Il burrone di Babi Yar in Ucraina

Vittima o Nazista? Una mostra gioco “interattiva” sulla Shoah a Babi Yar: l’idea per il museo Ucraino di Kiev

di Michael Soncin
Fa discutere un piano per un museo di Kiev (Kyiv) che dovrebbe classificare i visitatori in “carnefici” o “vittime”. La notizia è apparsa in prima e seconda pagina sull’edizione internazionale del The New York Times, “probabilmente sembrava una buona idea al momento”, si legge.

Un’idea che sarebbe nata da parte di Ilya A. Khrzhanovsky, un regista di Mosca e riguarderebbe il Memoriale dell’Olocausto Babyn Yar, a Kiev in Ucraina, dove il tutto inizierebbe facendo un questionario con un test psicologico attraverso un computer che raccoglierebbe i dati dai social media.

Khrzhanovsky è per il momento il direttore artistico del grande progetto di commemorazione dell’Olocausto ucraino, progetto che prende il nome – Babyn Yar, conosciuto anche come Babi Yar – da uno dei peggiori pogrom della Shoah, in cui furono assassinate più di 150.000 persone, tra cui 50.000 ebrei, nel burrone di Babyn Yar, fuori Kiev.

Carnefice, collaboratore o vittima?

L’algoritmo dopo aver elaborato i dati, assegnerebbe una o più delle seguenti categorie ai visitatori. Il motivo di tale proposta avrebbe come oggetto la personalizzazione della propria visita all’interno del museo.

Sul progetto, a prescindere che venga effettivamente messo in atto, è già caduta una pioggia di critiche. L’apertura con la revisione del centro è prevista nel 2025 e si trova nello stesso luogo in cui i nazisti hanno assassinato a colpi d’arma da fuoco migliaia d’ebrei, rom e pazienti degli ospedali psichiatrici.

“Il luogo, un burrone boscoso alla periferia di Kiev, fu lasciato in gran parte intatto dai sovietici come memoriale all’aperto; negli anni del dopoguerra, la città crebbe attorno ad esso, lasciando tra i condomini e le strade trafficate, un’isola di alberi con una storia terribile”.

Si legge che durante il genocidio sul fronte orientale gli ebrei non erano trasferiti nei campi di sterminio venivano spesso direttamente uccisi vicino alle loro case.

Sono molti i testimoni che raccontano di quella colonna di persone che videro passare quell’anno, quando nel settembre del 1941, a Kyiv, i nazisti, aiutati dagli agenti di polizia locali ordinarono agli ebrei di radunarsi all’angolo tra le strade di Melnykova e Dehtyarivska, vicino a Babyn Yar. Quel viaggio a piedi era per loro l’ultimo.

“De gustibus non est disputandum”. Siamo davvero sicuri?

I visitatori, se il piano si mantiene, sarebbero indirizzati dai computer, su uno dei molteplici percorsi labirintici, assistendo all’orrore di Babyn Yar come partecipanti a una “esperienza interattiva basata sui diversi ruoli”, indossando occhiali per la realtà virtuale, che offrirebbe loro l’esperienza di essere “vittime, collaboratori, nazisti e prigionieri di guerra che hanno dovuto bruciare i cadaveri”.

Come se non bastasse, si è pensato di utilizzare la cosiddetta “deep-fake technology” che potrebbe mostrare rievocazioni di video horror con i volti dei visitatori incollati ai personaggi delle scene, si tratta di una tecnologia utilizzata per creare “video pornografici falsi sulle celebrità”.

L’indignazione degli intellettuali

Come possono questi progetti essere appropriati nell’affrontare l’Olocausto situati tra l’altro proprio in un ex sito dell’Olocausto?” È quanto afferma in una lettera di dimissioni Karel Berkhoff, storico presso l’Institute of War, Holocaust and Genocides di Amsterdam ed ex capo storico del progetto. “Dove sono la sensibilità e il senso della misura?”

“Molte delle persone che stavano lavorando al progetto, l’hanno in seguito abbandonato”.

Dozzine di scrittori, storici, artisti e altre figure intellettuali ucraine hanno firmato il 29 aprile una lettera aperta di protesta, disapprovando quelle che venivano denominate “forme di coinvolgimento attraverso la ricostruzione della realtà virtuale dell’Olocausto e della “ludicizzazione” della morte”.

“Una Disney dell’Olocausto” dal costo di 100 milioni di dollari

“Il tracciare un profilo dei visitatori, ha detto Khrzhanovsky, potrebbe avere molti usi, ad un visitatore, ad esempio, potrebbe essere mostrata la storia di una vittima di età e professione simili”.

“Le mostre esploreranno le scelte morali individuali”, afferma. “Non è stato un “cattivo Hitler” o un “cattivo Stalin” che ha procurato un omicidio di massa in Europa nella metà del secolo scorso, è stato fatto da persone che hanno iniziato a partecipare a questo”.

L’intento è mostrare, ha detto, che “qualsiasi persona può essere in qualsiasi condizione, e si basa sulle decisioni prese”.

Ha ammesso che la visita al museo potrebbe diventare straziante. “Non puoi renderlo non spaventoso”, ha detto. “È una storia spaventosa.”

Il progetto suggerisce ai visitatori di completare il loro viaggio catartico in un “parco giochi urbano” per adulti, come simbolo di speranza. La presentazione raffigura adulti che si dondolano sulle altalene.

Ai critici non piace. C’è chi si è dimesso dal progetto. Dieter Bogner, uno dei membri ha scritto: “La mostra principale si avvicina pericolosamente all’impressione di una Disney dell’Olocausto“.

Un tipo di mostra interattiva che immerge il visitatore nel contesto è forse più consona in altre situazioni, vedi le mostre d’arte, ma farlo replicando la Shoah sembra alquanto inopportuna e di cattivo gusto. Come si dovrebbe sentire un reduce, particolarmente quelli che spesso sono sul luogo e offrono la propria testimonianza ai visitatori, coloro che hanno vissuto gli orrori compiuti dai nazisti vedendo la propria famiglia interamente sterminata? Che direbbero i figli della Shoah, che sono gli eredi di queste testimonianze?

(Credit foto: Brendan Hoffman, New York Times)