.

 

Fiona Diwan